LEMURES, Lemuria

Lemures

“Nelle credenze religiose di Roma antica, anima o spettro vagante di defunto che tornava sulla terra per molestare i vivi”. Così dice il mio Zingarelli del lemure, mentre apprendo da Wikipedia che le “Lemuria” siano delle cerimonie dell’Antica Roma attraverso la quale esorcizzare i morti. Dietro a questo progetto troviamo Enrico Coniglio, ormai sound artist di lungo corso apparso su un sacco di etichette che amiamo, e Giovanni Lami, visto/sentito un paio d’anni fa su Fratto9 col nome di Terrapin. Entrambi partono quasi sempre dal paesaggio e dai field recordings. Qui, in ossequio forse al nome maligno che si sono scelti (i loro presupposti teorici sono di certo più profondi), slittano progressivamente in un altro mondo, pur avendo iniziato a muoversi in una costruzione semi-abbandonata nei dintorni di Ravenna, città cara a un altro field recordist (e fotografo come Lami) italiano, Adriano “Punck” Zanni. A un certo punto, suggestionato dal fatto che Enrico e Giovanni menzionino Ovidio e i “Fasti”, nei quali si parla anche delle Lemuria, mi sono fatto l’idea che i rumori degli oggetti e delle cose, qui, suggeriscano lo svolgersi di qualche rito, prima di lasciare spazio a suoni astratti che rappresentano l’apparizione di un “altro” inconoscibile. Uno dei punti di forza del disco è proprio questo senso di vertigine che si prova nel passaggio tra realtà, anche ordinaria, e non-realtà, a tratti abrasiva e spesso deprimente/mortifera come solo i cari vecchi gruppi Cold Meat Industry sapevano essere, ma senza la benché minima comunanza con qualsivoglia cliché horror, gotico o grandguignolesco. A me questa virata onirica sta più che bene. Date un “giro” a questo disco sulle varie piattaforme virtuali, mi sa che potrebbe star bene pure a voi.