LEECH, Tusks

Leech

Usciamo brevemente dal seminato, rispetto alle cose che siamo soliti trattare, provando a raccontarvi di una cosa piuttosto “aliena” come questo lavoro a nome Leech. Dietro i quattro pezzi si cela la figura di Brian Foote, promoter della chicagoana Kranky, che dopo il trasferimento a Los Angeles ha deciso di aprire una nuova label, la Peak Oil (Strategy e Personable), e di misurarsi anche con la composizione. Co-distribuisce la Not Not Fun (madrina della 100% Silk) di Britt Brown (anche nei Robedoor), etichetta della quale in questi anni s’è letto e ascoltato più di qualcosa di interessante (Sun Araw, LA Vampires). Diciamo subito che il disco è parecchio spiazzante. Tusks nella sua interezza è espressione di una forma di elettronica mutante, che sembra uscita dai capannoni industriali di Detroit (per capirci vedi anche alla voce “techno”), che al contempo deve qualcosa ai tribalismi di stampo “metropolitano”, in special modo alla propaggine più danzereccia del mai abbastanza osannato Arthur Russell, quello del notevole progetto “disco” Loose Joints. “Sense Enjoyer”, poi, sembra uscita dalla testa del compianto James Stinson (Drexciya) che armeggia con la mano sinistra, “Ninao” è funk con elementi affini alla batucada, e col sax sporco che “stupra” una parte preponderante del pezzo, mentre la finale “Winehouse” si dirada tra casse dritte e un senso quasi da jam. Potremmo concludere con una considerazione ardita: il lavoro di Leech somiglia ad una forma di ipnagogia che si innesta inevitabilmente nell’elettronica ballabile, ma faremmo un torto a Foote stesso, e pure a noi, visto che questi pezzi bagnati nella trielina fanno comunque la loro bella figura, e sicuramente non sono solo “quello”…

Tracklist

01. Tusks
02. Ninao
03. Sense Enjoyer
04. Winehouse