Le contemplazioni astratte di Caterina Barbieri

Caterina Barbieri, foto di Jim C. Nedd
Caterina Barbieri, foto di Jim C. Nedd

Non credo sia necessario fomentare altri eventuali dubbi sull’indiscusso talento di Caterina Barbieri: la sua costante e acclamata partecipazione a numerosi festival europei e internazionali non può che esserne la prova lampante. L’artista bolognese, ora di base a Milano dopo un passato a Berlino, fa parte di quella folta schiera di nuove muse di una certa elettronica colta, che ha visto nel faro lucente del minimalismo il territorio privilegiato d’azione. Di certo, la natura acutamente psichedelica della sua offerta musicale, che la identifica come nuova sacerdotessa di linee e raggianti oscillazioni analogiche, ben si distingue, ad esempio, dai percorsi più lirico-meditativi di Sarah Davachi o dalle più silenziose tonalità sacre dell’anima scandinava di Ellen Arkbro.

Correnti analogiche: dal Buchla ai voltaggi della psiche

Prima di addentrarci nel suo recente Ecstatic Computation, sarà utile ricapitolare brevemente la parabola ascendente della Barbieri, che si è dimostrata subito matura nel muoversi con agilità secondo diverse prospettive espressive. Dopo il già notevole esordio su cassetta, quel Vertical (Cassauna) per voce e sistema modulare Buchla 200, Caterina si adoperava principalmente con il sequencer Er-101 e l’oscillatore armonico Verbos, raggiungendo con l’album Patterns Of Consciousness (Important Records) un perfetto e magistrale equilibrio tra computazione algoritmica astratta e un più caldo e avvolgente effluvio meditativo. Nel più recente Born Again In The Voltage, sempre su Important Records, la Barbieri sapeva anche spiazzarci e rinnovarsi nella varietà stilistica della forma sonora. Era il caso soprattutto di un brano pregevole come “Rendering Intuitions”, con quella solennità estatico-sinfonica impreziosita dal violoncello sottilmente etereo di Antonello Manzo, che si avvicinava ad alcune tendenze comuni ai Bitchin Bajas; era una musica dall’ampio respiro naturalistico, più evocativo di un esserci sulla Terra che di mera evasione cerebrale. E che altro aggiungere, se non una sincera ammirazione per quella dilatazione elettronica luminosa di “How To Decode An Illusion” o per le partiture cosmiche di “Human Developers”, sintomi di più alte fluttuazioni tra costellazioni lunari. Con il nuovo lavoro, Caterina rimane fedele a se stessa, sempre più consapevole dei frutti della sua rigorosa formazione: Caterina ha talento, ma anche tantissimo studio alle spalle, a partire dalla tenera età e con enorme disciplina come pochissime persone, e anche una sensibilità acutissima, ci spiega Valerio Maiolo, giovane artista elettro-acustico dell’avanguardia bolognese, amico di vecchia data della Barbieri al tempo della sua permanenza nel capoluogo emiliano e della loro breve esperienza nella band Sex With Giallone.

Ecstatic Computation: i portali dell’estasi

Ecstatic Computation

Nella “computazione estatica” si continuano a indagare, con ardito furore, i processi cognitivi relativi alla memoria e ai piani stratificati della coscienza, esplorando gli effetti psico-fisici della ripetizione e delle operazioni basate su schemi, investigando il potenziale polifonico e poliritmico dei sequencer per disegnare geometrie complesse e rigorose nel tempo e nello spazio. Approcciarsi alla pratica musicale come un feedback cognitivo integrativo tra uomo e tecnologia rappresenta il nucleo della sua ricerca sonora, attualmente incentrata sull’uso creativo del calcolo e delle complesse tecniche di sequenziamento per esplorare gli artefatti della percezione umana e indurre un senso di estasi e contemplazione (mia traduzione dalla sua pagina Bandcamp). Perciò, se la Barbieri ora si orienta verso sonorità più aspre e taglienti è per far rispecchiare al meglio il suo pensiero, fornendoci gli strumenti pratici per raggiungere stati alterati di spasmodica allucinazione. I synth modulari di Caterina possono sfociare in momenti di vigorosa irruenza, come nella scabrosa increspatura sonora nell’incipit di “Fantas”, suo cavallo di battaglia nelle esibizioni live. Le tinte introduttive di questo brano sono cupe e ruvide, sembra di giacere sulla soglia del portale aperto di una polverosa cattedrale fantasma, nell’imminente eruzione catastrofica di correnti minacciose e avversità maligne. I gesti calligrafici del suono analogico si addensano in un pulsing perentorio e ipnotico tra Laurie Spiegel, Tangerine Dream e Michael Bundt, e un tema melodico quintessenziale, ripetuto in più fasi. In questo modo, in “Fantas” coesistono i germi della storica avanguardia elettronica e quella giusta dose di aggressività rock-kosmische. In “Arrows Of Time” viene reintrodotto l’elemento del vocalismo estatico, già tracciato e sondato nel brano “Pneuma” di Vertical; è un libero accordo sonico che scandisce il rincorrersi di queste voci, quasi delle presenze angeliche, memori del Brian Eno di Music For Airports o delle estreme possibilità eteree di Meredith Monk. Tuttavia, per quanto possa suggestionarvi con delle facili visioni personali, in realtà la musica della Barbieri è tutt’altro che descrittiva e narrativa. Essa agisce invece sul piano dell’evocazione astratta, focalizzandosi su un coerente formalismo di fondo che nasce da ben pochi excursus extra-sonori. Il suo è piuttosto rigoroso gioco geometrico, quasi freddo calcolo, coordinazione tra gli impulsi del suono e la materia micro-cellulare delle sinapsi. La Barbieri non ci offre immagini sonore precostituite, ma gli strumenti sobillatori  per dirottarci verso coordinate sconosciute. Non c’è dunque quel referente visivo che caratterizza, ad esempio, l’approccio dello stile compositivo modulare di DSR Lines in lavori come Spoel o Venndiagram. Sull’onda di una compulsiva computazione algoritmica viaggiano anche le saette di “Spine Of Desire” e “Pinnacles Of You”, altro sconvolgente sequencer di punti diagrammatici nel diario della mente. “Closest Approach To Your Orbit” inizia nel solco rumoroso di una caoticità urbana, per poi diluirsi in un registro più soavemente floating, per quanto non privo delle solite asperità; mentre il finale “Bow Of Perception” suggella quella rigorosa funzione algebrica con cui scuotere gli equilibri interiori, mandando in tilt le orbite molecolari.

Caterina è come una psicologa delle coscienze alterate, esperta neochirurga degli input fisico-celebrali di base; il suo comporre secondo gamme variabili di infinita combinazione e permutazione nervosa può avere semmai un equivalente nelle figure grafiche del cinema sperimentale americano degli anni Cinquanta e Sessanta di James Whitney e Jordan Belson. Se non conoscete quelle pellicole, guardatele ascoltando questo nuovo Ecstatic Computation e vedrete che strabiliante effetto ne uscirà fuori.