LAST DREAM OF THE MORNING, Crucial Anatomy

Negli ultimi tempi uno dei temi più sviluppati da tantissimi autori di livello (soprattutto di indiscussa esperienza) sembra essere quello di una sorta di introspezione, non solo al livello astratto dello spirito, ma a quello concreto della carne viva, delle cavità remote dell’anatomia interna, dove incontrare spazi vuoti da far risuonare e membrane da far vibrare. Potrebbe apparire come un semplice recupero di una mai sopita vena espressionista, con eventuali riferimenti all’Einfühlung (teoria estetica che si basa sulla capacità del fruitore di riconoscere e immedesimarsi nelle forme naturali, letteralmente introduzione al sentimento o immedesimazione, traducibile più semplicemente col termine empatia) e a tutto l’armamentario stilistico proprio della retorica romantica. Invece, in questo inizio di decennio si sta facendo largo un modo espressivo, musicale e non solo, molto simile a quel concretismo artistico che fece la sua comparsa nel mondo delle arti proprio negli anni Venti del secolo scorso e che auspicava l’avvento di opere che potessero inserirsi in modo organico nel contingente, smettendo di raccontarlo o rappresentarlo. Oggi, con un approccio meno sensazionalistico, meno provocatorio ma con un ben visibile sottofondo esistenzialista, si fa largo una specifica forma di ricerca sonora e performativa che appare come la risposta a un bisogno di introspezione, di attraversamento della realtà, andando all’interno dei corpi, negli strati più reconditi, quasi a voler raccontare i processi biologici che muovono le emozioni.

Il sassofonista John Butcher, il contrabbassista John Edwards e il percussionista Mark Sanders, artisti britannici di calibro internazionale e maestri dell’improvvisazione, si sono prodotti in un disco profondo ma semplice, azzardato nella proposta ma che si spande nell’aria in modo lineare. Straordinariamente ben suonato, ben registrato e molto ben congegnato, Crucial Anatomy è pieno di azioni tecniche complesse, preziosismi sonori ricercati e virtuosismi quasi impossibili che arrivano all’ascoltatore in modo tanto naturale da sembrare “normali”. Suoni squisitamente acustici sono articolati con una cura maniacale e disposti su infiniti piani spaziali, tanto da generare lunghissime proiezioni prospettiche.

Tre veterani, con un carnet di pubblicazioni e collaborazioni sterminato, si presentano oggi con Last Dream Of The Morning, nome che riprende il titolo del loro primo disco pubblicato nel 2017, per dare alle stampe questo nuovo lavoro, edito dall’etichetta austriaca Trost Records. Crucial Anatomy si sviluppa in tre lunghi componimenti registrati in un’unica sessione live tenutasi l’8 agosto 2018 al Cafe Oto di Londra.

“Free Of Ghost”, il primo dei tre segmenti, propone il districarsi frenetico di una ragnatela sonora: i suoni spigolosi e metallici del sax in primo piano sono avvolti in un bozzolo percussivo inestricabile; a tratti sembra aprirsi uno spiraglio di silenzio, una pausa rotta continuamente da sibili, dallo scivolare rauco del crine carico di pece sulle corde del contrabbasso e tonfi grevi sullo sfondo. Suggestioni molecolari di un microcosmo pullulante si ripetono in modo ostinato nel secondo, lunghissimo brano, “Curling Vine”: 33 minuti di visioni convulse e frenetiche rimandano a uno scenario fatto di minuscoli esseri viventi che si muovono in sciame, si scontrano, cambiano direzione repentinamente; sembra di entrare in un corpo vivente e, come suggerisce il titolo del disco, si ha la sensazione di avere a che fare con i suoni che accompagnerebbero un inquietante quanto affascinate studio anatomico. L’idea risiede nella convinzione che una Anatomia Cruciale, sensibile aggiungo io, possa raccontare i sensi e le suggestioni dall’interno dei corpi che le vivono, offrendo un punto di vista sinora inespresso. Il terzo e ultimo passaggio, dal titolo “Spike Oil” si ispira ad un olio essenziale e solvente usato in ambito curativo, officinale e in pittura, estratto dalla Lavanda Spica. Brano, questo, più evanescente e rarefatto che mantiene però una ben visibile tensione verticale, descrive mirabilmente l’ascesa di esseri viventi più leggeri dell’aria. Una vivida immagine in controluce offre ancora una volta uno spettro sonoro infinito in cui si fa incerta la provenienza e l’origine di ciò che si ascolta. Un vorticare calmo ma incessante di corpuscoli e microorganismi che si alternano senza ripetersi mai.

Butcher, Edwards e Sanders si sono ritrovati spesso sugli stessi palchi e negli stessi album, ma elaborazioni come queste restituiscono soprattutto il loro giusto valore artistico. Proposte simili ambiscono a lasciare il segno nei processi evolutivi dell’universo linguistico jazz. Un’operazione complessa, per tanti versi difficile ma qualitativamente ai massimi livelli, densa di contenuti interessanti che entrano in comunicazione diretta con gli altri linguaggi artistici, con le altre discipline e con gli altri protagonisti della scena musicale europea, in continua e costante evoluzione.