La resurrezione di Ryley Walker

Ho conosciuto Ryley Walker nel 2013: un ragazzone dall’aria svagata e sorridente, timido ma dai modi tanto informali quanto vecchia maniera. Era agli albori di uno splendido viaggio musicale e di vita che l’ha portato a fare a pugni con una realtà a volte crudele e troppo pesante da sostenere. Dopo una pausa in cui si è dedicato alla cura personale e a un periodo riabilitativo, Walker è tornato con un nuovo disco e con una formazione completa. Esce oggi e spazza le ombre e il dolore. Nei giorni scorsi avuto una conversazione via email con Ryley da cui abbiamo estrapolato questa intervista. Buona lettura.

Ciao Ryley, come stai? Vivi sempre a Chicago?

Ryley Walker: Hey Davide, sto bene. Sto gustando una buona insalata nella comodità del mio salotto. Mi sono trasferito a NYC nel 2018.

Com’è stato spostarsi da Chicago a NYC?

Sono molto felice di vivere a NYC. Trasferirmi qui è sempre stato tra i miei pensieri. Chicago è una grande città e molto creativa, ma amo il ritmo veloce di New York. Anche se in questo periodo non è esattamente così veloce. Amo l’architettura e il cibo della città. Sono felice qui.

Vuoi condividere qualsiasi pensiero su quanto accaduto lo scorso 6 gennaio a Washington DC (l’occupazione del Campidoglio da parte dei supporters di Trump)?

Semplicemente una vergogna. Patetico. Prego per la pace.

Pensieri circa la nuova presidenza e la nuova squadra di governo?

Biden non è proprio l’eroe di cui avremmo realmente bisogno, ma sono felice per il risultato elettorale. 

Sono passati quasi nove anni da quando ci siamo incontrati la prima volta e il tuo primissimo concerto europeo al mio vecchio negozio è uno dei più intensi momenti di musica dal vivo della mia vita finora. Ricordo che eri molto giovane e timido, ma non appena imbracciata la chitarra sfangasti la situazione nel giro di pochi passaggi. Uno dei miei amici mi chiese: “Chi cazzo è quel manico?”.
Ero impreparato, perché se tu ricordi, a seguito di qualche fraintendimento nelle email, non sapevo che viaggiassi in tour con Daniel (Bachman), e non avevo idea che avresti suonato. Stappata una lattina di Bavaria da 50cl, una volta sistemati Daniel mi disse: “Amico, questo ragazzo è pazzesco, se non ti spiace potrebbe fare qualche pezzo prima di me?”. Ovviamente ne fui entusiasta, pur non conoscendoti immaginavo che Daniel non si sarebbe portato in giro il primo musicista a caso. A quel mio amico risposi: “Probabilmente il miglior musicista senza promozione che abbia mai visto”. Dal dialogo col pubblico durante lo show trasparì subito che grazie alla tua sensibilità riuscissi a cavartela con grande humor.

Ho così tanti ricordi bellissimi di quella serata. Fu meraviglioso essere lì. Al di là del concerto, ho amato camminare per i vicoli della città. Era come se mi sentissi su Marte. Un meraviglioso ed incredibile posto. Tu sei stato un meraviglioso host.

Com’è per te fare musica in questi giorni complicati, con distanziamento sociale e concerti da remoto?

Personalmente va bene, sono felice di avere un po’ di tempo per riposare a casa. Vorrei che l’industria musicale si rimettesse in moto così i miei amici e colleghi potrebbero guadagnarsi da vivere, ma sono entusiasta di poter avere momenti di quiete e pace a casa. La mia musica sta fiorendo ora. Serve parecchio tempo per creare.

Ho assistito ad un tuo concerto da casa durante la prima ondata di COVID19, e anche se un concerto in streaming non può essere paragonabile ad uno dal vero, mi è piaciuto molto. Come ti senti a suonare in live streaming?

I concerti da remoto non sono la preferenza di nessuno, ma sono soddisfatto, un buono strumento per aiutare gli artisti in un momento di necessità.

Come ti poni nei confronti dei social network?

Credo che i social network siano veleno, ma mi piace scoprire nuova musica attraverso questi canali. Una buona cosa da eliminare gradualmente dalla mia vita ad un certo punto.

Hai ormai pubblicato un discreto numero di dischi e collaborato con grandi musicisti. Dai tuoi primi lavori era già evidente il tuo caratteristico gusto musicale; la tua tecnica, insieme a una mentalità aperta a più stili di esecuzione, guida le composizioni verso una miscela speciale di sapori e profumi. Come riesci a mantenere l’equilibrio tra le parti di chitarra e la voce, che trova sempre il giusto abito per l’occasione?

Le parti di chitarra vengono sempre prima. Una volta trovata un’accordatura interessante e un riff, le melodie vocali entrano in gioco. La chitarra pianta tutti i semi per la voce e i testi. La chitarra comanda! 

Quali chitarre usi in questo periodo? Il video su Reverb di come hai creato un sistema stereo imaging per chitarra acustica è una pietra miliare dei tutorial per chitarra.

Attualmente mi sto divertendo con una dodici corde elettrica. Ho una Rickenbacker 360 che suona meravigliosamente. Possiede ogni tipo di caratteristica psichedelica.

Quali sono i tuoi ascolti attuali?

Sensations’ Fix, Genesis, Gentle Giant, Pentangle.

Hai mai sentito parlare della scena prog italiana?

Oh cielo sì. Ragazzi, voi siete stati i migliori. Il movimento prog/psichedelico italiano continua ad essere una delle mie più grandi influenze.

Hai registrato un sorprendente album con una band fantastica che uscirà a breve. Puoi parlarci del processo di scrittura e della parte in studio?

Le canzoni sono state tutte scritte alla fine del 2019 e all’inizio del 2020. Sono stato in tour in Europa da solo ad inizio 2020 e il reale sviluppo delle canzoni è avvenuto in viaggio. Come puoi vedere, un tipico americano: viaggiare l’Europa in treno mi ispira! Ho registrato delle demo da solo a casa e poi le ho passate alla band. Da lì hanno sviluppato le loro parti da casa e quindi siamo andati insieme in studio in ottobre 2020 a Portland, Oregon, per creare Course In Fable.

Una cosa che mi ha sempre colpito nella tua musica è la sua capacità di anticipare sé stessa in qualche modo, prima suggerendo frammenti di visioni e successivamente svelandole ad un certo punto in forma di nuovo suono. Banalizzando, potrei dire: “È come se tu introducessi qualcosa poco alla volta e ad un certo punto, quando l’ascoltatore realizza che quello che sta ascoltando qualcosa di differente, quel differente è ormai familiare come suono”. È forse il “prog” quel feeling familiare?

I cambi repentini e ribaltare le aspettative nella musica sono caratteristiche importanti nel mio modo di vedere le cose. Non voglio trovarmi a rifare lo stesso disco. Voglio sfidare me stesso a migliorare ed essere più genuino. Il prog è un ottimo esempio in questo senso. Impavido e senza timori, ma alla fine semplice musica divertente. Non prendo me stesso troppo sul serio.

I tuoi testi sono racconti caleidoscopici, versi visionari sulla vita reale. Ammiro come riesci ad essere informale, arguto ed ironico anche parlando di situazioni non sempre edificanti. Ci parli della relazione tra il modo con cui ti approcci alla scrittura e quello con cui ti alzi dal letto?

Ogni tipo di stravagante osservazione sulla vita dà contributo ai testi. I piccoli dettagli paranoici del vivere in una città o in generale negli States mi influenzano. Non vorrei mai trovarmi a dire di avere una risposta ad ogni cosa. Le mie canzoni cercano la gioia e felicità attraverso la tristezza. Sono molto umano.

Se dovessi estrapolare solo alcuni versi da una tua canzone, quella sarebbe “Clad With Bunk”, e la parte: An immortal shit head with soft bowel problems/ Finds god has smoked rock/ Iced tea cans burnt in a bonfire/ Littering is clutter is cruel kindness is bad betting…”. Pazzesco come queste crude parole suonino bene all’interno del flusso sonoro. Mi racconti la storia dietro questa canzone?

La storia proviene dall’uso di lattine di alluminio per fumarci “cristalli” dentro. Non un periodo della mia vita. Ah! Sono felice che sia passato, e di vivere nel presente. La canzone fa i conti con la guarigione, con il vivere la soluzione piuttosto che il problema. La vita può essere piena di gioia, se uno lavora per guarire dal suo passato.

Una volta ho letto un’intervista in cui parlavi dell’umore e delle storie dietro The Deafman Glance, che evidenziava la durezza di quel periodo. Le emozioni di quel disco sono dense, con un profondo senso di deriva; Course In Fable ha parecchie fonti luminose, che ironicamente sottolineano l’oscurità e i tuoi vari lati personali. In un certo senso penso che questo tuo ultimo lavoro sia il tuo disco più eterogeneo, e che abbia una speciale brezza prog che sibila attraverso le parti di transizione delle tue composizioni. Quali sono le storie e gli umori dietro Course In Fable?

L’umore è decisamente migliore e maggiormente spontaneo. Sono fortunato a essere vivo, e sono pieno di gratitudine. Ho tuttora giornate orribili, depressione e casini vari, ma sono entusiasta di essere vivo. Questo disco parla di liberazione dal dolore e dalla morte.

Hai fatto un cazzo di disco prog comunque.

Grazzi Grazzi…

Ti va di dirci qualcosa sulla tua etichetta?

Husky Pants va alla grande! Sono felice ed orgoglioso di pubblicare la musica dei miei amici e la mia in modo indipendente ed autonomo. C’è un sacco di lavoro extra a cui stare dietro ma ne vale davvero la pena. I miei obiettivi sono molto realistici e non mi interessa che la crescita dell’etichetta sia enorme o che mi faccia diventare ricco. Voglio solo fare uscire buona musica e divertirmi.

Vuoi aggiungere qualcosa?

Apprezzo tutto il supporto che mi è arrivato ed arriva dall’Italia. Il vostro paesaggio, il cibo, la storia, l’architettura e le persone sono davvero nel mio cuore. Non vedo l’ora di tornare, se mi vorrete.