LA BARBA DELLA MONTAGNA, Paura [+ full album stream]

LA BARBA DELLA MONTAGNA, Paura

La Barba Della Montagna è il nome di un power-trio che ha per casa il Monte Subasio nell’Appennino Umbro/Marchigiano, un dettaglio non di contorno nel definire un suono che loro stessi chiamano Alpine Heavy Doom e che vede le sue radici affondare in un doom iper-amplificato che va a infrangersi su improvvise aperture prog, dotato poi di una marcata deriva sperimentale, tanto da che si può collocare in una regione ai confini tra Conan, Omega Massif, Earth, Orthodox e persino Bohren & Der Club Of Gore. Ciò che arriva subito è l’incredibile botta del riffing e la saturazione ai limiti dell’implosione dei suoni, un marchio di fabbrica che accompagna l’intero album e permea ogni sua piega, eppure basta inoltrarsi all’interno dei brani per comprendere come in realtà questo sia solo il più rumoroso degli ingredienti che vanno a comporre un mosaico in cui la componente prog e la ricerca di soluzioni particolari offrono una via di fuga verso lidi mai scontati, senza per questo andare fuori da un sentiero principale in cui si torna sempre a confluire. Perfetto esempio di quanto appena affermato è il brano “Hans”, al cui interno, dopo una colata di riff granitici si apre una serie di scatole cinesi in cui le chitarre vanno a giocare con interferenze, feedback, dilatazioni dal taglio ambient, improvvisi cambi di direzione, il tutto prima di rituffarsi in un vortice di chitarre dai chiari rimandi settantiani. Ma è l’intero lavoro che gioca con questa pulsione a prendere l’ascoltatore di sorpresa per creare l’impressione di un trekking sui monti con cambi di panorama che possono celarsi a ogni svolta o dietro ogni dosso, aspetto che a fine corsa non può che affermarsi raggiunto dai tre musicisti. Punto di arrivo e climax della salita è “Hellpinismo” in cui al synth – che ha già fatto la sua comparsa lungo il disco – si aggiunge un sax a dir poco ficcante e il tutto si tuffa in un finale in cui il suono esplode a richiamare alla mente un’altra chiusura ormai classica (“Stones From The Sky” anyone?). Di carne al fuoco ce n’è molta, eppure non si tratta di un disco ostico o difficile da seguire, per questo vi invitiamo ad avventurarvi al suo interno e vi offriamo lo streaming in anteprima. Buon ascolto.