KURT VILE AND THE VIOLATORS, 11/7/2017

Milano, Giardino della Triennale.

Kurt Vile And The Violators a Milano, per la loro unica data italiana. Siamo alla prima edizione del TRIP Music Festival e il palco è stato allestito all’interno del bellissimo giardino della Triennale. Il concerto inizia in perfetto orario e guardandomi attorno il range di età mi sembra molto ampio, anche se diverse persone si direbbero qui un po’ per caso, magari per godere semplicemente della piacevole serata in una location d’eccezione.

L’inizio, affidato a “Jesus Fever”, rivela subito il mood ombroso e trasognato della serata; subito dopo l’atmosfera da ballata storta “I’m An Outlaw” fa ondeggiare tutti. La prima cosa che colpisce di questa performance è la purezza del suono: ampio, colmo di echi e farcito di melodie elaborate; la seconda è che non c’è nessun orpello scenico a dare sostegno al concerto, solo la gestualità (ridotta al minimo) dei quattro sul palco, gli affascinanti fingerpicking acustici e il canto biascicato, ma incredibilmente musicale, di Kurt Vile, perso in un mare di riverberi. A dominare la scaletta sono gli episodi tratti dai due lavori più recenti, Wakin On A Pretty Daze (2013) e B’lieve I’m Goin Down… (2015), anche se non mancano canzoni tratte dalle prime uscite, sempre targate Matador Records, Childish Prodigy (2009) e Smoke Ring For My Halo (2011), e una bellissima versione acustica di “Freeway” da Constant Hitmaker (2008), purtroppo disturbata dai volumi improponibili provenienti da una discoteca adiacente al giardino.

Ogni brano scorre verso l’altro in maniera impeccabile, rimanendo fedele a una tradizione folk-country americana inacidita da tocchi psichedelici e da sgangherati suoni lo-fi. Kurt Vile ha tutta l’aria di uno che è appena uscito fuori dal letto, trascinando con sé i postumi della sbornia della sera prima; non parla molto tra una canzone e l’altra, ma quando lo fa è per mostrare il proprio affetto verso il pubblico con qualche “I love you guys” dal tono dolce e impacciato o intimargli di non battere le mani, urlare “whoops” al microfono e scherzare con i suoi Violators; in particolar modo con il chitarrista Jesse Trbovich… anche se è superficiale descriverlo solo come chitarrista, perché tutti i componenti della band in realtà sono multi-strumentisti qualificati, pronti a imbracciare strumenti diversi tra un pezzo e l’altro (repentino, per lo stesso Kurt Vile, il passaggio dalla jaguar al banjo elettrificato e dalla jazzmaster alla chitarra acustica). Senza rendersene conto è passata un’ora e mezza dall’inizio del concerto, ma c’è tempo per altri due brani: “Baby’s Arms” e “He’s Alright”, il perfetto coronamento di una serata che ha sedotto tutti per la sua semplicità.

Grazie a Matteo Ceschi per le foto.

Setlist

1. Jesus Fever
2. I’m An Outlaw
3. Goldtone
4. That’s Life,tho (almost hate to say)
5. Wakin On A Pretty Day
6. Girl Called Alex
7. Runner Ups
8. Freeway
9. Dust Bunnies
10. Pretty Pimpin
11. KV Crimes
12. Freak Train
13. Wild Imagination

Encore:
Baby’s Arms
He’s Alright