KUOLEMANLAAKSO, Kuusumu

Un album atteso per lungo tempo crea indubbiamente delle aspettative che finiscono sempre per condizionare il giudizio di chi lo ascolta. Se c’è un forte legame emotivo con la band in questione, diventa ancora più difficile mantenere un doveroso distacco, ma ho deciso di provarci lo stesso.

Kuusumu, in uscita su Svart il 4 marzo 2022, è il terzo full-length dei finlandesi Kuolemanlaakso. Il moniker fa riferimento alla Death Valley, in California, al centro della quale le temperature sono insopportabilmente alte. Una scelta interessante, per una band proveniente dall’estremo Nord Europa…

Il gruppo vanta la presenza di un frontman d’eccezione: Mikko Kotamäki dei conterranei Swallow The Sun ricopre infatti il ruolo di cantante (ma anche gli altri hanno un curriculum notevole). L’ho scoperto proprio a causa della presenza di Kotamäki, per poi maturare e riconfermare l’idea che quel ragazzo dia assolutamente il meglio di sé in questa formazione: la sua versatilità è ben nota, ma è proprio qua che, a mio parere, viene valorizzato al massimo quel mix micidiale di aggressività e carica emotiva presente nella sua voce.

Il titolo dell’album è pressoché traducibile come “nebbia lunare”, pur facendo riferimento al sole, oscurato da una foschia durante una catastrofe climatica avvenuta nell’anno 535, che ha portato a un inverno lungo 10 anni. Il concept è, a tutti gli effetti, perfettamente in linea col genere di riferimento della band: un death-doom roccioso che strizza l’occhio ai primi Triptykon ma che è intriso di “finlandesità” in ogni possibile aspetto, con elementi gothic e una malinconia insormontabile, espressa attraverso le mille sfumature della voce del frontman, ma anche per mezzo di un lavoro chitarristico ineccepibile e di una sezione ritmica di una raffinatezza rara. Rispetto ai due lavori precedenti, Kuusumu va decisamente fuori dal seminato: i brani risultano più articolati, stratificati, complessi e anche se manca un pezzo strano e “sopra le righe” come in passato (la traccia 4 sul primo disco e la traccia 6 sul secondo), ci sono comunque momenti davvero inaspettati: l’intro, inquietante e decisamente utile allo scopo di guidare l’ascoltatore in un paesaggio apocalittico, il violino irlandese e l’ottimo spoken-word su “Surun Sinfonia”, l’approccio sfrontatamente pop di “Katkeruuden Malja”, impreziosito dalla splendida voce della cantante Lotta Ruutiainen, la parentesi black metal su “Pedon Vaisto”, l’assolo slayeriano su “Kuohuista Tulisten Koskien”, per citarne solo alcuni.

Altro fiore all’occhiello è la presenza di Aleksi Munter, ex Swallow The Sun, che ha co-arrangiato le tastiere, dando un contributo notevole al tutto. La produzione è stata ancora una volta affidata a Victor Santura, noto ai più per le band Triptykon e Dark Fortress, che collabora con i Kuolemanlaakso fin dagli esordi, dando un tocco personale ormai parte dell’identità del quintetto finnico.

Una nota di merito va data al chitarrista e compositore della band, Markus Laakso, che per ogni album si prende la briga di tradurre i propri testi in inglese, stampati poi sui booklet degli album: siccome li scrive in un finlandese arcaico, risultano spesso incomprensibili anche ai madrelingua. È un compito difficile, che però fa sì che la musica dei Kuolemanlaakso nel suo insieme possa essere goduta appieno anche da un pubblico più ampio.

Otto anni di attesa dall’ultimo full-length sono tanti, ma mi sento di dire che, essendo questo il risultato, ne è valsa la pena. Suggerisco caldamente questo album a chiunque ami sonorità forti e decise, e non si lasci spaventare da una lingua complicata e ostica come il finlandese: la sua musicalità esotica è in perfetta armonia con la proposta dei Kuolemanlaakso, e gli spunti storici e culturali esposti nei brani hanno uno spessore qualitativo non comune, poiché “sentiti” visceralmente da chi li ha scritti, completamente scevro di un atteggiamento intellettualoide che ha, di fatto, reso poco credibili tante band.