Kimi Kärki (Lord Vicar, Reverend Bizarre)

Lord Vicar

Ci sono alcuni dischi di cui avremmo dovuto parlarvi, ma che per diversi motivi ci sono sfuggiti: Gates Of Flesh dei finlandesi Lord Vicar, uscito nel 2016, è uno di questi. Per recuperare questa mancanza, ecco una succosa intervista al loro chitarrista Kimi Kärki. Chi segue il doom ha sicuramente già sentito parlare di lui, magari quando – con lo pseudonimo Peter Vicar – suonava nei Reverend Bizarre, una delle band che ha riportato il genere in auge negli anni ’00  e uno dei pochi nomi a essersi conquistati una grande fetta di pubblico al di fuori della cerchia degli appassionati (che ai tempi della loro formazione non erano così tanti come oggi) grazie a tre album uno più bello dell’altro.

Ho avuto il piacere di conoscere Kimi l’anno scorso, quando ho suonato all’Hammer of Doom di Wurzburg col mio gruppo, i Night Gaunt, assieme ai Lord Vicar. Successivamente gli ho mandato le domande per l’intervista in un periodo in cui si trovava in America come ricercatore per l’università. Il prossimo agosto uscirà il suo secondo disco acustico come solista per la Svart Records, dal titolo Eye For An Eye.

Parliamo dell’ultimo album dei Lord Vicar, Gates Of Flesh, uscito l’anno scorso. Quanto tempo avete impiegato per scrivere e registrare le canzoni del disco? 

Kimi Kärki: Le canzoni erano più o meno pronte tre anni prima di registrare il disco. È stato un processo lento e complicato. In parte perché il nostro batterista è stato a lavorare in Kuwait e perché non avevamo un bassista stabile. Inoltre, quando ci sono distanze come le nostre, è normale che ci voglia più tempo. Lo accettiamo e cerchiamo di pianificare le cose.

L’anno scorso avete fatto un tour con Sami Hynninen (che molti ricorderanno come Albert Witchfinder nei Reverend Bizarre). Perché non è entrato nella line up come membro stabile? Che piani avete per i prossimi concerti? 

Sami è venuto a rimpiazzare il nostro vecchio bassista Jussi, in un momento in cui non poteva più essere disponibile. È finita che ha suonato più di quanto inizialmente avevamo preventivato, quasi un anno intero. Sono stati bei momenti. È stato bello stare di nuovo con Sami, ma è durata abbastanza come avventura, anche perché lui non aveva tempo per imparare del nuovo materiale che noi volevamo molto suonare live. Ma ora abbiamo un nuovo membro stabile, un ottimo bassista dall’Inghilterra, Rich Jones! Lui aveva suonato precedentemente col nostro batterista Gareth. Ora abbiamo un gruppo solido a livello ritmico! Abbiamo fatto per il momento solo un concerto con lui, all’Hammer of Doom nell’autunno del 2016, anche perché dopo ho dovuto lavorare negli Stati Uniti. Ora ti sto scrivendo mentre aspetto il mio volo di ritorno in Finlandia, nell’aeroporto JFK di New York. Stavamo pensando di fare un mini tour americano, ma avendo saputo quello che è successo a quel gruppo italiano che doveva suonare al South By Southwest (credo che si riferisca ai Soviet Soviet e a quanto successo con la cancellazione del loro tour per ragioni legati ai visti, ndr), abbiamo preferito non rischiare. Questi mini tour non generano denaro, siamo contenti di farli se ci sono le condizioni necessarie, dopo aver valutato ogni dettaglio.

Tu sei l’unico membro finlandese dei Lord Vicar: Chritus vive in Svezia e Gareth e Rich in Inghilterra. Quanto provate? Avevi deciso dall’inizio di far partire il progetto senza altri membri finlandesi? 

Gareth ora vive a Basilea, in Svizzera. Siamo tutti in paesi diversi. Proviamo molto raramente, di solito prima di un tour o di un disco, ma non perdiamo tempo e quando c’è bisogno di togliere la ruggine ci mettiamo sotto per dare forma a del nuovo materiale. È facile con le nuove tecnologie registrare dei demo e passarceli. Ho altri tre gruppi attivi con membri finlandesi, quindi perché non farne un altro basandosi su un’amicizia con persone di altri paesi, e sul sincero e autentico carisma di questi personaggi? Li amo come fratelli e sono contento quando le cose vanno per il meglio. È un gruppo pesante e solido. La mia band preferita tra quelle in cui sono stato.

Stai componendo del nuovo materiale per i tuoi altri progetti, cioè Orne, E-Musikgruppe Lux Ohr e Uhrijuhla?

Sì, sto componendo il nuovo disco degli Orne, gli E-Musikgruppe Lux Ohr sono sulla via per fare il prossimo album e gli Uhrijuhla riprenderanno a provare, con del nuovo materiale, quando tornerò, e sta per uscire il mio secondo disco solista come cantautore, Eye For An Eye, in agosto. Vengo da un posto in cui gli uccelli cantano delle belle canzoni e in cui c’è sempre musica nell’aria.

Reverend Bizarre

Dieci anni fa si sono sciolti i Reverend Bizarre. Una nuova generazione di metallari ha scoperto il doom grazie a voi, siete diventati uno dei primi gruppi di doom classico ad avere un buon pubblico fuori dall’underground. Il genere però non era così popolare in Finlandia ai tempi. È più considerato ora? Ora siete più famosi di quando eravate attivi?

Non sono sicuro, non c’è modo di provarlo visto che il gruppo è morto. Abbiamo vissuto un buon periodo durante gli ultimi due anni della band, nel 2006-2007, era come se fossimo esplosi al di fuori della cerchia del pubblico doom. Il che è stato buono, ma si sapeva che ci stavamo sciogliendo e abbiamo acquisito più rilievo per quel motivo. Sono fiero di ciò che abbiamo fatto, ma noi tutti sentiamo in maniera molto forte che non rispecchia quello che siamo noi oggi come persone. Ci siamo spostati verso altre cose e non abbiamo alcun interesse in una reunion. Abbiamo avuto dei riscontri anche su questo versante, viste le offerte succose che ci sono arrivate…

Quindici anni fa avete registrato In The Rectory Of The Bizarre Reverend. Ora quel disco è considerato un classico del doom made in ’00s. Che ricordi hai delle registrazioni? Come vedi quel disco dopo tutto questo tempo?

Le ricordo come qualcosa di stressante, visto che lo studio è stato spostato a metà del lavoro. Io come chitarrista facevo schifo ancora più di adesso e il grosso della fatica è stato imparare il mestiere. Per questo sarà sempre speciale. Ma penso che sia un disco che ha superato alla grande la prova del tempo e ora credo sia la cosa migliore che abbiamo fatto. 

Molte persone ancora si chiedono perché Harbringer Of Metal venga considerato un ep, nonostante duri più o meno quanto gli album che avete inciso (un’ora e un quarto). Perché non lo considerate un full length? 

Perché Sami decise che non sarebbe dovuto rientrare nel piano iniziale, che era quello di fare cinque dischi, che poi sono stati solo tre. Ovviamente è un full length, e se paragonato a cose che abbiamo fatto successivamente non è neanche così sperimentale! Per me anche l’ep Return To The Rectory può essere considerato un full length, ma non dirlo a nessuno!

Una delle tue maggiori influenze per il tuo progetto acustico è Leonard Cohen, che è morto l’anno scorso. Quali sono le tue canzoni preferite di lui? Ti è di grande ispirazione anche per gli altri tuoi progetti? 

Sono tante le sue canzoni che amo, se ne dovessi scegliere dieci ti direi “Famous Blue Raincoat”. “Story Of Isaac”, “Suzanne”, “Hey, That’s No Way To Say Goodbye”, “Chelsea Hotel #2”, “If It Be Your Will”, “Darkness”, “Treaty”, “Almost Like The Blues” e “Sisters Of Mercy”. Ma dipende molto dal giorno. Il suo modo di scrivere mi influenza molto. Ma non sono lui, vengo da un contesto sociale e culturale molto diverso. Amo la sua purezza spensierata, il suo modo di scrivere è pieno di paradossi. Ed aveva una grande cura delle proprie canzoni.

Tu lavori nell’Università e al momento stai vivendo negli Stati Uniti. Di cosa ti occupi là? So che hai seguito con grande attenzione le elezioni americane e simpatizzavi per Bernie Sanders. Com’è vivere in America sotto Trump? 

Come ho già detto, tra un paio d’ore sarò via di qua. Sono venuto come Fulbright Visiting Fellow al Case Western University’s Center for Popular Music Studies. E ho anche lavorato all’archivio e alla libreria della Rock n’ Roll Hall of Fame due volte alla settimana. È stato un viaggio dedicato del tutto alle ricerche, in seguito al mio dottorato. Ho analizzato i collegamenti tra il transumanesimo e la cultura popolare. Queste idee ora sono ovunque: intelligenza artificiale, estensione della durata della vita, biologia sintetica, nanotecnologie, colonizzazione dello spazio, l’evoluzione umana attraverso nuove tecnologie e i pericoli e le questioni etiche che questa situazione comporta. I transumanisti hanno una lunga storia culturale che voglio tracciare guardando i film, i libri, i giochi e le canzoni legate alla fantascienza. Devo ancora continuare a lavorarci fino alla fine dell’anno, e credo ci vorranno altri due anni per scrivere il libro. Usciranno un paio di articoli al di fuori di questo. Vivere negli Stati Uniti è stato grande, anche perché ho incontrato molte persone aperte di mente che non hanno niente a che fare col loro presidente, in termini di valori. Nelle università urbane questo è un dato di fatto, ma ho anche vissuto con ottime persone col simbolo del Black Lives Matter al di fuori dell’abitazione, e ho fatto un po’ di Aikido con persone molto intelligenti e liberali.

Ci sono nuove band doom che segui? Quali band italiane ti piacciono?

Due parole: Black Capricorn! Band molto figa e persone adorabili.

Il tuo suono di chitarra è sempre stato molto particolare ed unico. Quali sono i tuoi segreti? Che genere di strumentazione usi?

 Uso una Gibson SG Special un po’ distrutta (a causa mia), accordata un tono e mezzo sotto, in DO bemolle, suonata ad un volume infernale con un amplificatore Laney valvolare. Dicono che il segreto del suono stia nelle dita, io cerco di mascherare le mie limitazioni tecniche col massimo di intensità e pesantezza che riesco a produrre. È una forma di esorcismo, come scolpire l’aria con il carico di riff incredibilmente pesanti!