KARYN CRISIS

KARYN CRISIS

Presentare Karyn Crisis sa un po’ di mancanza di fiducia nei propri lettori, vista l’importanza che la sua voce e le sue parole  hanno avuto nel delineare e caratterizzare l’immaginario estremo degli anni Novanta. Alla guida dei Crisis la cantante ha lasciato una traccia indelebile che ancora perdura, motivo per cui la notizia di un suo ritorno con un progetto solista ha causato non poco fermento tra i molti estimatori della band e del suo approccio vocale unico. Non potevamo quindi lasciarci sfuggire l’occasione per parlare in modo approfondito di questo nuovo inizio e del particolarissimo concept che ne contraddistingue i testi.

Ciao Karyn, prima di tutto è un piacere parlare di nuovo con te. Abbiamo iniziato a discutere del tuo album solista qualche anno fa e sembra ci sia voluto un lungo percorso prima di vederlo realizzato. Ti va di raccontarci qualcosa di come è andata e del processo creativo?

Karyn Crisis: Ogni cosa è fluita in modo liscio e veloce quando ho afferrato la visione dell’intero concept. Davide era pronto con la musica, perché è un compositore prolifico, si è dedicato a creare brani per il disco dal 2008. Abbiamo registrato subito alcuni di questi, ma sentivamo che altri non erano ancora arrivati al punto, anche se non sapevamo con precisione quale fosse “il punto”. Io, però, sono differente, non provo, non faccio jam e non sono un musicista: devo vedere, sentire, ascoltare, provare il concept del disco e la musica nella loro interezza, come guardando un film con l’occhio della mia mente. Quando questo accade, quando ricevo il film, allora posso cominciare a creare davvero. Può volerci del tempo per arrivare a quel momento e per questo album in particolare mi ci sono voluti vari anni in più del previsto. Sono dovuta crescere come persona per raggiungere questa creatività. Dovevo anche passare attraverso un grosso cambiamento nella mia vita, un momento che è stato segnato dalla mia permanenza in Toscana, dove sono vissuta per un po’ con Davide. Nella nostra casa era presente lo spirito di una dea italiana chiamata Aradia, lei è una maestra degli antichi percorsi e viene associata alle streghe. Mi ha insegnato alcune cose su quel mondo, cose di cui non avevo conoscenza. Questo rapporto continua ancora oggi. In quei giorni ha risvegliato molte parti di me, il che mi ha spinto a domandarmi cosa volessi realmente cantare, scrivere, dipingere.  A un certo punto di questi cambiamenti e di questo percorso di apprendimento ho deciso di dedicare il disco ad Aradia e alle cose che mi stava insegnando. Questo è stato liberatorio e un processo magico di apertura per quanto riguarda la fiducia.

Ascoltando Salem’s Wounds per la prima volta, ho avuto l’impressione che si trattasse di un lavoro molto personale, in grado di toccare tue corde nascoste e di coinvolgere aspetti particolarmente intimi. Mi sbaglio? 

È il mio lavoro più intimo, parla del mio amore con Davide e di tutte le cose che ho descritto sull’imparare dal mondo degli Spiriti. È anche il primo disco che la gente sentirà provenire direttamente da me, anche se non è del tutto vero, visto che Davide ha composto tutte le canzoni, ha suonato chitarra e basso e il suo stile definisce il sound di Gospel Of The Witches e Salem’s Wounds. Sebbene abbiamo discusso insieme ogni dettaglio, ho messo tutta me stessa in prima linea con i fan, dai video a cuore aperto del crow-funding, ai regali fatti a  mano nelle interviste. Quindi, nella musica e nelle intenzioni questo è un lavoro imbevuto di amore. Io e Davide abbiamo lavorato insieme come se fosse l’occasione per offrire noi stessi e i nostri doni l’uno all’altro. Questo ci ha dato l’opportunità di innalzare al massimo i nostri sforzi creativi condivisi. Ogni brano è un atto d’amore verso l’altro. Allo stesso modo volevamo entrambi donare il nostro amore ad Aradia, a Janare e agli spiriti delle streghe cui l’album è dedicato: per onorare la loro eredità, le loro sofferenze e la vera conoscenza che la chiesa vuole occultare. Dato che ho scoperto di essere una di loro, è stato anche un percorso per fare “outing”.

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Anche l’artwork è incentrato sulla tua immagine e sull’idea del femmineo, ti va di raccontare ai nostri lettori l’intero concept che collega artwork, musica e testi?

L’artwork non è incentrato solo sull’universo femminile, ma sulla Dea. La dea, così come il dio, è un esempio per noi di ciò che possiamo raggiungere quando bilanciamo le energie maschili e femminili al nostro interno. Si possono aprire le porte della conoscenza e dell’emancipazione. Non parlo di uomini e donne, ma di energie. L’energia femminile riguarda il recepire (conoscenza, saggezza e Misteri), la guarigione, il nutrimento e la creatività, quella maschile l’azione, il pianificare e il manifestarsi.

L’immagine frontale è un mio tributo al processo di canalizzazione, che è parte dei riti della cultura delle streghe, un parallelo con la tipica rappresentazione buddista: le statue bronzee di Buddha su un fiore di loto, con il loto che rappresenta il chakra che si apre all’infinita conoscenza universale. Per la strega il fuoco è parte del rituale per aumentare l’energia e aprirsi all’infinita conoscenza universale attraverso la pratica di medium. Quindi ho voluto tracciare un parallelo: la connessione con l’universo attraverso la canalizzazione della dea con il rituale medianico che prevede l’innalzamento dell’energia con il fuoco, la musica, la danza e altri processi.

Sono stato molto colpito dalla strofa: This body is a prison, this body is a temple, this body is a goddess, this body is illusion. Sei interessata ai concetti di contrapposizione e opposti come cardini delle nostre vite e della natura? Cosa pensi delle religioni che tentano di cancellarli per imporre un ordine monocromatico?

“Pillars” parla degli stadi di chi ricerca muovendosi nell’illusione di essere energia infinita temporaneamente rinchiusa in un corpo fisico. Nello stesso modo in cui chi ha subito un trauma passa attraverso le cinque fasi del lutto, così chi cerca l’universo interno deve passare attraverso il lasciarsi andare. Ho usato la mia esperienza personale come ispirazione, per me l’aver sperimentato nella vita problemi di salute è stata la molla per pensare ai limiti del corpo fisico e del mondo. Ho iniziato il viaggio di questo mantra in quel momento: il corpo fisico che è una prigione (ma in realtà non lo è, è solo un simbolo, la prova del nostro mondo interiore). Poi ho lavorato sul corpo come tempio (ma non è neanche questo, solo un simbolo di ciò che abbiamo dentro), fino a muovermi verso una visione più ampia dopo avere abbandonato queste illusioni: il corpo è una dea, il simbolo della Dea Interiore che si manifesta attraverso il riflesso del mondo interiore su quello esterno. Alla fine, dobbiamo fare i conti con questo.

Le religioni moderne, se guardiamo come esempio alle tre principali, hanno coniato un dio basandosi sull’immagine dell’uomo (huMan), hanno preso l’idea di qualcosa che si suppone più grande, saggio e potente rispetto agli esseri umani finiti e lo hanno ridotto in molti modi così da essere limitato come questi e decisamente maschile. Non hanno risposto a nessuna domanda su ciò che veramente dio è, ma danno piuttosto agli uomini un esempio quanto più simile a loro stessi e al contempo offrono una scusa per rafforzare strutture socio-politiche basate sul potente contro il debole, l’uomo contro la donna, il giusto contro lo sbagliato, proclamando che la scala su cui queste cose sono giudicate si basa su un dio di cui nessuno ha prove, soprattutto in termini di esperienza.

Negli USA, di recente, una rivista chiamata Reader’s Digest ha pubblicato un’intervista a preti, rabbini e predicatori che hanno ammesso di non avere più informazioni sul loro dio di quanto non ne abbiano i loro fedeli, molti hanno anche ammesso di non avere mai sperimentato il divino. Come umani, abbiamo messo le domande nelle mani di altri uomini che non hanno idea delle risposte che cerchiamo e in cambio abbiamo limitato la nostra crescita nell’imparare attraverso il porre domande.  Al contrario, i medium e alcuni psichici, attraverso la loro pratica, non solo ottengono risposte alle domande personali e universali, ma sperimentano anche la comunicazione con gli angeli, i defunti, i maestri spirituali di ogni livello e altri agenti consapevoli di “Dio”.

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Possiamo considerarti, quindi, una persona religiosa. Che idea hai della spiritualità e degli aspetti metafisici della vita?

Direi che sono una persona spirituale, nel senso che studio varie modalità la cui radice è la comprensione delle leggi naturali, quelle che mi danno la possibilità di ascoltare lo Spirito in tutte le cose, compreso il mio stesso Spirito. Cerco di seguire la conoscenza universale piuttosto che le mie piccole personalità e volontà. Ammiro i grandi maestri spirituali come Diana, Aradia, Buddha e Gesù, così come modalità quali lo sciamanesimo nel Mondo.

Quali musicisti ti affiancano sull’album, ti va di parlarci di loro e del loro ruolo/contributo a Salem’s Wounds? Ritieni Gospel Of the Witches più un progetto personale o una vera band?

Sebbene Gospel Of The Witches  sia iniziato come un progetto personale tra me e Davide, abbiamo sempre voluto mettere insieme una vera e propria band. Volevamo prima di tutto creare la band, ma così non è stato. Considerando tutte le esperienze che abbiamo vissuto, aveva un senso che questo viaggio spirituale e l’intera esperienza nel mondo degli spiriti iniziasse come un qualcosa di intimo tra noi due, così da comprenderlo appieno e poi scegliere le persone giuste da invitare.

Davide Tiso, già Ephel Duath, è il compositore e il chitarrista, ha suonato tutti i layer di chitarra sull’album, così come il basso. Alla batteria su disco c’è Charlie Schmid, io alla voce e Ross Dolan degli Immolation alle backing vocals nella maggior parte dei brani. La band dal vivo è composta da Davide Tiso (chitarra), Ross Dolan (basso e voce), Bob Vigna (Immolation, chitarra), Charlie Schmid (Tombs, batteria). Bob ha filmato e editato due video per Gospel Of The Witches e li potete trovare su gospelofthewitches.com, ma anche su YouTube.

Stiamo già parlando del nuovo disco.

Com’è il tuo rapporto con la rete? Sei interessata ai commenti sulla tua musica e a leggere quello che dicono media e ascoltatori? E con i social media? Credo siano un grosso aiuto per restare in contatto con i fan e interagire con loro. Credi che questa possibilità di collegarsi in modo virtuale rappresenti più un fattore positivo o una forma di alienazione?

Direi che il mio approccio alla rete sia stato fondamentalmente il decidere come confrontarmi con il suo approcciarsi a me. Sono stata probabilmente una delle ultime persone su MySpace e ad unirmi a Facebook. Davide mi ha aiutato a creare un profilo Facebook cinque o sei anni fa e gli ho prestato attenzione solo negli ultimi anni.

Internet può rappresentare una maniera meravigliosa per restare in contatto con le persone che vivono distanti, aumenta la possibilità di comunicare. Può portare a te le informazioni cui altrimenti non avresti accesso. Ma credo che consumi anche molte energie. Può distrarre e, ad esempio, sviare l’attenzione dall’ascolto dell’Universo. Quando il mondo spirituale pensa che sia troppo attenta al resto, tendo a sperimentare delle “interruzioni”, internet non funziona, il pc si blocca, il telefono smette di funzionare per ragioni che i tecnici non riescono a spiegare. Uno scenario da “ghost in the machine”.

Non presto troppa attenzione a cosa la gente dice di ciò faccio, perché ciò che faccio e come lo faccio viene dall’interno. Comunque, quando le persone mi contattano, mi fa molto piacere. Questo è il risultato meraviglioso del condividere la creatività con il mondo. Questo è anche ciò penso dell’essere raggiunta tramite internet: tanti fan incredibili e attenti mi hanno contattata negli ultimi sette anni chiedendomi di ascoltare le loro storie su come la mia voce li avesse aiutati nei momenti difficili e di non dimenticarmi della musica.

Di natura, sono una solitaria. Sono abituata a stare da sola, con la mia mente e le mie emozioni. Per cui, spesso, ricevere un messaggio su internet è una sorpresa gradita. È comunque differente dal trattare con le persone in carne ed ossa, può servire a capire come sono le persone sotto pelle e senza distrazioni fisiche.

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Ripensando ai primi tempi dei Crisis, quali credi siano le maggiori differenze nel modo in cui la gente si avvicina alla tua musica e all’arte in generale? A volte mi sembra di vivere un’era “fast-food” a ogni livello, mi sbaglio?

Ci sono davvero tantissime differenze! Nei primi Novanta, quando i Crisis si sono formati e hanno cominciato a suonare in giro, avevamo demo su nastro, gli studi erano analogici, non c’era internet, spargevi la voce sui concerti con manifesti incollati sui muri della città o distribuendo volantini. Come musicista, dovevi presentarti di fronte ad audience che a volte erano violente, non c’erano quasi donne ai concerti e, di certo, nessuna donna sul palco, questo è durato per parecchio da quando i Crisis hanno iniziato ad andare in tour. C’erano sì molte band, ma non erano di certo così omologate come lo sono oggi. Sembra quasi che oggi le band seguano un manuale d’istruzioni e una formula standardizzata per essere come gli altri. È più facile ottenere la strumentazione, raggiungere i fan, creare un hype e il tutto senza offrire molto altro che una moda.

Presenterete l’album dal vivo? C’è possibilità di vedervi in Europa?

Sì, per ora i Gospel Of The Witches hanno suonato due volte dal vivo a Brooklyn, al St. Vitus, e a Clifton Park (NY). Faremo qualche altra data nella costa Est a luglio, poi, speriamo di riuscire ad organizzare un vero tour in Europa e negli States. È un obbiettivo che ci siamo posti.

Sei coinvolta anche in altre forme d’arte (abbiamo già menzionato i tuoi dipinti), credi rappresentino differenti aspetti della tua personalità o semplicemente modi differenti di esprimerla?  

Ho le mie mani in molte forme creative: dipingere, scrivere, cantare e credo siano solo forme diverse per esprimere lo stesso “tutto”, principalmente perché ho deciso che da ora in poi creerò ogni cosa in funzione di Aradia e dei miei Spiriti Guida. Sono consapevole della volontà e dell’energia che ripongo nelle mie creazioni.

Grazie mille per il tuo tempo, sentiti libera di aggiungere ciò che preferisci.

Grazie mille a te Michele e in bocca al lupo per tutto. I contatti della band sono: facebook.com/gospelofthewitches e gospelofthewitches.com (sito in fase di lancio proprio in questi giorni, ndr).

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