JOWDAY, 7 Good Reasons Why You Should Give Your Money To Jowday

Premetto di non essere un esperto di “Twin Peaks” e ammetto che, ogni qualvolta accarezzo l’idea di rivedere tutto, interviene un’entità malefica che mi spinge, invece, ad una full immersion in “Scrubs”.

Avevo un vago ricordo dello spirito malvagio chiamato Jowday (Judy per gli amici), citato qua e là nell’universo di Laura Palmer e Dale Cooper, ma, per evitare di scrivere (altre) stupidaggini, ho chiesto lumi ad un amico fanatico della serie: “Senti, ma cosa faceva Jowday? Devo parlare di un gruppo che si è scelto questo nome”. E lui ha risposto: “È un po’ difficile da spiegare…”.

A quel punto ho rinunciato a cercare possibili collegamenti tra misteriose forze demoniache e la band in questione, il cui disco di esordio si presenta con l’immagine – tutt’altro che mefistofelica – di una farinata di ceci in copertina. Perché la farinata? “Perché è buonissima e perché è il simbolo dell’incontro tra Spezia, da dove arriviamo, e Torino, dove viviamo”, dicono loro. La spiegazione mi sembra filare molto più liscia delle tante interpretazioni che circondano “Twin Peaks”.

Questi tre ragazzi originari del levante ligure e trapiantati all’ombra della Mole si divertono e ci divertono con un emo/post-hardcore diretto ed energico, giocando sul contrasto tra sonorità spigolose e contenuti spesso ironici. I brani sono sette e ognuno di questi ci offre – oltre che, parafrasando il titolo del disco, una buona ragione per supportare questo gruppo – un mix di furia punk (“Self Referential Song”), nervose cavalcate emocore (“Restless”) e composizioni più introspettive e dalle venature post-rock (“Shoebill”, “Troubled Guy”).

Nel mondo degli Jowday non esistono regole e costrizioni, solo tanta voglia di fare musica: ecco quindi pezzi stravaganti come “Adani / Ambition”, caratterizzata dalla presenza della voce dell’esagitato commentatore sportivo (la cui carriera dietro i microfoni si sta rivelando più ricca di soddisfazioni di quella sul campo), la schizofrenica “Homelette” e la malinconica “Customer Cares”, traccia arricchita dalla presenza di una tromba e che, nel finale, si scatena in un delirio rumoristico.

I riferimenti a Fine Before You Came, La Quiete e Raein sono piuttosto evidenti, tuttavia è sempre bello incontrare gruppi che fanno musica per puro piacere, senza arrovellarsi troppo alla ricerca di soluzioni cervellotiche e contenuti criptici. Insomma, “Twin Peaks” è stata un’opera rivoluzionaria… ma anche “Scrubs”, a modo suo, merita.