JESSICA 93, Geoffroy Laporte

Non si parla molto dei francesi Jessica 93 in Italia, ma loro saranno in tour qui a partire da domani (20 gennaio, Torino, Blah Blah): drum machine, basso post-punk, chitarra pesante e “nirvaniana”, voce acida, testi sarcastici e politicamente scorretti; un album, Guilty Species, che è un insieme di ottime canzoni in questo stile in un mondo giusto avrebbero i loro bei passaggi in radio. Andiamo a fare conoscenza con Geoffroy Laporte, il creatore di Jessica.

Jessica 93 è iniziato come progetto solista. Il tuo nuovo album, Guilty Species, è stato registrato da te solo. Adesso sei in tour in Europa con una line-up completa. Ci presenti i tuoi compagni?

Geoffroy Laporte: È dal 2015 che penso di prendere dei musicisti per trasformare Jessica 93 in una band vera e propria, così da sbarazzarmi dei looper e trovare più libertà nel songwriting. Ho comunque registrato l’album da solo, eccetto una canzone, “Bed Bugs”, che è stata registrata con la prima line-up che ho messo su da metà 2015 fino a estate 2017. Questa prima formazione consisteva in Maxime Roquet e Antoine Quincerot, che suonano in band come Helas!, Avenue Z o PCP Manor. Poi, dall’estate 2017, c’è un nuovo assetto. David Snug (un disegnatore di fumetti) suona alcuni pezzi di batteria sopra la drum machine. Lui è la ragione per cui ho iniziato con Jessica 93 nel 2010, dato che mi ha spinto a cominciare un progetto solista vedendomi moltiplicare le band per realizzare le mie idee, così un giorno mi ha detto “smettila di aspettare gente che ha lavori e studia e fai una cosa tua, sarai in grado di andare in tour in qualunque momento”, e aveva ragione. Ci sono anche Henri Adam al basso, che suonava nella band garage T.I.T.S., ma anche nei The Feeling Of Love And Marietta, ed Eric Bricka alla seconda chitarra, lui suona nel gruppo pop-punk parigino Bitpart da almeno dieci anni a questa parte.

A giudicare da quanto leggo nelle recensioni francesi di Jessica 93, sembra che il tuo nome sia conosciuto anche “overground”. Esagerano i recensori o tu hai acquisito una certa notorietà nel corso degli anni?

Direi che è un po’ esagerato, ci è capitato che giornali importanti come Liberation abbiano recensito il disco precedente, unitamente a qualche grosso magazine, ma non affermerei che siamo davvero noti “overground”. Siamo sempre una band di nicchia. Le nostre etichette Teenage Menopause e Music Fear Satan hanno fatto un gran lavoro di promozione sin dal primo album che abbiamo pubblicato insieme (Who Cares). Guilty Species è il terzo e la gente è ancora entusiasta, e alcuni scoprono ancora il gruppo, il che è grandioso. Adesso desideriamo uscire fuori, ma le nostre etichette non si interessano davvero a questo o trovano troppo difficile ottenere una distribuzione europea. Questo è un po’ un problema in Francia: una volta che ottieni forme di riconoscimento qui, tutti sono felici e non spingono oltre…

Tu scrivi canzoni. Posso ricordare le tue melodie, posso ricordare i testi e le rime. Questo non è così ovvio, perché oggidì le band underground stanno molto lontane dalla classica forma canzone. In molti casi uno può ricordarsi di come una band suona in generale, ma non dei pezzi specifici, non credi? Quando hai capito di essere un songwriter?

Sono d’accordo, la maggior parte delle volte ho difficoltà a ricordare i pezzi delle band. Però penso che stiamo tornando alle origini e le band hanno meno paura a “scrivere” canzoni. Ad esempio, la band di Eric, i Bitpart, ha grandi melodie. I Bleached su Dead Ocean o i Dirty Fences su Slovenly hanno pezzi davvero meravigliosi. I Grave Pleasures, per i quali ho aperto diverse volte due anni fa, hanno appena pubblicato un bellissimo album, Motherblood, che è quasi tutto fatto di hit. Questo è quello che mi prende sul serio di una band: buone canzoni. Apprezzo anche gruppi che lavorano di più sul suono, ma anche se è harsh noise totale, se è fatto bene mi suonerà come una canzone, come “Crawling On Bruised Knees” di Pharmakon, che per me è una gran canzone quanto una pop. Scrivo sempre musica seguendo questo formato, ma non penso a me stesso come a un songwriter, e apprezzo che tu pensi che io lo sia. Ho sempre pensato che è bello scrivere buone canzoni, buoni testi che si adattino alle melodie, è davvero un lavoro interessante da fare. All’inizio, Jessica 93 doveva essere un progetto free impro con un looper, ma ero troppo spaventato a salire sul palco senza nemmeno controllare cosa potevo fare, così ho fatto una prova e da quella session è uscita la canzone “Dragon” e altre due che non ho mai pubblicato, a parte su cd-r (“604” e “Tectonic”). Quindi anche quando voglio fare qualcosa fuori dagli schemi classici, in realtà ci ritorno.

La sola “guilty specie” che conosco è quella umana. Gli animali non possono essere “colpevoli”, secondo me. Non comprano dischi, non prendono droghe, fanno sesso ma pare solo istinto (qui faccio riferimento al testo di “Guilty Species”, ndr). Quindi l’uomo è speciale, ma perché è il solo animale che può provare la “ennui”. Non un grosso affare, non pensi?

Stavo cercando di riassumere l’album, e questo modo per riassumere l’umanità mi ha fatto ridere. Ciò che ci rende diversi dalle altre specie è questa nozione di colpa. Nel corso delle nostre vite, noi ci sentiamo colpevoli per non importa quale motivo, dal dire bugie all’uccidere uno di noi o di un’altra specie. Tutti ci portiamo dietro questa cosa dentro, e fa la grossa differenza. La coscienza che i nostri gesti hanno delle conseguenze, le regole che abbiamo stabilito per vivere in società… è la nostra umanità che ci conduce alla nozione di colpa. L’abbiamo creata quando abbiamo creato Dio. Ne abbiamo avuto bisogno per via della nostra coscienza, del nostro libero arbitrio e delle nostre responsabilità. Penso sia un grande affare perché senza saremmo semplicemente animali. E mi piace il fatto che puoi interpretare il titolo nel senso che noi siamo colpevoli come specie agli occhi delle altre. Se ci fosse un processo universale, noi come umanità verremmo condannati a morte da una giuria composta da panda, leoni, dinosauri e anche pietre e nuvole.

Cosa stai cercando di raccontarci con un pezzo come “French Bashing”? Personalmente, ascolto molte band francesi underground: Aluk Todolo, Chaos Echœs, Deathspell Omega, Celeste, a volte Alcest… Che ci puoi raccontare delle scene e delle comunità DIY francesi?

“French Bashing” è più che altro uno scherzo che amo fare. In Francia c’è sempre questo problema della lingua: dobbiamo cantare in francese o in inglese? La gente ne discute, e c’è chi disprezza le band che cantano in inglese, dicono che siano traditrici della nostra splendida cultura. È così stupido. Quindi faccio sempre almeno un pezzo in qui prendo in giro l’essere francese. Alcuni dei miei concittadini pensano davvero di essere la figata, questo è ridicolo. Per me è una maledizione. È come se il mondo intero fosse una gigantesca scena rock’n’roll, ma la Francia ne fosse fuori. È davvero difficile parlare di creazione e canzoni con di mezzo il modo francese retribuire il musicista come un lavoratore, con contratto e pagamento legale. L’argomento principale è “sei intermittente?” (è quando hai fatto circa quaranta concerti pagati legalmente in dieci mesi… tu ricevi soldi dallo stato come compensazione quando non lavori, e dura altri dieci mesi). Le interviste in Francia riguardano raramente le canzoni, il titolo dell’album, come fai tu qui. No, è sempre un chiedere se vivi di musica, se hai un lavoro, se sei intermittente, se ti piace quel sistema o no… Diventa molto noioso a un certo punto e tu vedi gruppi cercare solo di ottenere quello status. Quindi vanno in tour solo in Francia, raramente fuori, perché solo in Francia puoi essere pagato legalmente, da locali finanziati dallo stato. D’altro canto, ci sono band che se ne sbattono il cazzo e suonano solo in bar e squat, e la maggior parte di queste è eccellente, libera di mixare influenze, il che alla fine la rende di grandissimo valore. Usé, ad esempio, che aprirà per noi in questo tour, è incredibile. Lui suonava negli Headwar: il loro è stato uno dei migliori concerti che io ricordi.

“RIP in Peace” sembra fondere Big Black and Nirvana. La canzone è accompagnata da un vieo dove qualcuno si fa beffe delle teorie cospirazioniste e cerca di convincerci che Kurt Cobain fosse Gesù (suppongo che si faccia beffe anche dei paragoni tra te e Kurt). Ascolti ancora i Nirvana oggi?

Sì, mi succede ancora. I Nirvana per me sono l’ultima punk band, mi sorprende sempre quanta gente non capisce quanto punk fossero i Nirvana. Un sacco di gente non prende sul serio la parte della loro carriera che comprende Incesticide e Bleach, che forse è importante tanto quanto gli album mainstream. È perché loro hanno fatto quei pezzi che le loro canzoni pop hanno senso per me. E ho sempre trovato che i Nirvana abbiano un feeling europeo, non possiamo dire sia tipicamente americano come per i Ramones o i Green Day. I Nirvana avevano qualcosa di diverso, qualcosa che aveva significato per noi europei. Ed essere in grado di sentire su una stazione radio grossa, di pomeriggio, un ragazzo cantare “Come as you are… I swear I don’t have a gun” non ha prezzo. I Nirvana hanno anche condotto un sacco di teenager sul “wild side”, avevano la capacità di pervertire, corrompere i giovani. Mi piace l’idea dei musicisti che vendono la loro anima al diavolo e mi piacciono le band che ti fanno capire di averlo fatto. Per quanto riguarda il video, ho sempre voluto realizzare un video cospirazioni sta, sono grande fan di queste cose su YouTube. E alla fin fine non è stato difficile. Con un po’ d’erba ogni cospirazione può diventare vera. Ho scritto la trama in due-tre ore.

I Goth ascoltano Jessica 93. Giuro che ho amici Goth e ho chiesto loro di ascoltarti e uno ha detto “a volte mi ricorda i London After Midnight”… Penso che il modo in cui suoni il basso possa far tornare in mente alle persone il periodo post-punk. Ascoltavi post-punk o goth in passato (sembra che moltissimi francesi amino i Cure)?

Sì, la Francia è sempre stata vicina alla scena post-punk, tonnellate di band come I Trisomie 21 o I Charles De Goal erano famose negli Ottanta. Perciò come francese ho sempre ascoltato un po’ di new wave e post-punk, i Cure erano ovviamente l’ascolto principale, ma – per dire – sono anche grande fan dei Dead Can Dance. Ricordo che quando registravamo Who Cares eravamo stupiti da quanto post-punk fosse il basso. Il mio desiderio era suonare Gainsbourg nel disco Love On The Beat, e alla fine sono rimasto sorpreso dal fatto che abbia funzionato. Nella maggior parte dei casi mi piace quando il basso ha una sua linea e non segue le chitarre. Un basso può fare la differenza in un brano.

Ti auguro un tour fantastico. Se metterai in pratica quanto predichi in Guilty Species, sarà pesante per te. Quali sono le tue aspettative?

Grazie mille. Mi aspetto che la nuova line-up cresca e diventi come una sola entità. Niente come andare in giro e suonare ogni sera dà coesione a una band. Abbiamo anche due nuovissimi pezzi che suoneremo a ogni data per poi registrarli una volta a casa: sarà un sette pollici pubblicato da Destructure Record, un’etichetta DIY francese. Siamo davvero entusiasti!