JAMES WELBURN, Hold

Welburn

James Welburn è inglese, vive tra Berlino e Lillehammer, ha lavorato diversi anni per la Ableton e si occupa pure di arti visive. Suona anzitutto il basso, tanto che è entrato a far parte del progetto Transmit del batterista Tony Buck dei Necks. Quest’anno approda sulla sempre più infallibile Miasmah di Skodvin per pubblicare il suo primo album solista, che vede la partecipazione proprio di Buck e si basa anzitutto sul dialogo basso-batteria e sull’apporto del celebre software summenzionato per l’assemblaggio delle tracce, oltre che per la sintesi di tutta l’ambientazione rumorosa nella quale vive. Hold è un album circondato da un’atmosfera densa, che lascia passare poca luce e nella quale non è semplice respirare. La gravità è di molto superiore a quella terrestre e le creature che calcano il suo terreno sono enormi, hanno un passo pesante, deciso e compiono percorsi ripetitivi come se seguissero una liturgia. L’etichetta trova giustamente delle affinità con gli Swans (aggiungerei i Godflesh), mentre l’artista sottolinea altrettanto giustamente il legame col minimalismo elettronico. Tra gli infiniti tentativi di usare gli strumenti del rock per allontanarsi dalla forma canzone e realizzare qualcosa di più sperimentale, quello di Welburn si fa notare per quanto è tetro e per come sposta interi continenti.

Tracklist

01. Naught (ascolta)
02. Peak
03. Shift
04. Transience
05. Duration
06. Hold