IOSONOUNCANE, 10/4/2015

Iosonouncane

Torino, Blah Blah. Ringraziamo Alessia Naccarato (L’Indiependente) per la foto.

Vi devo confessare che ai tempi dell’esordio, La Macarena Su Roma, il mio scetticismo nei confronti di Jacopo Incani – musicista di stanza a Bologna, ma di origine sarda – era piuttosto marcato. Col tempo, e anche grazie alle opinioni dei molti che lo hanno apprezzato, ho cominciato ad ascoltare con più attenzione e a rivedere il mio giudizio sulla sua musica. La miccia che ha fatto scattare questo inaspettato cambiamento è stata l’uscita del singolo “Tanca”, sorta di mantra ritualistico nient’affatto conciliatorio e dalle spiazzanti traiettorie stilistiche. Spinto dalla curiosità lo incrocio al Blah Blah; è un venerdì sera, il secondo album è uscito da pochi giorni e il locale è bello pieno, segno che la curiosità generale è tanta. Detto che i problemi tecnici, come sottolineato da lui stesso, condizionano un bel po’ l’esibizione, va comunque sottolineata la sua peculiare posa e la materia musicale, di apparente grana grossa, ma che racchiude in sé (tra i numerosi stili più o meno riconoscibili) spiritual, evocativi scenari metropolitani al limite della paranoia e tiro volutamente fisico, come tosta è la voce stessa di Incani, sguaiata, tirata come fosse una fionda con la corda tesa per sparare testi mai banali, studiati nella metrica come poche volte ci è dato di apprezzare. Insomma, qui non troverete banalizzazioni tardo-adolescenziali, poetare mesto e fintamente impegnato, ma un’anima in pena che si sforza con abnegazione per risultare meno scontata possibile (tanto che a un certo punto si mette pure a fare lo smanettone techno, come a dire: vi ho spiazzati ancora una volta e non ve lo aspettavate…). A conti fatti riesce nell’impresa, e viene da pensare che rimangano in pochi gli artisti usciti indenni da certi abusati canoni pop, che tutti conosciamo più o meno bene. Iosonouncane è un simpatico misantropo che ha trovato, quasi suo malgrado, una strada, magari impervia e non scevra da pesanti afrori “battistiani” (che però si fanno apprezzare come in “Stormi”), e che riesce a chiudere in scioltezza con l’attacco frontale della apocalittica “La Macarena Su Roma”, forse per porre caparbiamente l’accento sui problemi di un mondo, il suo ed il nostro, mai stanco di farci vedere quanto sia orrendo e meschino. Vita di merda, sono d’accordo con lui, ma almeno qualche canzone, a volte, può alleviare l’onnipresente dolore quotidiano.