IMPALED NAZARENE, Eight Headed Serpent


“Brutti, sporchi e cattivi, ma hanno anche dei difetti”.
Descriverei così, in breve, gli Impaled Nazarene, band di punta della scena black metal finlandese che ha recentemente festeggiato i trent’anni di carriera e che si è sempre contraddistinta grazie a un sound contaminato da altri sottogeneri estremi, tra cui spiccano thrash, war metal e hardcore punk.

Eight Headed Serpent è uscito il 28 maggio 2021 su Osmose Productions: tredici brani, poco più di mezz’ora in totale. Questo dà una precisa idea di quanto i pezzi siano diretti, sintetici e privi di fronzoli, aspetti sicuramente in linea con l’ormai nota intransigenza e, concedetemi, strafottenza dei quattro simpatici ragazzi di Oulu. Il problema è che, a mio avviso, questo album risulta terribilmente noioso e monotono (ad eccezione dell’ultima traccia, di cui parlerò più avanti). Enciclopedico al limite del plagio (“Octagon Order”, per esempio, è molto simile a “Pace ’Till Death” dei Bathory, specie nelle metriche, tanto da farla sembrare una cover improvvisata), non è privo comunque degli elementi tipici del sound degli Impaled Nazarene, ovverosia chitarre furiose e sezione ritmica spietata, il tutto accompagnato dal cantato “alcolico” e decisamente unico di Mika Luttinen. Le metriche, così come i riff, purtroppo, sono talmente prevedibili da non restare impresse nemmeno al decimo ascolto. Direi che il bello di questa band è che offre certezze: menefreghismo esibito senza ritegno né contegno, e un’attitudine genuinamente aggressiva ma, parlando di questa ultima fatica, una maggiore inventiva non avrebbe guastato, a costo di diminuire il numero di tracce.

L’ultimo brano, “Foucault Pendulum”, prova a controbilanciare il tiro assassino dei brani precedenti con una ritmica quasi tendente al doom, specie se paragonata all’andazzo generale: dura cinque minuti ed è, come immaginabile, l’episodio più lungo. Il testo prende di mira i terrapiattisti, le mamme no-vax e persino Greta Thunberg e i suoi adepti, assieme a chi crede negli angeli e nelle proprietà curative dei cristalli. L’incedere, lento e inesorabile, e un cantato diverso dal solito, ne fanno il punto di forza di un album altrimenti inutilmente prolisso.

Non mi aspettavo un cambio di direzione radicale, né auspico che avvenga ma, pur avendo un marchio di fabbrica piuttosto ingombrante che in un certo senso la imbriglia entro certi canoni, questa band ha saputo fare di meglio anche in tempi recenti. Apprezzo, tuttavia, la coerenza e la strafottenza che, unite all’inconfondibile umorismo finlandese, fanno degli Impaled Nazarene una delle band più rappresentative del Paese.