Un baco nelle nostre playlist del 2021

Il disco più nominato quest’anno dai nostri redattori è:

THE BUG, Fire

Abbiamo anche intervistato Kevin Martin, una volta.

In ordine quasi casuale, seguono le playlist di chi dentro The New Noise è stato al gioco.

Angelo Borelli

Al Doum & The Faryds: Freaky People (Black Sweat Records, La Tempesta)
Blak Saagan: Se Ci Fosse La Luce Sarebbe Bellissimo (Maple Death Records)
Crazy Doberman: Two Tales Of Lost Witness Mark (Aguirre Records)
Don Cherry: Summer House Sessions (Blank Forms Editions)
Lutto Lento: Legendo (Haunter Records)
Moor Mother: Black Encyclopedia Of The Air (Anti-)
Old Time Relijun: Musicking (K Records)
Tiziano Popoli: Burn The Night/Bruciare La Notte: Original Recordings 1983-1987 (RVNG Intl.)
Senyawa: Alkisah (Artetetra, Communion, etc.)
The Bug: Fire (Ninja Tune)

Un’annata trascorsa fra fantasmi del passato, ritorni di fiamma, conferme (molte) e novità (ahimé, poche). Alla prima categoria possiamo ascrivere Tiziano Popoli, di cui RVNG Intl. ha messo per la prima volta su disco una serie di ottimi inediti risalenti alla metà degli anni Ottanta, forse la cosa che ho ascoltato di più negli ultimi dodici mesi. Andando ancora più a ritroso, ogni tanto spuntano fuori registrazioni del grande Don Cherry: quest’anno Blank Forms ha pubblicato materiale svedese risalente al 1968, decisamente gustoso. Torniamo ai giorni nostri ma non ci allontaniamo molto dalle atmosfere del trombettista americano e della sua Organic Music con il nuovo disco, fresco fresco, di Al Doum & The Faryds. Blak Saagan invece mette in scena la sua personale Notte della Repubblica, in maniera originale e senza indulgere a facili nostalgie. Fra i grandi ritorni del 2021 c’è quello di Arrington De Dionyso e i suoi Old Time Relijun, con un disco tiratissimo, privo di momenti di stanca; ritroviamo anche The Bug in solitaria e come di consueto spacca tutto quello che si può spaccare. Lutto Lento è invece un producer polacco che seguo fin dall’ottimo esordio: quest’anno si è superato sfornando un lavoro improntato a un notevole eclettismo. Gli indonesiani Senyawa continuano a portare avanti la loro singolare idea di world music: per il loro ultimo eccellente lavoro hanno pensato bene di mettere in moto un network globale di etichette. I Crazy Doberman sono invece una congrega di squilibrati che cercano di fare free jazz con esiti discutibili: fra le loro fila si annida John Olson, membro dei Wolf Eyes nonché uomo con il miglior account Instagram di sempre. Infine una conferma, un punto fermo ormai, la come sempre monumentale Moor Mother.

Daniele Zennaro

Lo scorso anno, nonostante tutto il casino che stava succedendo, aveva visto uscire un sacco di musica interessante. In un periodo in cui concerti non ce n’erano, di dischi belli nuovi me ne stavano capitando molti tra le mani, sia tra quelli che arrivavano da recensire sia altri di diversi gruppi che seguo. Quest’anno invece tutto l’opposto: buona parte delle cose che vedete qui elencate le ho recuperate nell’ultima settimana, più che una top 10 nella mia ci sono quasi tutti gli album del 2021 che ho ascoltato quest’anno.
Entrando nello specifico: grande trionfo della Sepulchral Voice Records (etichetta ormai sempre più importante nel panorama death metal mondiale) e di nomi dai quali già si aspettavano cose buone. Il resto conferma come i miei ascolti siano sempre più divisi in musica fatta dai bianchi e altra dai neri.

Grave Miasma: Abyss Of Wrathful Deities
Reveal!: Doppelherz
Concrete Winds: Nerve Butcherer
Lymphatic Phlegm: Roughly Excised – Putrefindings, Morbidescriptions and Necrognoses
Abysmal Grief: Funeral Cult of Personality
Nas: King’s Disease II
Snoop Dogg: From Tha Streets 2 Tha Suites
Bruno Mars & Anderson Paak: An Evening with Silk Sonic
Camouflage Monk: Be Careful Who You Sleep On
Scorn: The Only Place

Federico Benaglia

Quest’anno devo cominciare dalle delusioni perché fanno rumore. Meglio levarcele subito di torno, così passiamo alle cose belle… Tralasciando gli Iron Maiden, ormai tribute band di sé stessi, mando dietro la lavagna gli AmenRa: De Doorn non mi ha proprio conquistato. Per quanto riguarda i Converge, d’accordo, avevo basse aspettative, però Bloodmoon: I è stato un colpo basso. Passaggio interlocutorio per i miei Cult Of Luna con The Raging River: speriamo bene per l’uscita del 2022…

Che spettacolo!

Non me ne vogliano le band, ma è uscito Dune, e la cosa più bella di questo film meraviglioso è la colonna sonora che ha tirato fuori Hans Zimmer. Potrete rimanere indifferenti all’universo creato da Frank Herbert e alla regia di Villeneuve (cosa molto difficile), ma state tranquilli che le musiche vi terranno incollati alla poltrona.

Le sorprese

Della serie “mi facevano cagare, ma finalmente…”, devo fare i complimenti ai Deafheaven e al loro Infinite Granite. Poi:
Panopticon: …And Again into the Light
Little Simz: Sometimes I Might Be Introvert

Le conferme

Godspeed You!Black Emperor, pisciano in faccia a tutti come al solito con G d’s Pee AT STATE’S END!
Cannibal Corpse: Violence Unimagined
Motorpsycho: Kingdom of Oblivion
Tyler, The Creator: Call Me If You Get Lost
The Bug: Fire
Quicksand: Distant Populations
Årabrot: Norwegian Gothic
Big Brave: Vital

Grandi ritorni

Genghis Tron: Dream Weapon
Kowloon Walled City: Piecework
Carcass: Torn Arteries
Year Of No Light: Consolamentum
Gli italieni
Wojtek: Does This Dream Slow Down, Until It Stops
Bennett: II
Turangalila: Cargo Cult
Ad Nauseam: Imperative Imperceptible Impulse

Un consiglio

Se vi piacciono Death Grips, Clipping. e gentaglia di questo tipo… Backxwash: I Lie Here Buried with My Rings and My Dresses

Licia Mapelli

Il 2021 è stato un anno strano. Sarà che l’ho sovraccaricato con le aspettative disattese dal 2020, ma sono convinta che, in generale, non vorrei riviverlo.
Però, fortunatamente, dal punto di vista delle uscite, è stato un buon anno.
Procedendo a ritroso, non posso fare a meno di considerare l’ultima fatica degli Swallow The Sun, Moonflowers, come uno dei migliori lavori del 2021: ho già espresso il mio parere in merito, ma è bene ribadire che la band è riuscita nuovamente a reinventarsi, lasciando il segno anche secondo una supporter di vecchia data e tendenzialmente incontentabile come me.
Tra le “nuove scoperte”, pur essendo la band al secondo full length, cito volentieri i Veil Of Conspiracy: Echoes Of Winter è stato fisso in riproduzione per un bel po’ di tempo, accompagnandomi nel grigio ed emotivamente insostenibile autunno finlandese. La loro capacità di incanalare emozioni profonde e tradurle in musica mi ha veramente colpito e, come dicevo, sono del partito degli incontentabili…
Restando in Italia, mi preme sottolineare che anche il debutto dei Bottomless (su Spikerot) è stato una delle colonne (sonore) portanti del 2021. Il loro doom ottantiano, senza fronzoli né artifici, ha reso sopportabili anche le giornate peggiori, quelle alla fine dell’estate, in cui ci si rende conto che è ora di tornare alla solita routine.
Un altro debut album, anch’esso italiano ma dal suono svedese, quello dei Nanga Parbat, mi ha particolarmente impressionato: Downfall And Torment ha un che di nostalgico, e ha appagato il mio bisogno di stare nella mia comfort zone senza riascoltare all’infinito “le solite cose”, oltre ad aver ancora una volta confermato quanta qualità musicale ci sia nella capitale del mio paese d’origine.
Rientro in Finlandia, nel nord estremo, giusto per citare un’altra piccola uscita che ha salvato il 2021: la demo Vaikainen della one man band Rietas. Un black metal scarno e diretto, dotato di una potenza evocativa rara, che mi fa desiderare che il full length veda la luce presto, molto presto, nonostante nella zona di provenienza della band (Tornio, Lapponia occidentale) siano in piena notte polare.
Necroceros degli Asphyx mi ha colpito per la quantità di riff memorabili, che mi sono ritrovata a fischiettare abbastanza spesso. Direi lo stesso dell’ultimo dei 1914, Where Fear And Weapons Meet, un lavoro che ha superato le mie già alte aspettative.
Un’imminente uscita, seppur solo in digitale, che sento il bisogno di annoverare tra le cose belle del 2021 è l’unplugged degli Shores Of Null. Verrà pubblicato il 24 dicembre ma, avendo presenziato al concerto in acustico, mi sento in dovere (e in piacere) di inserirlo tra gli album “speciali” di quest’anno, non solo nel bellissimo ricordo di quel 5 giugno al Traffic Club di Roma, ma anche in virtù del fatto che gli unplugged sono sempre stati a mio avviso una tipologia di uscita molto utile per comprendere lo spessore creativo e qualitativo di una band. Prova superata a pieni voti, se qualcuno se lo stesse chiedendo.

Concludo caricando di aspettative il 2022, in particolare a proposito di due album: Kuusumu, terzo full length dei finnici Kuolemanlaakso, che aspetto con mal celata impazienza da quasi otto anni e che uscirà su Svart Records il 4 marzo, e il debutto di Friends Of Hell, previsto su Rise Above per il prossimo 18 marzo. Si tratta di quartetto doom che vanta tra le sue fila Albert Witchfinder (Reverend Bizarre) nel ruolo di frontman e Taneli Jarva (ex Impaled Nazarene, ma non solo) al basso.
Fuori dal metal nelle sue varie declinazioni, sono in trepidante attesa del full length di due rapper finlandesi appartenenti alla popolazione sami, indigena della Fennoscandia che risiede nelle varie zone della Lapponia. Questi due ragazzi, Amoc (al secolo, Mikkâl Morottaja) e Ailu Valle, “rappano” nella loro lingua madre, rispettivamente sami di Inari e sami del Nord, lingue semi-estinte e imparentate alla lontana col finlandese. Mi preme sottolineare che lo stile di canto tradizionale dei sami è lo joik, che non prevede l’uso di parole, ecco perché fare musica rap che, per sua natura, prevede una centralità della parola, è a suo modo un atto rivoluzionario, specie se si tratta di farlo in lingue che hanno complessivamente pochi parlanti (circa 20.000 per il sami del Nord e appena 300 per il sami di Inari). Ho avuto la fortuna di vedere questi due ragazzi in concerto, accompagnati da un’ottima band, e sono davvero impaziente di ascoltare il frutto del loro impegno, che verrà pubblicato auspicabilmente la prossima estate. Il singolo, uscito ormai quasi un anno fa, mi fa ben sperare.
Aspetto con impazienza anche che le prossime uscite possano godere di un’adeguata promozione in sede live, perché è vero che ascoltare gli album in cameretta soddisfa svariati bisogni misantropici, ma poche cose mi appagano quanto un release party fatto bene. Propositi per l’anno nuovo: andare a tanti concerti.

Lucrezia Ercolani

Irreversible Entanglements: Open the Gates
Orchestre Tout Pouissant Marchel Douchamp: We’re ok. But we’re lost anyway.
The Bug: Fire
Emptiness: Vide
King Krule: You heat me up, you cool me down
Can: Live in Brighton 1975

Italians

Minus Hero: Songs about leaving
Black Saagan: Se ci fosse la luce sarebbe bellissimo
RY.F.: Everything Burns
Bliss: Demo Tape

Scoperti quest’anno ma del 2020

San Leo: Mantracore
Plague Organ: Orphan

Marina Sersanti

L’anno che sta per volgere al termine come consuetudine si porta via con sé amarezze, mancanze ma anche molte cose belle da tenere a mente.
Verrà ricordato come l’anno che ha preso con sé due pilastri della musica estrema, come Lars Goran Petrov e Michael “Spider Mike” Vinatieri dei Capitalist Casualties.
Sarà anche citato come l’anno in cui abbiamo ripreso a “respirare” dopo un’apnea di un anno e mezzo dallo stop forzato dei concerti. In questo lungo incespicato tragitto di dodici mesi ci sono stati dei dischi che, per un motivo o l’altro, hanno sporcato e ribaltato molte giornate insipide. Nella più totale modalità crossover, tra scoperte e conferme, in ordine alfabetico, questi sono i miei “dodici”.

Carcass: Torn Arteries
Cerebral Rot: Excretion of Mortality
Dödsrit: Mortal Coil
Fulci: Exhumed Information
Fractal Generator: Macrosmos
Golem of Gore split W Labia Majora
Illegal Corpse: Riding Another Toxic Wave
La Piena: Nel buio
Pressa: NeroFumo
Sanguisugabogg: Tortured Whole
SudDisorder: Senza Amor non vale nulla
Stige: Uniti nell’abbraccio (ristampa)

Massimo Perasso

Ordine casuale. Ho escluso black midi, Dry Cleaning, Squid, Idles, Viagra Boys, Amyl, Chubby, Turnstile, Quicksand… che immagino saranno nelle liste di tutti. Consiglio di ascoltare anche questa sporca dozzina:

Bummer: Dead Horse
Concrete Ships: In Observance
Low: Hey What
Lingua Ignota: Sinner Get Ready
Big Brave & The Body: Leaving None But Small Birds
Iceburn: Asclepius
Divide And Dissolve: Gas Lit
Kowloon Walled City: Piecework
Comet Control: Inside The Sun
FACS: Present Tense
Irreversible Entanglements: Open The Gates
Lice: Wasteland

Michele Giorgi

Utilizzo questo riepilogo del mio 2021 musicale per parlare di libri, perché uno degli effetti della pandemia e del conseguente distanziamento sociale è stato il tornare ad essere un lettore onnivoro e seriale. Tanto seriale da continuare a posticipare un resoconto dettagliato delle mie letture sotto forma di articolo, perché come finivo un libro e mi dicevo “ora mi ci metto” ne iniziavo subito un altro e così mese dopo mese fino a che, alla fine, ho gettato la spugna. Non cito necessariamente volumi usciti durante l’ultimo anno, vale la pena specificarlo, ma comunque letti e divenuti compagni di viaggio di questo periodo senza concerti e musica dal vivo. Dei dischi che ho ascoltato e mi hanno colpito ho già scritto molto, per cui vi rimando a quanto già pubblicato negli scorsi mesi.

Cominciamo col citare uno dei libri più interessanti che mi sia capitato di incontrare in ambito di memorie hardcore punk, ovvero I’m Not Holding Your Coat di Nancy Barile, un racconto che per vari motivi riesce ad evitare la solita agiografia del genere e si impone per il taglio personale tanto da avermi spinto ad intervistare l’autrice.

Sempre in tema di vecchie storie hc, ma di casa nostra, non posso non citare I Ribelli della Collina di Valerio Lazzaretti (Hellnation), storia di un Roma divisa politicamente e sfondo per le scorribande delle varie comitive punk sparse nei vari quartieri, imperdibile per chiunque sia cresciuto nella capitale ma non solo. Stesso discorso, in ambito più corale e non legati ad una singola scena locale, Schegge Di Rumore di Andrea “Capò” Corsetti e Monica RageÀpart Miceli (Scatole Parlanti) e Disconnection di Giangiacomo De Stefano e Andrea “Ics” Ferraris (Tsunami), costruiti attorno alle testimonianze di vari protagonisti dell’epopea hardcore punk nazionale durante gli anni Novanta, periodo meno celebrato ma non per questo meno ricco di nomi importanti e vicende da tramandare. Tre libri differenti che ripercorrono in prima persona o con l’aiuto di altri protagonisti momenti e luoghi specifici di quella storia finora spesso orale o affidata alle ‘zine cartacee che tanto peso ha avuto nella mia personale esperienza di ascoltatore e fruitore non passivo di musica estrema e spesso legata a movimenti antagonisti sia sul piano culturale che politico.

Al loro fianco non si possono non citare i libri che invece si sono focalizzati su gruppi specifici come Africani, Marocchini, Terroni di Davide Morgera, che parte dalla storia dei napoletani Underage (Goodfellas), e quello fotografico ma non solo Atlantide Hardcore D.I.Y. Punx Live 2001/2015 di cui vi ho in qualche modo già parlato (Hellnation Libri, nullaOsta, Serimal e ZOOO). Per finire le monografie italiane non si può non citare Questi Anni (Se Ho Vinto Se Ho Perso Tour 2019) dei Kina che esce insieme al CD del tour 2019 e il pluri-premiato docufilm di Gian Luca Rossi (Stella Nera, Sientes, Dethector, Ediciones Bruno Alpini, More Nocturne Books), ma su questo spero di tornare in modo approfondito a breve.

Per tornare all’estero, non posso che consigliare una lettura che esula dal mio raggio di ascolti usuali, ovvero Dread Inna England, scritto da Fabio Fantazzini e edito da Hellnation, trattato incentrato sulla storia della cultura caraibica in Inghilterra a partire da fine anni Quaranta per arrivare ai primi ottanta, con una interessante ricerca su interazioni e commistioni in seno alla cultura Black British dal Calypso alla Dub Poetry. Una lettura che spazia dalla musica alle tematiche socio-politiche legate alla stessa.

Per le biografie di musicisti esteri, citerei quelle di Rob Halford, Confesso, e Laura Jane Grace, Tranny. Confessioni Di Una Punk Anarchica Venduta, uscite per Tsunami, due storie davvero avvincenti e spesso toccanti che vanno ben oltre la facciata pubblica e la storia in note dei due protagonisti e per questo decisamente particolari per taglio e tematiche. In tema metal, ultimo ma non meno interessante, mi ha fatto compagnia il libro di Flavio Adducci, Benvenuti All’Inferno! Storia E Origini Del Black Metal (Officina di Hank), un saggio nato in rete e diventato libro in cui l’autore traccia una sua personale ricostruzione del movimento andando a ritroso per scovarne le radici più remote.

Che altro? Cito la ‘zine cartacea In Your Face, con cui ho avuto l’onore di collaborare e che mi ha riportato alle mie origini da fanzinaro con le emozioni che comporta dare vita ad un progetto simile. Spero davvero di non aver dimenticato nessuno, ma ripeto, credo sia stato un anno davvero denso quanto a letture in tema musicale, per cui spero nell’eventualità mi perdonerete.

Nazim Comunale

10 + 2 * il 21 (nessun ordine particolare)

Benoît Delbecq: The Weight Of Light
Punkt.Vrt.: Plastik Somit
Ceramic Dog: Hope
Lambchop: Showtunes
Jacqueline Kerrod: 17 Days In December
Wadada Leo Smith: A Love Sonnet To Billie Holiday/Chicago Symphonies
Sara Serpa: Intimate Strangers
Juçara Marçal: Delta Estaciò Blues
Kačis: Unfathomed
Fabrizio Puglisi/ Günter Baby Sommer: Elements
Anthony Joseph: The Rich Are Only Defeated When Running For Their Lives
Black Country New Road: For The First Time

Italians Do It Better (nessun ordine particolare)

St.Ride: Microstorie
Extrema Ratio: A Dangerous Method
Gianni Lenoci/Franco Degrassi: Nothing
Luca Perciballi Organic Gestures Trio: Approximately Grids With A Plan
Tiziano Popoli: Burn The Night Bruciare La Notte
Paolo Gaiba Riva: Expeditions
Roberto Bellatalla/Emanuele Parrini: Live At Maison Makutsu
Giacomo Zanus: Kora
XY Quartet & John De Leo: Strabordante
Paolo Angeli: Jar’a
Mirco Ballabene: Right To Party

Out Of Time: Julius Eastman, Le Workshop De Lyon, Seefeel, Robert Ashley, Blue Gene Tiranny

Scoperte: Kirke Karja

Dal vivo: Ceramic Dog, Silvia Tarozzi, Elio Martusciello, Širom, Alexander Hawkins, Irvine Arditti, Edison Studio, Ciro Longobardi

Elena Raugei

Per me è stato un 2021 frammentario in fatto di ascolti, teso verso dischi a loro volta tesi nel complesso verso dimensioni altre. La parziale non-classifica che segue, di venticinque titoli in semplice ordine alfabetico, è più eterogenea del solito. I progetti strumentali predominano, dalle immaginarie soundtrack horror di John Carpenter e La Morte Viene Dallo Spazio all’avant-post-rock per l’apocalisse dell’umanità dei Godspeed You! Black Emperor, dal jazz che affiora in maniera irregolare – sia nel doom metal afro-futurista delle Divide And Dissolve, sia nella miglior colonna sonora composta in questo giro di mesi da Jonny Greenwood – alle sperimentazioni classiche, su storie esistenziali da ospedale psichiatrico, portate avanti da Nicola Manzan, sino all’ambient dei contrasti emotivi di Alessandro Cortini, quella della biogenesi di Domingæ (in libera uscita dai Föllakzoid) e quella psichedelica-sinestetica della compianta Pauline Anna Strom. Tra i producer, pollice alto per Koreless e a Not Waving, che hanno utilizzato l’elettronica e le voci come se si trovassero rispettivamente in un laboratorio sci-fi brulicante strane forme di vita e alle porte iridescenti della trascendenza. Nick Cave & Warren Ellis vincono nella forma-canzone, brutale e legata all’improvvisazione, ma si difendono bene anche Anika e MØAA, con cupe tinte post-punk/new wave, oppure Indigo Sparke e KOKO, con minimalismo maggiormente folk. Per la canzone italiana in italiano, segnalo invece gli album anticonvenzionali di Serena Altavilla, Rachele Bastreghi e Cristina Donà, oltre all’ennesima ripartenza dei Bachi da Pietra. Gruppi: paranoici e matti come i Liars (in realtà, Angus Andrew è ormai solo al timone), affidabili ed estatici come i Low, giovani e ipercinetici come gli Squid, epici se non esagerati come The Besnard Lakes e la discussa accoppiata Converge & Chelsea Wolfe. Il caos regna, là fuori e nella mia lista di fine anno.

Serena Altavilla – Morsa
Anika – Change
Bachi da Pietra – Reset
Rachele Bastreghi – Psychodonna
The Besnard Lakes – The Besnard Lakes Are The Last Of The Great Thunderstorm Warnings
John Carpenter – Lost Themes III: Alive After Death
Nick Cave & Warren Ellis – CARNAGE
Converge & Chelsea Wolfe – Bloodmoon: I
Alessandro Cortini – SCURO CHIARO
Divide And Dissolve – Gas Lit
Domingæ – Æ
Cristina Donà – deSidera
Godspeed You! Black Emperor – G-d’s Pee AT STATE’S END!
Jonny Greenwood – Spencer (Original Motion Picture Soundtrack)
Indigo Sparke – Echo
KOKO – Shedding Skin
Koreless – Agor
Liars – The Apple Drop
Low – HEY WHAT
Nicola Manzan – La città del disordine
MØAA – Euphoric Recall
La Morte Viene Dallo Spazio – Trivial Visions
Not Waving – How To Leave Your Body
Squid – Bright Green Field
Pauline Anna Strom – Angel Tears In Sunlight

Samuele Lepore

Il 2021 ha riportato in superficie preoccupazioni da tempo inaccessibili alla memoria. Rimosse dal loro oblio, hanno infranto il mio equilibrio precario. Il fragore delle (piccole) certezze che implodono non ha lasciato spazio ad alcuna musica e ho iniziato ad accogliere in me altri suoni solo dopo essermi arreso a quel rumore assordante, facendone ancora di più (Gràb e Rothadás) in alcuni momenti e cercando di ricomporre cautamente quelle certezze (Christopher Cerrone, Eydís Evensen, Peter Gregson, Justina Jaruševičiūtė e Thurnin) in altri, per poi ritrovare rassicuranti fotografie degli ascolti di gioventù con Dream Unending, Ironbound e Tommy Stewart’s Dyerwulf.

Christopher Cerrone: The Arching Path
Dream Unending: Tide Turns Eternal
Eydís Evensen: Bylur
Gràb: Zeitlang
Peter Gregson: Patina
Ironbound: The Lightbringer
Justina Jaruševičiūtė: Silhouettes
Rothadás: Kopár hant… az alvilág felé
Thurnin: Menhir
Tommy Stewart’s Dyerwulf: Doomsday Deferred

Conferme

Cross Vault: As Strangers We Depart
Defacement: Defacement
Mabe Fratti: Será que ahora podremos entendernos
Mangog: Economic Violence
Witnesses: The Collapse

Recuperi del 2020:
Eric Clayton: A Thousand Scars
Cruthu: Athrú Crutha
In Vacuo: Urbain Noir
Molasses Barge: A Grayer Dawn

Per il futuro, confido in:
Athabas, nel 2021 autori di Undertaker (cd)
Chumbo, nel 2021 autori di Chumbo (demo tape)
Fossilization, nel 2021 autori di He Whose Name Was Long Forgotten (ep)
Sandstorm, nel 2021 autori di Desert Warrior (ep)
Tower Hill, nel 2021 autori di Fighting Spirits (demo tape)

Fabio Fior

LOW – Hey What
XIU XIU – OH NO
GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR, G_d’s Pee AT STATE’S END!
KING GIZZARD & THE LIZARD WIZARD – K.G
THE WAR ON DRUGS – I don’t live here anymore
UNDEATH, Lesions Of A Different Kind
SAULT – Nine

Fabrizio Garau

Odio le playlist. Dico Fire di The Bug per non far vincere i Low.

Special Guest: Loris Zecchin (Solar Ipse)

Dieci pepite

Papiro, La Finestra Dentata (Marionette)
Lanterna, Hidden Drives (Badman)
Pendant, To All Sides They Will Stretch Out Their Hands (West Mineral Ltd.)
Dean McPhee, Witch’s Ladder (Hood Faire)
Sedibus, The Heavens (Orbscure)
Daniel Bachman, Axacan (Three Lobed)
The Acharis, Blue Sky / Grey Heaven (Zum + Cranes)
Sam Dunscombe, Outside Ludlow / Desert Disco (Black Truffle)
Ixtahuele, Eden Ahbez’s Dharmaland (Subliminal Sounds)
Jake Muir, Mana (Ilian tape)

Il segno di Zorro

The Bug: Fire (Ninja Tune)

Ristampone

Ennio Morricone e Bruno Nicolai: Dimensioni Sonore – Musiche per L’Immagine e L’Immaginazione (Dialogo)

Un libro musicale

Kodwo Eshun: Più Brillante Del Sole (Nero)