IFRIQIYYA ELECTRIQUE, Rûwâhîne

L’Africa colonizzata, immaginata, desiderata, l’Africa degli esploratori che bollono in pentola, l’Africa delle cartoline, dei baobab, dei deserti, dei profumi, delle mappe, dei grandi fiumi, degli animali. Anche se non l’abbiamo mai visto realmente, in quel continente, in qualche maniera, ci siamo stati tutti. E l’ottimo disco di Ifriqyya Electrique è un intenso viaggio nell’Africa profonda e ancestrale, un lavoro ipnotico e potente, da ascoltare a volume altissimo e a piedi nudi.

Percussioni rituali, ruggine wave, manovre industrial, la semplicità e l’immediatezza del miglior rock senza fronzoli; suoni scuri e neri (o meglio blu, come i tuareg), venti desertici, muezzin in acido. Tutto questo converge a creare un quadro di grandissimo impatto.

In questi tempi, nei quali, giustamente, band come i Tinariwen hanno avuto un grande successo, sarebbe bello che anche un progetto sincero e traboccante di contenuti come questo trovasse la giusta ribalta, anche se è forte il sospetto che resterà un prodotto di nicchia.

Il sipario si apre con le movenze notturne e sussurrate di “Laa La Illa Allah”, per poi subito lasciarsi andare alle danze scure e liberatorie di “Qaadri – Salaam Aleik – Massarh”, come dei Massive Attack persi tra le dune e alle prese con un delirio da colpo di sole.
Molto belle le cadenze arabe di “Stombali – Baba ‘Alaia”, dove cori estatici si sposano con percussioni incalzanti e una chitarra minimale e ficcante. La traccia successiva, “Annabi Mohammad…”, tenta una felice ipotesi di techno maghrebina, dove canti che si innalzano al cielo vengono glorificate nuovamente da tamburi e chitarre, in un mix torrido e febbrile. Con la settima traccia, “Lavo – Baba Marzug – Sidi Saad – Allah”, sembra di ascoltare una versione punk-islamica dei Nine Inch Nails: riff stra-risaputo (Stooges?) ma che, in questo contesto, funziona comunque; caos di voci che inscenano preghiera e protesta al tempo stesso, percussioni metalliche e grosse, un perfetto dosaggio di ogni elemento sonoro, et voilà, les jeux son faits.

Disco perfetto per l’estate bollente: ci auguriamo di ascoltarlo dal vivo quanto prima.