IDRIS ACKAMOOR & THE PYRAMIDS, Shaman!

Il terzo capitolo della trilogia afro-spirituale di Ackamoor e dei suoi Pyramids arriva dritto al cuore, muove le coordinate verso ambiti introspettivi pur non rinunciando del tutto a tematiche più propriamente politiche. Dal suo ritorno sulle scene nel 2016 con We Be All Africans (seguito da An Angel Fell nel 2018) Bruce Baker, alias Idris Ackamoor, ha sviluppato una sua estetica sicuramente in linea con le ultime tendenze black, tra groove, improvvisazioni modali, fascinazioni afro, correnti funk ed echi del faraone Sanders, nonché dei Coltrane (John e Alice), senza dimenticare le incursioni spaziali di Sun Ra. In questo caso, però, il giovane allievo di Cecil Taylor (è stato, agli inizi degli anni Settanta, nel Cecil Taylor Black Music Ensemble) ci mette parecchio del suo grazie a un collettivo coeso, ricco di performer eccellenti e brillanti, valga per tutti l’affascinante violino elettrico di Sandra Poindexter che colora di originalità tutto l’album. Inoltre, per l’occasione, ritrova al suo fianco la flautista e compositrice Dr. Margaux Simmons, fondatrice, insieme ad Ackamoor e a Kimathi Asante, dei primi Pyramids, quelli degli anni Settanta che giravano tra Africa, Europa e Stati Uniti.

Il disco è diviso in quattro parti e la terza (“Upon Whose Shoulders We Stand”) è forse la più vigorosa, con una “Salvation” che commuove sotto le energiche scorribande del tenore di Ackamoor e suoni che rimandano al Coltrane più spirituale e stellare, e con una “Theme For Cecil” (chiaro omaggio al mentore Cecil Taylor) caratterizzata dalla ritmicità dal sapore tribale del sax alto del leader – ben coadiuvato dalle improvvisazioni della Simmons – che illumina tutto il brano. La prima parte, intitolata “Fire Rites Of Penance”, ha invece un andamento più levigato: la title-track inizia lenta (quasi una ballad) e ha una sezione centrale afrobeat, call and response e agili e intense frasi tematiche, poi tocca a “Tango Of Love”, simile all’apertura e anch’essa divisa in due, oltre che arricchita dagli splendidi assoli della Poindexter, della Simmons e di Ackamoor stesso.
“A Glimpse Of Eternity”, la seconda parte dell’lp, parte con quella sorta di mambo orientale che è “Eternity” (atmosfere alla Sun Ra attraversate dai flussi free del sax tenore di Ackamoor) e prosegue con “When Will I See You Again?”, un forte richiamo all’attualità, alle uccisioni di massa di Columbine, San Bernardino, Las Vegas, Parigi e Berlino (Young and old die before their time, In the wrong place at the wrong time, Your life can change at the drop of time) dalle venature soul di stampo English, per un disco prodotto e mixato a Londra dal co-fondatore e produttore degli Heliocentrics Malcom Catto.
La chiusura è affidata alla memoria del popolo afroamericano: “400 Years The Clotilda” (l’ultima nave schiavista) scorre tra richiami afro-futuristi (“Virgin”), sonorità psichedeliche (“The Last Slave Ship”) e spiriti subsahariani (“Dogon Mysteries”).

Shaman! è splendido, evocativo, ancestrale, un tuffo spirituale tra echi del passato e concreti sguardi sul futuro.