HUMAN POTENTIAL, How To Get Where You Want To Go

HUMAN POTENTIAL, How To Get Where You Want To Go

L’americano Andrew Becker è deciso a continuare per la propria strada, dopo il precedente omonimo, e anche questo nuovo album sembra dimostrarlo. Di che strada si tratta, dunque? In sostanza ci troviamo di fronte a un percorso composto da pezzi pop-rock con spruzzate shoegaze (l’etereo incedere di “Marathon 12/19/67”), particolari che tra l’altro sono ampiamente utilizzati e dosati senza mai esagerare, e questo è un bene. In generale viene da accostarlo all’amore per i Beatles e a certo indie-rock dei Novanta (quindi The Van Pelt e Jawbox, di quest’ultimi si avverte l’eco in “You Are Not All Alone”), mentre in “This History In Pictures” il newyorkese si avventura in saliscendi compositivi abbastanza complessi e impegnativi, per la verità. Stesso discorso per la ritmica “Frederick’s Son”. Obiettivamente, al netto di impegno e passione, non ci troviamo al cospetto di una raccolta di canzoni memorabili, nonostante si provi anche a deviare dal solito canovaccio, come succede per esempio nella “ambientale” “The End Of Heaven”, che prova a stemperare l’uso delle solite chitarre e parti ritmiche. Consigliato a incalliti nostalgici dei Novanta e cultori della melodia.