HOODED MENACE, The Tritonus Bell

Gli Hooded Menace nascono nel 2007 a Joensuu, Finlandia orientale, al confine con la Russia. The Tritonus Bell è il sesto full-length di una band passata per diversi cambi di formazione ma che sembra anche aver trovato una certa stabilità in tal senso.

Il chitarrista, compositore e cantante Lasse Pyykkö – vero e proprio factotum degli Hooded Menace – ha lasciato il posto dietro al microfono ad Harri Kuokkanen, già presente nel penultimo album Ossuarium Silhouettes Unhallowed, uscito nel gennaio del 2018. In questo nuovo capitolo, che possiede tutte le caratteristiche che un album death-doom dovrebbe avere, si riscontra una forte influenza ottantiana, soprattutto sul riffing, che attinge a piene mani dall’heavy metal più classico e sfrontato. Nell’edizione limitata dell’album, un interessante box set  che contiene persino una spilla e una toppa, vi è una traccia bonus: la cover di “The Torture Never Stops” dei W.A.S.P., a riprova di quanto espresso rispetto a un tutt’altro che celato amore per gli anni Ottanta e le loro sonorità. Sebbene l’estetica della band sia squisitamente death metal, con le dovute influenze doom più marcatamente malinconiche, quest’album in particolare sembra voler esprimere una profonda nostalgia verso quel decennio, tanto caro a Pyykkö sotto ogni aspetto. L’immancabile rumore della pioggia nella strumentale “Chthonic Exordium”, come sottofondo a un passionale intro di chitarra, è una più che adeguata apertura a un disco che guarda al passato ma nell’insieme è al passo coi tempi. Il cantato cavernoso di Kuokkanen si sposa perfettamente ai giochi melodici delle due chitarre, ben bilanciate tra ritmiche lente, figlie legittime dei Candlemass, un’attitudine heavy metal e atmosfere da oltretomba che ricordano da vicino gli Asphyx. Non mancano momenti più drammatici, specie negli assoli, mai fini a loro stessi: niente “prime donne”, solo un enorme talento nel tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore, grazie a riff orecchiabili ma mai scontati o al limite del plagio, ritmiche variegate e un songwriting creativo seppur rispettoso dei canoni di un genere ormai consolidato.  Vale la pena di menzionare “Scattered Into Dark” come uno dei brani-cardine di The Tritonus Bell: un macigno di quasi dieci minuti, ingentilito dalla presenza di Jemma McNulty (chitarrista dei Coltsblood) in qualità di guest vocalist, nella parte finale.

In definitiva, siamo di fronte a un buon equilibrio tra doom e death metal, con lo sguardo rivolto sì agli anni ’80, ma senza manierismi di sorta che risulterebbero alquanto noiosi, se non addirittura pacchiani.