HEATHER LEIGH, Throne

HEATHER LEIGH, Throne

Heather Leigh è quella che viene naturale definire una “musa”. La sua voce, l’espressione del volto, naturalmente la sua musica portano a pensare a una figura mitologica di quel tipo. La songwriter statunitense ha la rara capacità di catturarti e di portarti nel suo mondo, fatto di impressioni, rapporti, ricordi, senza mai annoiare. Eppure la sua è una musica platealmente eterea, che si poggia sul nulla: zero basi ritmiche o quasi, solo pedal steel guitar, la sua voce e pochissimi interventi di synth, basso elettrico e violino, dunque la noia potrebbe assalirti senza colpo ferire e saresti ampiamente giustificato. Non pare essere il caso di questo nuovo album, il secondo a suo nome dopo la rivelazione I Abused Animal di circa tre anni fa. “Scorpio And Androzani” è come una Nico senza le droghe che si è ritirata a vita privata in una campagna sperduta delle Isole Fær Øer, mentre “Prelude To Goddess” apre le danze con la consueta grazia, vocale e di arrangiamento; “Lena”, al contrario, è storta e volutamente scomposta, sembra che Leigh voglia addomesticare una melodia che resta impossibile da gestire.

Throne è un album delicato e d’acciaio allo stesso tempo. I fan della Leigh saranno ben felici di poter godere di un lavoro come questo, che è meno impetuoso del precedente (se ne sente però l’eco nella sferragliante “Soft Seasons” e nella lunga, anche troppo, tirata elettrica di “Gold Teeth”), che lavora di fino. Non potrebbe essere altrimenti, la Leigh ha messo a punto una formula tutta sua che, evidentemente, vuole portare avanti.

Da ascoltare con attenzione e a piccole dosi, ma le sensazioni rimarranno sempre di stupore e ammirazione.