HARRGA, di ferite e avventure al confine

HARRGA

Vi presentiamo un’altra interessante proposta dell’etichetta inglese Avon Terror Corps. Dopo la rivelazione Kinlaw & Franco Franco, è la volta di questo duo che siamo certi apprezzerete. Gli HARRGA, cioè Dali de Saint Paul e Miguel Prado, si muovono tra terrorismo sonoro, immigrazione e integrazione, questi ultimi due argomenti molto caldi di questi tempi. Buona lettura.

Dali e Miguel, per iniziare la nostra chiacchierata pongo subito una domanda inconsueta: siete mai stati coinvolti in prima persona in problemi legati all’immigrazione? Dall’energia e dalla determinazione feroce con cui trattate queste tematiche sembra proprio che siano cose che avete vissuto sulla vostra pelle. O questo disco è ispirato da altre storie ordinarie di immigrazione, specialmente tra Africa ed Europa (Italia/Spagna/Francia…)?

HARRGA: Noi due siamo migranti da Paesi Europei come professionisti nel nostro lavoro, ma in questo periodo storico tra i vari popoli c’è una diffusa e comune tendenza a mettere dei paletti tra la propria condizione sociale e quella di altri popoli e nazioni, come a difendere il proprio orticello senza curarsi del fatto se la cosa produca disuguaglianze per gli altri. C’è un radicale cambiamento della rappresentazione delle realtà politiche in atto oggi, quindi è molto importante per noi capire queste cose per poi trasformarle in arte, nella nostra espressione artistica.

Perché avete deciso di fare un disco come questo, ora? C’è qualcosa di particolare che vi ha colpito qui in UK nella gestione degli immigrati e dei rifugiati? O molto è dipeso anche dall’esperienza di Dali col progetto EP/64, che l’ha resa conscia di poter fare un disco simile e di poterlo eseguire poi dal vivo, con tutta la sua tipica potenza ed energia?

HARRGA: Ci siamo incontrati nel 2016, abbiamo girovagato per un po’, poi abbiamo deciso di fare musica insieme. Ci viene naturale e inevitabile osservare quello che accade attorno a noi, ovunque ci troviamo. Siamo particolarmente colpiti dagli sviluppi presenti e dalle previsioni sui flussi dei rifugiati, ci sono molte, troppe cose che non vanno specie a livello umano, e in musica esprimiamo anche la nostra rabbia ed impotenza a riguardo.

Dali: Non so se la nostra musica sia legata a EP/64, e neppure al progetto personale di Miguel, Nzumbe. L’approccio è molto diverso da EP/64, che è completamente improvvisato, qui invece scriviamo musica e testi. Con EP/64 (che ha aperto il live di Charles Hayward e Keiji Haino, mica bruscolini, ndr) colleghiamo i cavi e i fili all’impianto e via, si suona, siamo al live numero 50 e quindi ne mancano 14 alla fine del progetto, perché 64 sta proprio per numero dei live che faremo. In HARRGA ci può essere una parte di improvvisazione ma legata solamente a una particolare circostanza dovuta al luogo del nostro live. Penso che Miguel, vedendomi esibire come EP/64, sia rimasto impressionato dalla mia energia e dalla presenza scenica. Sono una professoressa che insegna all’Università a Bristol e una donna che prima di arrivare qua ha sempre cantato solo nella sua cameretta, ma nella musica e con la musica mi trasformo, ho sviluppato un’elevata capacità di ascolto, anche grazie ad altri miei progetti musicali. HARRGA è il frutto della nostra collaborazione, la nostra risposta corposa e complessa a questa situazione e gestione politica vergognose.

Dali, penso che tu ora sia un po’ la Meira Asher di Bristol. C’è qualche artista che ti ha veramente ispirato e che lo fa tuttora?

Dali: Guarda, tu non ci crederai ma non sapevo neanche chi fosse Meira Asher! Grazie Diego per avermela fatta conoscere, e per paragonarla a me. Sono molto impressionata da lei e dai suoi lavori, per esempio stavo ascoltando “Fearless Radio” ed è un pezzo fantastico! Mi piace insomma ascoltare un po’ di tutto, ma alcune voci femminili le sento più mie, tipo Oum Kalthoum, Sidsel Endressen, Catherine Ribeiro… in questo momento l’ascolto di Agnes Hvizdalek mi sta aprendo nuovi orizzonti!

Miguel, dopo le tue collaborazioni con Michael Pisaro e altri studi sulla voce, stai lavorando anche allo sviluppo di software musicali e come programmatore, giusto? O questo è un lato della musica che non t’interessa?

Miguel: Attualmente no, sono concentrato sulla composizione musicale e sull’audio-synthesis, ma la mia conoscenza come sviluppatore è pressoché nulla. Sono solito usare un sacco di hardware, e tecniche che sono impossibili da riproporre nei live. Uso il mio laptop in un modo che ricorda la musica acusmatica.

Pensate di usare HARRGA non solo come progetto musicale ma anche come supporto per iniziative popolari e politiche? Tipo in serate di raccolta fondi a supporto dei rifugiati o contro il governo? O volete restare sempre nell’ambito musicale dei live organizzati dalla crew Avon Terror Corps, da cui siete nati e prodotti?

HARRGA: La propaganda è un teatrino da quattro soldi. La propaganda spinge e forza una sintesi e una percezione dell’informazione fatte su misura dalla politica per l’immagine che la politica vuole dare al popolo; per sua natura la propaganda è fortemente parziale. La musica a contatto con la cultura popolare ha da sempre questa pessima caratteristica di diventare una disciplina artistica che ha bisogno di giustificare se stessa ogni volta che ha a che fare con i politici. È difficile immaginare Goya in una condizione psicologica simile dopo aver dipinto “Il 3 maggio 1808” (il giorno più importante della Resistenza spagnola contro Napoleone, ndr). Noi non siamo un team di esperti, né un’organizzazione politica, tantomeno un’organizzazione umanitaria o di volontariato. Non c’è nessuna propaganda dietro HARRGA. Héroïques Animaux De La Misère è un disco che tratta poeticamente e concettualmente il problema della gestione dei migranti. Noi meditiamo sul presente. Tuttavia, ad esempio, noi domattina potremmo benissimo cominciare a scrivere pezzi sulla privatizzazione degli spazi comuni vecchi e nuovi, e nella stessa maniera con cui Goya si mosse dal trattare gli orrori della guerra e della stregoneria.

HARRGA, Héroïques Animaux De La Misère

HARRGA live

Più i tempi sono duri e più Bristol risponde con dischi durissimi. Héroïques… è probabilmente l’album più politico del 2019, eppure non c’è un solo accenno, né riferimento a un nome o a una corrente politica. Perché la politica siamo sempre e solo noi. Qui troverete parole sputate in faccia, suoni che entrano nelle carni, parole che si divorano suoni, suoni che annullano le parole con violenza e realismo, tra danze di morte e di mare, che chiedono ponti e non soccorsi precari. Il nome del gruppo indica un tipo di ferita, una bruciatura, e in slang sta a significare anche la “procedura” con la quale i migranti bruciano i loro documenti prima di presentarsi alle porte delle terre promesse. Ma agli HARRGA interessa molto di più la tematica dei diritti umani e dei rifugiati.

È un girone infernale in otto tappe il loro esordio, che inizia con sole voci di migranti da una città estrema e simbolo di quest’epoca, Melilla, che è un po’ la corrispondente spagnola di Lampedusa, mentre la cantante Dali urla con veemenza “boza!”, che per gli africani arrivati a Melilla è un inno di vittoria, dove vittoria è nello stesso tempo la cancellazione di ogni traccia del proprio passato (la “bruciatura” che intendono appunto Dali e Miguel) e la ripartenza da zero, in nome della libertà e dei diritti umani. Il vostro scrivano preferito non vi annoierà con analisi e riflessioni socio-politiche personali, non ho votato per decenni e quando mi sono deciso a tornare al voto ho sempre scelto con perizia quel tale o partito che mi sapeva prendere per il culo meglio degli altri in quel momento. È una forma d’arte pure quella, no? Quindi ho votato un po’ per tutti, e senza alcun tornaconto personale, e quel paio di volte che mi hanno chiesto di entrare in politica ho reagito come se mi proponessero di indossare una maglietta del Milan.

Dali è una donna molto dolce e sorridente: anche quando fa training autogeno sul palco prima di partire con la sua prima staffilata, cerca con lo sguardo noi suoi amici di birrate e di concerti, e ci fa un sorrisone che è meglio di un abbraccio e di una mano tesa a farci salire sul suo ottovolante. Il live di lancio del progetto HARRGA non ha bisogno di visuals, così come accade in quelli degli EP/64. Neppure in quella magica sera invernale dell’esibizione bristoliana di Moor Mother preceduta proprio dai due EP/64 si avvertiva la necessità di supporti AV, Moor Mother ci aveva stecchiti tutti con la sua presenza carismatica e la sua voce. Il featuring proprio di Moor Mother nell’ottava e ultima traccia è la firma e la vittoria della poesia su ogni miseria umana, la bandiera da sventolare più in alto del resto. Dali regge magnificamente il duetto con la super-poetessa e nel disco fa tutto un percorso in crescendo sia a livello di testi, sia di tensione e pathos, e si lascia guidare e anche affrontare a muso duro dai drone che Miguel piazza per montare e smontare tutto: un istante siamo sul deserto con le carovane dei nomadi narrate in “Desert Song”, un attimo dopo siamo in apnea e in piena burrasca sotto le bordate di “La Mer”, mentre Dali declama questo odiato e odioso Mar Mediterraneo separa e scombina le nostre vite / solo un mare da attraversare prima della libertà / ho occhi solo per vedere la riva laggiù.

E tutto questo succede perché dei soldati sono venuti a bussare alle nostre porte / all’inizio non capivamo perché / si sono messi a chiederci i nostri documenti / alla radio non parlavano di questo / alla tivù silenzio totale / poi arrivava il silenzio della sera / con la nostra paura e la vostra indifferenza!, come urla Dali in “War”. Cosa resta a questi “eroici animali della miseria” se non rifiutare tutto questo e alimentare il fuoco della notte, finché questo fuoco non brucerà anche loro? Héroïques Animaux De La Misère è un disco che non lascia cenere, ma solo fuoco vivo, ad ogni ascolto sempre di più.