HARLEY FLANAGAN

foto di Miguel de Melo

Parlare di Harley Flanagan, bassista e fondatore dei Cro-Mags, è come aprire il vaso di Pandora: difficile trovare nell’intera scena hardcore un personaggio al contempo così ricco di storia e controverso, amato e venerato da molti ma altrettanto discusso da chi non ne apprezza l’approccio irruente e privo di mezze misure. Ha conosciuto tutti quelli che contano nella storia della cultura popolare moderna, da Warhol ai Clash, da Bowie a Lemmy. È stato punk, skin, hardcore, tossico, ha conosciuto il carcere e le palestre di Jiu Jitsu brasiliano, arte marziale che ora insegna. Insomma, sia come sia, di cose da raccontare ne ha davvero molte e sembra ancora lontano dall’essere incanalato sul viale dei ricordi. Di recente ha pubblicato un libro (La Mia Vita Hard-core – Punk, Skin E Altre Storie di New York City) in cui fa il riassunto di tutto questo e molto altro ancora. Noi lo abbiamo raggiunto e vi offriamo questa chiacchierata come antipasto della data che terrà a Milano il nove di questo mese.

Ciao, questa è la nostra seconda intervista, la prima è avvenuta ai tempi di MySpace, quando ti ho mandato un messaggio e la tua replica immediata è stata: “manda pure le domande”. Una buona risposta a chi ti vede come qualcuno cui è difficile avvicinarsi. Direi che, al netto di tutto, ci siano anche alcune incomprensioni e pregiudizi circa la tua persona. Mi sbaglio?

Harley Flanagan: Ce ne sono vari.

Come riesci ogni volta a ricominciare senza perdere la voglia di combattere?

Credo che dipenda dal fatto che arrendersi non rientra nella mia natura.

Il tour, i dischi, il libro, gli sport, ancora una volta sei saldo al comando della tua vita e intenzionato a prenderti quanto ti spetta. Cosa ti manca ancora?

Al momento sono abbastanza contento di come vanno le cose e del punto che ho raggiunto nella mia vita, contento ma non pigro o compiacente. Sono ancora eccitato dal futuro e dalle possibilità che ho davanti.

foto di Alexander Hallag

Se non mi sbaglio, hai cominciato a buttar giù i tuoi ricordi pensando ad una sorta di testamento. Poi, ancora una volta, la tua vita è cambiata in meglio e hai deciso di farne un libro. Quali eventi hanno dato il via a questo periodo positivo?

I peggiori eventi nella mia vita lo hanno reso possibile: sono stato tradito dagli amici, imbrogliato dal mio vecchio cantante, aggredito, accoltellato, arrestato, i miei figli mi sono stati sottratti dalla mia ex moglie dopo che mi ha ingannato. La mia vita era al suo punto più basso, stavo a Ryker’s Island con davanti dai due ai dodici anni di prigione perché alcune persone hanno mentito e affermato che li avevo aggrediti quando in realtà volevo far solo pace. Stavo combattendo  per la mia libertà in tribunale, per i miei figli in un altro tribunale e a mia madre è stato diagnosticato un cancro che l’ha uccisa dopo un anno. Tutte le cose peggiori in una volta sola. Tutte queste cose che avrebbero potuto piegarmi e distruggermi in realtà hanno soffiato nuova linfa vitale in me, rendendomi una persona più forte e, ora, mi trovo nel momento migliore di sempre.

Il libro rappresenta un ritratto tanto affascinante quanto crudo della tua vita, senza tentativi di renderlo meno violento o di nascondere i tuoi errori, tanto meno di nascondere il tuo punto di vista schietto sulle vicissitudini affrontate o sulle persone incontrate. Ti è mai capitato di pensare: questo è meglio non dirlo o la gente non ci crederà?

Non mi interessa poi molto se la gente ci crede o meno, so che è la verità come lo sanno molte persone. Se ho lasciato fuori delle cose, è solo perché puoi raccontare una certa quantità di violenza, sesso e droga prima che diventi noioso e ridondante. Se ho lasciato fuori qualcosa è perché l’ho ritenuto non interessante. Oltretutto, chi ci è passato sa bene quanto sudicio il tutto possa diventare, per cui non vedo perché aggiungere ulteriori dettagli. Non ho bisogno di descrivere tutti gli aspetti del farsi o dello spaccare la faccia a qualcuno ancora e ancora. Credo che la gente abbia già capito il punto, per cui puoi scrivere solo un tot di pagine, altrimenti ne sarebbero servite almeno mille.

foto di Frank White

Ero al tuo concerto a Venezia durante il VEHC ed è stato grandioso, la gente è andata fuori di testa e ha cantata ogni brano. Quali sono le sensazioni che provi di fronte ad una tale reazione, specialmente da parte dei più giovani?

Lo amo, è un’esperienza grandiosa e mi colpisce molto che dopo tutti questi anni la mia musica abbia sempre lo stesso effetto sulla gente. Sono onorato e grato, è un enorme onore essere parte della vita di queste persone con la mia musica.

Hai anche passato l’intera giornata a parlare e farti fotografare con i tuoi fan. Come hai vissuto questa febbre del “selfie con Harley”? Direi una cosa abbastanza differente se paragonata all’approccio vecchia scuola degli Ottanta?

Sono colpito che questo significhi qualcosa per loro e che ciò che faccio sia entrato nella loro vita come colonna sonora. Se passare due minuti insieme ha per loro un qualche valore, allora è il minimo che possa fare. So quanto ne ha avuto per me incontrare i Clash e molti altri, mi hanno sempre trattato con rispetto e come un amico, non come una groupie o un bimbo scemo. Questo conta molto per me ed è anche il mio lavoro. Questo è il punk-rock, non è qualche cazzata da rock star.

Di sicuro sei stato uno dei prime-movers della scena hardcore, chi sono per te gli altri cavalieri di questa tavola rotonda? 

Non so bene chi tu credi debba esserci seduto a questa tavola. Se pensi a gente come Ian McKaye, Henry Rollins, Keith Morris, Bad Brains, Misfits e così via, la risposta è sì e ce ne sono molti altri. Se pensi a Sick Of it All o Madball, la risposta allora è negativa. So chi sono i miei pari e sono i punk vecchia scuola e la prima generazione hc. Ma rispetto e sono onorato dal fatto ci siano nuove band che tengono vivo quello spirito.

Non possiamo lasciar stare l’argomento senza nominare i Bad Brains ti va di spendere due parole su questa band oltre che tuoi amici?

Li amo come band e come persone, sono la mia famiglia allargata e sempre lo saranno. Hanno frequentato la casa dei miei nonni e di mia madre, sono famiglia. Li amo.

Come spieghi nel libro, la famiglia Gracie ti ha aiutato molto a ottenere ancora una volta il controllo completo sulla tua vita. Cosa ti ha attratto nel loro uso delle arti marziali e come ti sei trovato a dover affrontare la dura disciplina necessaria per praticarle?

L’U.F.C. 1 e 2 (Ultimate Fighting Championship) mi hanno trasportato nel mondo del Jiu Jitsu brasiliano. Sono sempre stato un combattente, ma non avevo mai visto nulla di simile e sapevo che avrei voluto impararlo nel modo giusto. Vedere Royce sconfiggere avversari più grandi e grossi usando leve e prese mi ha completamente fatto impazzire. Ho sostenuto molti più combattimenti di quanti ne possa ricordare, ma non avevo mai visto questo tipo di tecniche. Così ho deciso che, se mai ne avessi avuto opportunità, avrei voluto imparare questa magnifica arte dai Gracie. Ho iniziato a informarmi e sono stato fortunato perché il maestro Renzo Gracie si è trasferito a New York. Questo ha cambiato la mia vita più di quanto possa spiegare. La vita dura non è nulla di nuovo per me, né lo è il combattere, la disciplina è invece venuta dall’amore per questa arte.

Possiamo considerare il libro come un esempio/guida per chi vuole uscire dai guai e cerca un nuovo inizio? Hai mai pensato, mentre lo scrivevi, che potesse diventare un esempio?

Non era la mia idea, volevo solo scrivere una storia. Ma se può avere questo effetto, allora mi fa piacere di poter influenzare in modo positivo anziché negativo gli altri.

Cosa è rimasto, per te, della vecchia scena hardcore oggi? Cosa è migliorato e cosa ormai perso?

Non so molto dell’hardcore di oggi, a parte ciò che vedo ai miei concerti. Non è andato perso, ma è cambiato. Del resto, tutto cambia. Però, mi ripeto, da quello che vedo non è andato perduto. La gente ha sempre bisogno di una valvola di sfogo, di sentire l’energia. Mi fa solo molto piacere e mi impressiona che sia ancora vitale ciò che abbiamo creato così tanto tempo fa. È meraviglioso far parte di questa storia.

Prossimi progetti? Che piani hai per il futuro?

Il solito, vivere la vita, apprezzare il fatto di essere ancora vivo e tirarne fuori quanto più posso. Sono stato chiuso in studio a registrare dei nuovi brani, ho suonato molti concerti. Sto viaggiando, insegno Jiu-Jitsu, il che è una cosa meravigliosa. Ci sono alcune persone che vorrebbero fare del mio libro un film e altre che vorrebbero farne una serie TV, vedremo come queste cose si svilupperanno. Sarà anche trasformato in una graphic novel che uscirà l’anno prossimo. Come dicevo, sono sempre in studio a lavorare su nuova musica e prepararmi per i prossimi tour.

foto di Bruce Rhodes
foto di Marcia Resnick