GOG, S/t

GOG

Parlando di Gog, quelle enciclopedie viventi di Aquarius avevano usato il termine avant heaviness. Ciò che Mike Bjella cerca di fare, in buona sostanza, è trovare il modo di far dire ancora qualcosa a quel non-genere nel quale si vedono varie declinazioni di metal estremo, industrial e ambient confluire in (e scorrere come) un unico fiume. Sono in molti – e autorevoli, scrivevo – ad amare il lavoro di Mike, che qui torna a collaborare col batterista Josh Bodnar. In tracce come “Before You Go We’d Love To Tear You To Fucking Pieces” l’accoppiata sembra funzionare e Gog, complice anche la presenza del basso, diventa quasi una band sludge/noise basata sulla reiterazione ossessiva delle stesse frasi, tipo la roba su Riot Season. Si rivela vincente anche l’idea di coinvolgere Francesca/Architeuthis Rex in un brano cangiante, che comincia diafano e termina con un’esplosione quasi black metal, sul genere di quelle dei Locrian, gruppo che ha più di qualcosa in comune col progetto di Mike. In episodi come “First Night After Death”, invece, i colpi e il ritmo di Bodnar sono molto blandi e l’utilizzo del pianoforte trasforma il tutto in un malinconico, ma scontato, modo di chiudere il disco. Come già per Ironworks, comunque, il problema qui non è la qualità della proposta, piuttosto l’inflazione che ha colpito questi suoni. Al momento, però, la rete se ne frega e sta promuovendo a pieni voti l’album.