GNOD, Mirror

GNOD, Mirror

Charles Hayward, batterista dei This Heat, ha detto del gruppo (mi sono permesso di catturare una sua considerazione contenuta in un filmato pubblicato sul noto social): Love them, the way they constantly change and grow but are always GNOD. This clip is them making something else again, love the two drummers, brutal and then down to a whisper. L’endorsement è di quelli prestigiosi, nonostante questo va però sottolineato che Mirror non dà la sensazione di album che cerca di portare più in avanti il discorso o di deviarlo infarcendolo di “trappole”, come sono soliti fare (succedeva nell’ultimo Infinity Machines). Semplicemente, come già testato dal vivo lo scorso anno, ai ragazzi di Salford ora preme forse lavorare sulla materia rendendola ancor più intoccabile e grezza del consueto, meno “liquida” e psichedelica insomma. Non vi nego che in alcune trame ci ho sentito i Fudge Tunnel per dire, in versione certamente più slabbrata (la lunga corsa finale di “Sodom & Gomorrah”) e poco facile da addomesticare (non lo era nememno il suono del gruppo di Alex Newport), come nel crescendo inesorabile della title-track (con le fangose note di basso ad accompagnare un testo a suo modo poetico e politico) o nelle asfissianti spirali di “Learn To Forgive”, pezzo che è sofferenza pura, sempre sul punto di collassare. Chiude una versione remix di “Mirror”, che cerca di dare maggiore respiro alle chitarre allungandone la eco, in pratica dub vero e proprio (anche metafora dello specchio, come da titolo). Chissà che non sia preludio a un più deciso cambiamento per la band. Intanto Mirror è (solo) una conferma della loro ormai consolidata proposta.