GIOVENTÙ BRUCIATA, Quartered

Grazie di cuore a Roberto Perciballi, che è stato il primo a voler realizzare questo disco con noi, contribuendo in modo fondamentale al testo di “IX° Cerchio” e registrando una prima versione di “Mandamento” nel suo studio di Lanuvio (RM)

Potremmo chiudere qui la recensione (fuori tempo massimo) dell’ultimo 7” dei Gioventù Bruciata, con questa dimostrazione di affetto e amicizia che fotografa il profondo legame umano, caratteriale e – perché no? – musicale tra la band di Formia e il padre nobile del punk romano, a partire dal nome preso a prestito proprio dai Bloody Riot. Nati a metà anni Novanta e scioltisi una decina di anni dopo, i Gioventù Bruciata si sono ritrovati nel 2013 quando Simone, il cantante, e Visper, il chitarrista, hanno deciso di tornare a far danni con una nuova sezione ritmica, pubblicando nel 2014 un disco il cui titolo era semplicemente Gioventù Bruciata. Per chi se lo fosse perso, conteneva i brani di Reazione Violenta (riarrangiati) e altro materiale rimasto nel cassetto o incompiuto, per un totale di sedici pezzi. Insomma: quello che avrebbe potuto essere un testamento è diventato un nuovo punto di partenza, uscito tra l’altro per una cordata di etichette che valgono più di un avallo in banca (almeno dalle nostre parti): Hellnation, Lamette Records, Anfibio Records, Brigadisco Records, Velen(A) D.I.Y., Deny Everything Distro, Alda Teodorani Catrecords. Arriviamo così al 2019 e alla pubblicazione di questo 7”: quattro brani che ribadiscono il carattere insofferente alle definizioni della formazione, dato che quello che propone è un suono figlio dell’indole iconoclasta cara ai Bloody Riot, un hardcore punk cantato in italiano e distante da standard e scene specifiche, proprio come lo era la musica dei romani. In più, dalla loro i Gioventù Bruciata di oggi ci mettono un retrogusto crossover fatto di chitarre taglienti e riff macinati come non ci fosse un domani, così da donare un mood particolare e rimandare a quel momento in cui a metà Ottanta si sperimentavano le prime contaminazioni tra scena punk e metal (cfr. l’apertura con l’incredibile “Quartered”). Quattro pezzi veloci, ritmati, anthemici, urticanti, con dalla loro gli ingredienti giusti per offrire all’ascoltatore un menù genuino e ben lontano da ogni tentazione fighetta o à la page: anche i testi lasciano il segno e non si limitano ai soliti slogan infarciti di luoghi comuni, tutto quindi concorre a donare la giusta spinta a un disco che, a partire dall’illustrazione in copertina, fa centro e lascia con la voglia di ascoltarlo ancora. E ora, smettete di leggere e ripetete con loro: “Merda per me, quartered to death”.