GIOVANNI LAMI, Eikon

La disgregazione del suono, la caducità della materia e il suo legame con la memoria sono invarianti della ricerca artistica di Giovanni Lami, elementi fondativi di una pratica che si allontana dalla musica tout court per farsi pura esperienza sensoriale. Sono diversi gli itinerari plasmati assecondando tali dettami e ad essi resta fedele Eikon, nuovo lavoro che vede tornare il sound artist ravennate su Kohlhaas.

Costruite a partire da una serie di registrazioni di violoncello, accuratamente sezionate, manipolate e rimontate, le quattro composizioni che strutturano l’album disegnano un paesaggio elettroacustico ribollente, marcatamente materico, modulato da eventi sonori che intersecano il flusso diluito estratto dalle fonti. Il tutto definisce traiettorie narrative pervase da mistero, costellate da frequenze granulose ed echi sinistri, generando un insieme sospeso tra ambient e sonorizzazione per immagini.

All’interno di questa pasta sonora le scorie melodiche assumono valenza hauntologica, perfettamente combinata a suoni trovati – trattati come incidentali – e field recordings, dando forma a derive immersive che connettono l’azione presente con un passato in lento dissolvimento. Un processo dagli esiti convincenti, maggiormente affine alla pratica compositiva di Valerio Tricoli piuttosto che alle disintegrazioni progressive di Basinski, capace di dischiudere scenari evocativi in equilibrio tra scrittura ed improvvisazione.