GERMAN ARMY

German Army

I German Army mi hanno da subito colpito per la capacità di evocare viaggi quasi impossibili e per la mole di edizioni, in cassetta e per le etichette più svariate, ne cito solo alcune: Opal Tapes, Chondritic Sound, Beläten. Va da sé che stiamo parlando di una maniera particolare di concepire la propria musica, non è un caso che la Yerevan Tapes si sia interessata a loro ed abbia già pubblicato un paio di cose. Altri elementi stimolanti: il fatto che sono persone che ci raccontano di quanto dura possa essere una vita normale, occupata da lavori massacranti e la capacità critica nel farci scoprire scene ultra-underground delle quali fino ad ora non avevamo testimonianze. Insomma, in quest’intervista a cuore aperto i ragazzi un po’ si rivelano, nonostante l’uso delle sole iniziali e la concessione di un paio di foto altrettanto enigmatiche, ma adatte nel farci entrare in un “altro mondo naturale”.

L’ultimo album per Yerevan Tapes mi ha colpito per la vostra forte abilità nel mescolare stili ed influenze, ma so che questo è un po’ il vostro trademark. Come riuscite ad amministrarle? Non dev’essere semplice…

PK: Ho speso larga parte della mia vita studiando Antropologia e Geografia. Passare tanto tempo a leggere degli altri mi spinge a cercare di catturare tutto ciò che mi interessa. La musica è la documentazione del desiderio di fuggire dalla mia personale routine e le parole, i titoli e le immagini documentano quello che io trovo essere degli aspetti unici di un pianeta che al contrario a volte produce solo conformità o individualismi dannosi. Quindi sì, non sorprende che possa non essere un compito facile e divertente.

Siete un duo, giusto? E qual è il vostro background musicale?

PK: Sì, siamo in larga parte un duo. Entrambi abbiamo collezionato e suonato musica per una grossa fetta della nostra vita. Ho incontrato GT oltre dieci anni fa quando era solo un ragazzo. È venuto fuori che voleva ascoltare i vari progetti che avevo fatto e poi abbiamo incominciato un’amicizia che abbiamo coltivato per unire i nostri rispettivi background.

GT: C’era stato a un certo punto un periodo nel quale vedevo PK a quasi tutti gli show ai quali andavo. Ci furono brevi chiacchierate qua e là, ma niente di troppo formale. Alla fine siamo partiti a parlare di musica sperimentale – qualcosa per la quale entrambi abbiamo una forte passione – e l’idea di provare a registrare qualcosa si è formata naturalmente.

PK: Ultimamente – mi sembra che stia diventando vecchio molto prima di quanto voglia – ho realizzato che probabilmente i German Army sono il miglior progetto che ho fatto finora. Ho speso tanto tempo a suonare in live-band e a fare show in giro per gli Stati Uniti, fino al giorno che mi ha colpito il fatto che in realtà ciò mi aveva reso infelice. Ho deciso quindi, circa cinque anni fa, di “rifiutare” il mio background ed è stata la scelta giusta.

Avete ancora intenzione di continuare a pubblicare numerose uscite, anche più di una all’anno? Da dove nasce questa sorta di “bulimia artistica”?

PK: Lavorare a San Bernardino è una faccenda estremamente estenuante dal punto di vista emotivo. È una città deprimente e ho un disperato bisogno di distrarmi dal mio lavoro nel modo più sicuro possibile. Forzo me stesso e mi metto giù a creare canzoni nuove, anche se non voglio farlo. Se GT non è vicino ad aiutarmi, continuo ad andare avanti su un progetto fino a quando non sono soddisfatto. L’escapismo crea questa “bulimia artistica”.

GT: Il processo di registrazione è diventato come una sorta di rituale. Ci troviamo insieme in studio, discutiamo i progetti su cui abbiamo bisogno di lavorare e allora passiamo alla scrittura e alla produzione per parecchie ore. Ci sono un’intensità e un impulso ad avviare questo processo che né l’uno né l’altro possiamo veramente spiegare. Noi abbiamo solo bisogno di continuare a creare.

Come vi vedete in mezzo a quel mare-magnum che è, per me, l’underground americano? È un mercato enorme (e un macro-genere) nel quale non è facile districarsi. Avete band ed etichette di riferimento? Chi seguite in particolare?

PK: A mio parere l’underground americano è rappresentato al meglio dai molti podcast che attualmente cercano “fuori” e rischiano su un nuovo tipo di musiche sperimentali. Penso a Free Form Freakout, Tabs Out, Words On Sounds e Norelco Mori. Le college-radio sono praticamente la copia-carbone delle chart della CMJ e la musica dal vivo ora è controllata da festival e agenzie di booking.

GT: C’è un certo romanticismo su questo underground che è più l’esistenza di una percezione che una realtà. La fredda, dura verità è che c’è la vecchia guardia e poi la nuova che si infiltra. Le vere scene underground non sono molto visibili, tendono ad essere in larga parte “pure”. Su questo punto posti come la San Gabriel Valley, Inland Empire e San Bernardino sono pieni di talenti incredibili.

Parliamo del rapporto con l’italiana Yerevan Tapes. È partito con Millerite Masai, giusto?

PK: Preferisco seguire le tracce delle etichette piuttosto che lavorare sempre con chi mi contatta. Yerevan aveva un immaginario autentico che mi ha immediatamente attirato, e mi sono innamorato del suo nome. Ho sempre voluto vedere l’Armenia e la Georgia. Forse un giorno GT ed io le vedremo entrambi. GT è armeno e questo è anche un altro piccolo fattore.

German Army

Mi pare di capire che siete dei gran viaggiatori, che amano anche fare citazioni esotiche nelle cassette e nelle etichette scelte (l’ho notato dalla vostra pagina Discogs).

PK: Il viaggio è ciò che mi fa guardare avanti. Spero solo di avere il tempo e la salute di vedere un centesimo di ciò che vorrei vedere. L’Africa è ancora fisicamente intoccabile per me, benché sia abbastanza fortunato da poter lavorare con una label che ha sede nella Guinea Equatoriale. Se potessi vorrei vedere Capo Verde e São Tomé.

GT: PK ed io vorremmo pianificare un grande viaggio almeno una volta all’anno. Di solito guidiamo nel profondo del deserto o in qualche area geologica “ultraterrena” e passiamo parecchi giorni nell’esplorazione. In un certo modo questo ha avuto grande influenza sulla musica.

In generale amate il formato cassetta, ma avete anche pubblicato in lp. Perché queste scelte così particolari?

PK: Le cassette ti danno la piena libertà di sperimentare con tutti i tipi di suono. Ogni visione può essere un tentativo e il fallimento non è un problema. Il formato lp è per un album più progettato, di cui tu speri la gente compri copie a sufficienza, in modo da ripagare quell’etichetta che si è presa il rischio di spesa con la tua musica. La sperimentazione risiede decisamente ancora nel formato lp, ma è più avvicinata al format di ciò che tu pensi possa catturare le orecchie delle persone.

GT: Le cassette ci danno molta libertà e il prodotto è molto più istantaneo. Tu puoi duplicare cento cassette in una sera, mentre una registrazione in vinile ti prende mesi solo per ottenere un test pressing. La cassetta è più un processo di liberazione. L’lp è meraviglioso, certo, ma il processo è molto più definito e rigido.

Quali sono gli ultimi trend, nella vostra opinione, che contraddistinguono l’underground di casa vostra in questo periodo?

PK: Non posso parlare di uno specifico “American” underground. Le cose sono cosi connesse tra loro che la cultura delle cassette ora è un affare mondiale. Gli Stati Uniti, comunque, hanno sempre avuto una certa maggior crudezza. Penso che derivi dal fatto che tanti vivono in città che ti mettono alla prova, dove devono lavoro sessanta ore a settimana mentre tentano una carriera musicale.

GT: Per quanto riguarda quello più appetibile commercialmente, è solo una gara di popolarità. È falso.

PK: Penso che quello che GT sta cercando di dire è che siamo troppo impegnati in lavori difficili in città difficili, che non hanno nulla a che fare con la musica. Il risultato di questo è che non abbiamo il tempo di investire in uscite fuori e costruire la nostra popolarità come band, abbiamo solo il tempo per fare musica.

State pianificando delle date in Europa?

PK: Ho intenzione di viaggiare tanto in Europa. Quest’estate per esempio ho intenzione di dirigermi verso le Azzorre dopo aver passato un po’ di tempo a Lisbona. Dipende sempre da quanti soldi posso risparmiare e se non sono bloccato dal lavoro. Voglio ancora disperatamente vedere il resto dei Balcani in un viaggio di ritorno in Slovenia. Se mai dovessi andare a suonare in Europa probabilmente trascorrerei la maggior parte del mio tempo in Spagna e nel resto della parte meridionale del continente. Siccome sono uno cresciuto intorno a deserti e coste, Portogallo, Spagna e Italia e sono luoghi vicini al mio cuore.

GT: Stiamo prendendo in considerazione la cosa.