FORMA, Semblance

I Forma sono bravi, questo è fuori discussione. Semblance prosegue Physicalist, perché anche questa volta il gruppo, la cui musica si basa sui synth, cerca nuove strade suonando piano, flauto, chitarra elettrica, sax (ben integrato in “Three Two”) e percussioni non elettroniche (giocano spesso la carta della poliritmia). Si affaccia sullo scenario pure la voce, nello specifico lo spoken word di “Cut Up”. Volendo fare un complimento grosso, sembra un disco in cui i Kraftwerk a un certo punto si danno il cambio coi Popol Vuh, dando vita a un album solare e sognante, positivo e a suo modo fanciullesco. Oltretutto i Forma, a differenza di molti altri nostalgici simili a loro, sanno essere molto concisi: Semblance dura più o meno trentacinque minuti, sufficienti per dire tutto quello che c’è da sapere, perché sempre di rilettura si tratta, nonostante i tentativi di dare freschezza al tutto.

Nota a margine: a lanciare i Forma nel 2011, attraverso Spectrum Spools, è stato John Elliott degli Emeralds: se di questi prendessimo qualche ritaglio da Does It Look Like I’m Here? (uscito otto anni fa), potremmo infilarlo nei pezzi di Semblance senza che quasi nessuno ci sgami. Non dico tracce intere, ma qualche sezione sì. Forse il revival e il manierismo non sono il male, dato che da altre parti sono tutti contenti di ascoltare un gruppo che fa bene i Sabbath o un altro che fa bene gli Stooges e nessuno dice più o meno niente, però ogni tanto, non sempre, vorrei anche andare avanti.