FONTAINES D.C., Skinty Fia

Velocissimi e sulla bocca di tutti, i Fontaines D.C. sono tornati con un nuovo album sempre su Partisan Records, sempre prodotti da Dan Carey, due anni dopo A Hero’s Death, a sua volta arrivato appena un anno dopo l’esordio Dogrel, mostrando già una crescita compositiva nonché un ampliamento degli orizzonti geografici e di riflesso testuali.

Skinty Fia è sia una conferma, sia una sintesi, perché ribadisce appunto il buono stato di ispirazione del quintetto da Dublin City, trasferitosi nel frattempo a Londra con l’accentuato spaesamento del caso pur mantenendo salde radici e visione d’insieme, e mette assieme le migliori frecce al suo arco, dal legame con il proprio Paese – il titolo gaelico irlandese è traducibile in italiano come la dannazione del cervo, in collegamento all’estinto animale gigante della tradizione locale, ripreso dall’immagine di copertina –  alla miscela tra punk-rock più irruente di Dogrel e songwriting maggiormente ombroso di A Hero’s Death. Inseriti nella ri-ondata post-punk che tanto sta fruttando ultimamente (in questo 2022 ricordiamo per esempio l’apprezzabile esordio degli inglesi Yard Act), Grian Chatten e soci non vogliono comunque saperne di essere inquadrati in un unico genere di riferimento, anche perché attingono in maniera in fondo abbastanza pulita tanto dai Joy Division quanto più che mai dagli Smiths (si senta il giro di basso di “Roman Holiday”), oppure a tratti dagli Interpol. Non c’è originalità, infatti, se ancora qualcuno la va cercando, e se ha un senso cercarla (no). C’è solo una band solida, che confeziona canzoni solide, nelle melodie dei ritornelli spesso reiterativi e nelle intuizioni elettriche sotto controllo, dal decadentismo dell’iniziale “In Ár Gcroíthe Go Deo” – per insistere sulla lingua d’origine – al post-classicismo rock di “Big Shot” e “How Cold Love Is”, sino all’impatto di una title-track screziata di elettronica che svolge lo stesso ruolo di ariete ritmico della vecchia “Televised Mind”. Il singolo apripista “Jackie Down The Line”, invece, è un efficace ma più didascalico biglietto da visita pop. Il mood cupo si accende di rosso con il crooning di “Bloomsday” (Saw the city hall in flames), dalla commemorazione dedicata a Joyce, e con la disillusione dell’espressamente politica “I Love You”. Da mina vagante, da un’isola all’altra, a marchio affidabile.