FLYING DISK, Circling Further Down

Flying-Disk

Che Cuneo sia una provincia rumorosa è ormai dato di fatto: lo sferragliare delle chitarre e la stratificazione di suoni sghembi sembrano trovarsi più a proprio agio in determinati luoghi (vedi pure Jesi, patria tra gli altri di Gerda, Lleroy, Butcher Mind Collapse, Guinea Pig, ANO). Per questo non stupisce scoprire un’altra interessante realtà che si muove in questo territorio e parla il linguaggio noise-rock, ovviamente alla propria maniera, quasi si trattasse di un dialetto locale. Nei Flying Disk sembra infatti avverarsi una sorta di collisione tra differenti idiomi legati in modo inscindibile ai Novanta, vedi appunto noise, ma anche certo postcore di scuola Quicksand/Die 116/Orange 9mm tanto per dire e perché no? – una generosa spruzzata di grunge, il tutto impastato con quel mood tipico di queste parti cui si accennava in apertura, lo stesso che ha portato in dote band quali Dead Elephant, Cani Sciorrì, Treehorn, Dogs For Breakfast, Ruggine e molti altri ancora. Insomma, di ingredienti interessanti ce ne sono quanti ne volete, ma sarebbe un peccato considerare i Flying Disk come un patchwork senza una propria ragion d’essere, visto che proprio la deriva stoner/grunge alimentata sotto la cenere e, a tratti, lasciata divampare in superficie, dona a questi brani un proprio particolare sapore, una sorta di melting pot tra mondi che, non fosse stata per l’esplosione dei Nirvana e la conseguente massificazione della scena di Seattle, si trovavano in realtà ben più vicino di quanto si possa oggi pensare. Basti pensare alla SST, alla Sub Pop, all’amicizia che legava componenti illustri della scena noise newyorkese con i cugini con la camicia di flanella. Nulla di deviante, dunque, quanto un ricucire una trama alla luce di una sensibilità attuale e di una visione a 360°, propria di chi certe cose le ha metabolizzate per bene e non solo in base a qualche bignami dei soliti grossi nomi. Circling Further Down è tutto qui, all’interno di una passione smodata per la musica con cui si è cresciuti e nella voglia di ricambiare quanto ricevuto, senza dover neanche ricorrere all’esterofilia, perché certe cose se sei nato da quelle parti evidentemente le respiri da sempre e te le ritrovi in tasca insieme al plettro con cui seviziare la chitarra. Serve forse aggiungere altro?