FIRE! ORCHESTRA, Arrival

FIRE! ORCHESTRA, Arrival

Aleggia la pace e divampa il fuoco nella musica del collettivo svedese guidato dal sassofonista Mats Gustafsson, autodidatta dal background noise-punk nonché uno dei nomi di punta – dalla carriera trentennale – nel campo dell’improvvisazione e del free-jazz. Gustafsson è uno che vive e suona di estrema libertà e marcati contrasti, che ama sfigurare la tradizione in chiave sperimentale. La Fire! Orchestra da lui condotta – in pratica un’estensione del trio-nucleo Fire! completato da Johan Berthling al (contrab)basso e Andreas Werliin dei Wildbirds & Peacedrums alla batteria e alla produzione – assembla alcuni dei migliori musicisti della scena (ormai non solo) svedese, lasciandoli interpretare istintivamente le proprie parti strumentali.

Questo Arrival, pubblicato al solito da Rune Grammofon, è il quarto album di studio in un’avventura partita dal 2013 di Exit!, accolto ovunque come un capolavoro, e dal 2014 dello speculare Enter, sino allo sciamanico, compatto e circolare, a tratti psichedelico – comunque sia, stupendo – Ritual del 2016. La prima traccia, “(I Am A) Horizon”, parte spalancando dissonanze di quartetto d’archi, per poi introdurre tastiere liquide e il canto portentoso di Mariam Wallentin (attiva anche da solista con l’alias Mariam The Believer) ovverosia l’altra metà del duo Wildbirds & Peacedrums assieme al succitato marito Werliin. Duo che, peraltro, abbina in maniera sopraffina pop-rock e avanguardia, assecondando un minimalismo per melodie e ritmi tanto tribale quanto spirituale. A ulteriore conferma della creatività che si respira in terra scandinava.

Tornando alla Fire! Orchestra, Wallentin contribuisce dunque alle musiche assieme ai tre padroni di casa e si occupa di tutti gli arrangiamenti vocali, oltre che di tutti i testi dei sette brani in scaletta – tre di essi oltrepassano addirittura i dieci giri di orologio – a eccezione della ballad 70’s “Blue Crystal Fire”, scritta dallo sfortunato prog-folker americano Robbie Basho, e della nota “At Last I Am Free” (appartenente agli Chic e coverizzata da Robert Wyatt, stravolta nella resa e curiosamente esplicativa nelle parole). Il suo apporto al microfono è a dir poco decisivo: sentitela cambiare infinite volte registro nel free-form di “Weekends (The Soil Is Calling)”, pezzo segnato dagli onnipresenti fiati e dai continui chiaroscuri, oppure avvicinarsi all’alt-soul quasi rappato nel complesso “Silver Trees”, facendolo suonare alla stessa stregua di un mantra primordiale. L’altra vocalist ad affiancarla è Sofia Jernberg, in una gutturale “danza a due” in “Dressed In Smoke. Blown Away”.

Wallentin mi disse tempo fa che Fire! Orchestra è un grande progetto, che spinge nella direzione di un sentimento comune e dell’importanza di spostare i confini di ciò che si può fare. Gustafsson precisò, invece, che si tratta di un progetto impossibile da un punto di vista logistico ed economico… ma siamo abbastanza stupidi da proseguirlo perché abbiamo bisogno di mostrare che l’impossibile è ancora possibile. Arrival, infatti, è stato registrato come da prassi logistica in pochi giorni, nel corso di settantadue ore a Stoccolma. Ed è l’ennesimo disco di altissima qualità, che ribadisce non a caso la necessità irrefrenabile di lanciarsi “oltre”, sempre, lungo strade inesplorate, nello specifico meglio se virate al noir. Non è un punto di arrivo però, assolutamente no. L’orizzonte di Gustafsson e soci è troppo vasto per essere contenuto in un qualsivoglia tipo di approdo. È immenso.

Tracklist

01. (I Am A) Horizon
02. Weekends (The Soil Is Calling)
03. Blue Crystal Fire
04. Silver Trees
05. Dressed In Smoke. Blown Away
06. (Beneath) The Edge Of Life
07. At Last I Am Free