FABIO PERLETTA, Ichinen

Recupero questo disco di Fabio Perletta, che prosegue il suo percorso assieme alla Line, questa volta da solo, con un album nuovamente legato al Giappone e allo zen. Il punto di partenza sono field recordings raccolti durante un viaggio nel Paese del Sol Levante: legno, metallo, acqua, il tutto poi filtrato e riorganizzato dal software con un approccio riduzionista estremo, che chi già ha ascoltato Perletta riconoscerà subito. E il tipo di suoni di partenza lasciano davvero in qualche modo credere di essere in Estremo Oriente, negli spazi austeri di qualche tempio visto nei film o nei cartoni animati, se proprio qualcuno non è stato lì di persona. Come nel disco predente, quello realizzato con Haruo Okada, gli eventi sembrano accadere nel silenzio e al buio, come se Fabio all’improvviso facesse scorrere su di loro un fascio di luce, lasciandoli apprezzare su sfondo nero nella loro nudità e semplicità, senza nulla intorno a distrarre. Forse, in questo caso, le tracce sono state organizzate in modo che si percepisca qualcosa di rituale nell’insieme, ma potrebbe trattarsi di semplice suggestione, visto il tema dell’album. Ichinen (“singolo pensiero”?) non fa sconti, dura molto: occorre sedersi, indossare le cuffie, escludere il mondo esterno, calmarsi e sperare di cogliere bellezza di un breve gesto, come fosse un’illuminazione. La commistione tra digitale e reale ha il suo fascino, fermo restando che si tratta di un lavoro che predica ai già convertiti.