EYEHATEGOD, Eyehategod

Eyehategod

Quasi quattordici anni sono passati dall’uscita di Confederacy Of Ruined Lives, un’eternità. Allora c’erano più grattacieli e meno figli bastardi di un genere – che chiameremo sludge, benché Mike IX Williams, voce e catarro degli Eyehategod, odi questo termine – che i cinque di New Orleans hanno praticamente fondato. Nel frattempo uno degli uragani più devastanti della storia ha distrutto mezza Louisiana, ci sono state la fame, la droga, la disperazione, la morte (anche quella del batterista e fondatore Joey La Caze, nel 2013) e la rabbia nei confronti di chi manda avanti quell’imponente baraccone in decadenza che sono gli Stati Uniti d’America, ma Eyehategod, questo è anche il nome del disco nuovo, sarebbe potuto benissimo uscire dieci, quindici o vent’anni fa. Nessuno scarto, nessun cedimento, nessuna deviazione dal NOLA-sound che ha fatto gioire intere generazioni di devoti del riffone basso: il suono della palude melmosa è ancora qua, più puzzolente e apocalittico che mai. L’odore è infatti ancora quello che piace all’uomo che non piace, quello di sudore e barba incolta, di canottiera incollata alla pelle e sporcizia, di acquitrino e polvere da sparo, di tabacco economico e bourbon. E, come i distillati più pregiati, anche i cinque della Louisiana migliorano col passare del tempo: se da un lato la furia e la potenza del loro sound sono le stesse del passato, grazie anche alla poderosa produzione dell’amico fraterno Phil Anselmo (il sound dei Pantera più blues’n’roll non è poi così lontano, si ascolti ad esempio la strepitosa “Quitter’s Offensive”), dall’altro lo spettro coperto dai dodici pezzi di Eyehategod sembra essere ancora più ampio di prima, e la melma oscura comincia ad essere screziata da qualche raggio di luce. Le staffilate gonfie di feedback di “Agitation! Propaganda!” e “Framed To The Wall” sono delle schegge che prendono vita dall’hardcore furioso dei Black Flag e dei Discharge, e non sfigurerebbero affatto a fianco delle ultime produzioni Southern Lord, quelle – figlie dei Converge – di gruppi come Black Breath od All Pigs Must Die, ma è ovviamente nelle parti più rallentate che gli Eyehategod rendono al meglio, quello è il loro vero campionato, che funziona secondo le regole che loro stessi hanno contribuito a creare. Hardcore, si diceva, ma in primis blues e southern rock vestiti da combattimento, per una prima parte torrida e fradicia di groove e stop’n’go al rallentatore – la tripletta “Trying To Crack The Hard Dollar”, “Parish Motel Sickness” e la già citata “Quitter’s Offensive” è quanto di meglio sia mai uscito dalle loro chitarre – che nella seconda metà del disco si fa sempre più greve, andando a sbattere dalle parti dei Black Sabbath (“Nobody Told Me”), fino a lambire le sponde del doom con “Robitussin And Rejection” – le scale discendenti che partono a metà pezzo sono quasi insostenibili tanto sono pesanti – e soprattutto con la granitica “Flags And Cities Bound”, sette minuti abbondanti di massicci riff trattenuti, che rievocano le bombe apocalittiche dei dischi precedenti. Questo è un disco che rinasce dalle macerie, dalla rabbia, dalla disperazione e da chi ha avuto la forza di rialzarsi in piedi più vivo e forte che mai; rispetto al passato si potrebbe persino azzardare l’aggettivo “solare”, anche se di fianco al nome Eyehategod diventerebbe automaticamente un ossimoro: al di là delle definizioni, ciò che conta è che questo è uno dei lavori migliori della band, il resto sono solo chiacchiere senza distintivo.

Tracklist

01. Agitation! Propaganda!
02. Trying to Crack the Hard Dollar
03. Parish Motel Sickness
04. Quitter’s Offensive
05. Nobody Told Me
06. Worthless Rescue
07. Framed To The Wall
08. Robitussin And Rejection
09. Flags And Cities Bound
10. Medicine Noose
11. The Age Of Bootcamp