ETERNAL ZIO, S/t

Eternal Zio

Un ibrido a metà strada tra la psichedelia più liquida e le nenie ancestrali dei menestrelli folk d’un tempo, solo da un punto di vista particolarmente stravolto e muto. Questa, in breve, potrebbe essere una prima rapida definizione del lavoro di esordio (dopo il cd-r Vibbria uscito nel 2011) del collettivo milanese composto da Maurizio Abate, Rella The Woodcutter, Raubaus e Valla. Roba che sembra uscita da uno di quegli incontri lisergici che potevano avvenire in una feconda comune hippie (Ca Blasè, dove il disco è stato provato-registrato, pare essere praticamente una cosa simile), per poi esser trasposti live al Parco Lambro. L’influenza più dilatata del folk di Abate si avverte nella seconda traccia (il disco non ha titoli), impegnata a stravolgere una melodia per noi di struggente bellezza (fischi, batteria sorda, un hurdy gurdy). La quarta traccia, invece, risulta più minacciosa, tra echi di Master Musicians Of Bukkake e riti degni di una riserva indiana. Pensate alla scena del peyote in Natural Born Killers di Oliver Stone o a una delle tante folli composizioni per immagini dei film di Alejandro Jodorowsky. Faremmo un torto ai musicisti, però, se circoscrivessimo le cose che fanno a mere pièces che ricordano altro. In questo disco albergano coraggio sincero e voglia di suonare senza troppi lacci ideologici (vedi alla voce drone-folk). Qui la differenza la fanno non solo le rispettive carriere, ma l’insieme delle idee, nate da una radice comune: quella di far volare, letteralmente, il cervello da un’altra parte.