ESTHER LAMNECK – EUGENIO SANNA – ERIC LYON, Stato Liquido

ESTHER LAMNECK - EUGENIO SANNA - ERIC LYON, Stato Liquido

Lo stato liquido è intermedio rispetto al solido e al gassoso: in esso agiscono forze attrattive di entità sufficiente a non consentire la separazione delle molecole, ma insufficiente a bloccarle nelle posizioni fisse del reticolo cristallino tipico di un solido. Proprio a questa condizione di mezzo della materia è dedicato questo disco di improvvisazione che vede coinvolti Esther Lamneck a clarinetto e tarogato (uno strumento noto ai più per far parte dell’arsenale di Peter Brötzmann), Eric Lyon, ai non meglio identificati digital sound worlds, ed Eugenio Sanna, indomito leone della scena radicale di casa nostra, che sin dagli anni ’70 ha fatto il diavolo a quattro per tenere vive le sorti di certa musica in Italia (ha suonato davvero con tantissimi musicisti, per farvi un’idea date un’occhiata a eugeniosanna.it; di suo, dovendo scegliere, consiglio ’ottimo I Segnali Della Ritirata, in trio con Edoardo Ricci e Roger Turner, pubblicato nel 2005 dalla Burp dei grandi Jealousy Party).

È di parecchio tempo fa l’incontro di Sanna con Lamneck, professoressa e direttrice del dipartimento di musica contemporanea presso la New York University, mentre questo disco in trio ha solo un paio di mesi. Gravità cosmiche, entropie biologiche e inesorabili spazi siderali e kubrickiani, un afflato che sta a metà tra contemporanea e prog (“Stato Liquido”), un senso di incombente minaccia che fa pensare proprio a una versione alternativa della colonna sonora di “2001: Odissea nello Spazio”, come un Ligeti che si innamora del catalogo della Cuneiform. Il moto caotico delle molecole cui si accennava prima sembra prendere il sopravvento in “Industry” e sovente altrove (un altrove sempre lontano, difficile da individuare su di una qualsiasi mappa sonora) la forma ancora non è fissa, solidificata, continuano ad agire forze abbastanza potenti da tenere separate le varie entità in campo. A volte il caos prende proprio il sopravvento, ma è un caos fertile, anche se in certi frangenti (“Ri-Costruzione”) forse parzialmente fuori fuoco, e anche i suoni di Lyon non sono sempre così pregnanti e azzeccati (in un contesto del genere sarebbe stato più interessante per chi scrive ascoltare suoni analogici o più ispidi e bruitisti). Psichiatrie, geometrie, deliri e deliqui, rimbrotti, botti e cocci rotti (“Slivers”), bufali verso un precipizio in una vallata che separa le terre di Derek Bailey da quelle di Brotz (“Cross Lines”), stasi attonite, notturne e circospette (“Atanor”, uno degli episodi migliori), salite ripidissime verso luoghi dove l’ossigeno è solo un ricordo (“Meta Cielo”), cadute in mari aperti e temibili, dove si riesce per miracolo a restare in vita nonostante gli squali, le onde gelate, la disidratazione (“Galleggiamenti”): il disco è insomma una sorta di atlante dove ognuno troverà il viaggio che ha dentro e che ha voglia di fare, nel nome della miglior musica creativa, quella più libera ed intransigente. A parere di chi scrive una base ritmica avrebbe forse aiutato il disco a essere più fruibile, ma il punto è che musicisti come i tre coinvolti qui giustamente se ne fottono del fatto che il disco possa essere più o meno accogliente nei confronti di chi ascolta: loro hanno sposato da tempo l’idea della ricerca senza compromessi e vanno avanti per la loro strada, incuranti del resto. Gli enigmatici profili di quello che in un’altra vita si chiamava forse jazz fanno capolino in “Sheer”, mentre in “Jacks” l’ombra sorniona di Bailey annuisce sullo sfondo: è una musica che ti prende per il collo e non ti molla per un secondo, non devi opporre resistenza, ma lasciarti portare, ne varrà la pena, arriverai oltre le nuvole ma non è detto che lì le cose si metteranno necessariamente bene per te (“High Atmosphere”), non c’è scampo da certe follie (le astrazioni ossessive di “Hurdy Gurdy Infranto” che chiudono il lavoro, ricordando certe nevrosi della serie per compositori della Tdazik di John Zorn).

In conclusione, un disco che certo non è per tutti, anzi, ma a quei pochi saprà regalare incubi e versioni bellissime. Andrebbe fatto ascoltare al nido, o ancora meglio in sala parto: questa è la contemporaneità che vi aspetta, bambini, preparatevi.

Tracklist

01. Stato Liquido
02. Industry
03. Ri-Costruzione
04. Slivers
05. Cross Lines
06. Atanor
07. Meta Cielo
08. Galleggiamenti
09. Sheer
10. Jacks
11. High Atmosphere
12. Hurdy Gurdy Infranto