EMPTYSET + CELLULE D’INTERVENTION METAMKINE + SCULPTURE, 4/11/2017

Udine, Teatro Palamostre.

Emptyset

Per chi non lo sapesse, Hybrida è un’associazione di Tarcento (UD) che dall’inizio del secolo organizza eventi di musiche “altre”. Ha permesso al pubblico locale di vedere facilmente tanti artisti e band coi quali non si fa proprio cassa, regalando a tutti belle serate (spesso in posti particolari), bei ricordi e favorendo magari nuove scoperte musicali.

Hybrida organizza due rassegne in modo continuativo: Tarcento Jazz e Free Music Impulse. Quest’anno anche le istituzioni hanno riconosciuto l’importanza del lavoro di questi signori ed ecco che la seconda si è dipanata lungo sei settimane (da fine settembre alla sera finale di cui parlo in questo pezzo) in varie città friulane, austriache e slovene, sempre attestandosi su livelli altissimi: sul cartellone si leggevano i nomi di Ikeda, Jaeger, De Pascalis, Deison, Robedoor, Divus, Lami, Epiro…
Free Music Impulse – un festival di arti elettroniche perché c’è il suono, ma anche la visione – va dappertutto, anche nei centri piccoli dove non succede nulla (o quasi, dato che comunque i friulani si sbattono pure per la cultura),adattandosi a tutti i contesti e proponendo anche workshop e iniziative collaterali, quasi sempre gratuitamente, specie per gli under 25.

Emptyset

Io prendo parte alla serata di chiusura, che offre Emptyset, Cellule D’Intervention Metamkine e Sculpture presso il Teatro Palamostre di Udine (piove sempre a Udine, specie quando ci vado io, ma la cosa questa volta ha dato al tutto un opportuno tiro “Blade Runner”), una struttura facilmente raggiungibile (a Udine, se vuoi arrivare in centro, penso tu abbia due strade, e una di quelle passa per a fianco al teatro) e con le giuste proporzioni per questo tipo di eventi, con un bar molto bello che vorrei vedere più vivo.

Sfortuna vuole che il palco principale presenti problemi di agibilità dell’ultimo secondo (il giorno prima Ikeda ci ha suonato regolarmente) e che quindi venga utilizzata la più piccola sala Carmelo Bene. La capienza, dunque, è ridotta, ma gli artisti si offrono di suonare due set a testa, così da accontentare metà del pubblico presente alle 21 (io partecipo a questa) e l’altra metà alle 23.

Il soffitto basso della sala Carmelo Bene avvantaggia soprattutto gli Emptyset, i quali – accompagnati dalle visuals “analogiche” di Sam Williams, molto essenziali e geometriche, dunque quasi didascaliche – propongono una rivisitazione live del loro ultimo full length Borders (più qualcosa di vecchio), il che significa volume e potenza devastanti, con il suono compresso in questo piccolo ambiente che cerca di trovare spazio distruggendo i corpi dei presenti, tanto che più volte controllo che non mi stia sanguinando il naso. A modo loro James e Paul sono ritmici ed è divertente vedere i più giovani che comunque provano a ballarci su. Assolutamente soddisfacenti, ma – avendo sentito i dischi – non avevo dubbi che live avrebbero vinto facile, ma voglio precisare che partono avvantaggiati perché rientrano molto nei miei gusti personali.

Sculpture

Gli Sculpture, che aprono per gli Emptyset, sono un progetto audiovisivo molto naif e quasi da Istituto d’Arte. Uno dei due proietta delle specie di ritagli che appoggia su di un giradischi in funzione (il gira-dischi che diventa un gira-immagini per accompagnare la performance di un musicista che usa cassette ed effetti per suonare contiene un quantitativo di metafore ingestibile per me), generando filmati psichedelici e animazioni primitive e divertenti. Quest’aspetto arty, unito alle ritmiche sghembe e al rumore strambo e non aggressivo prodotto (non è power electronics, per capirci), porta inevitabilmente a pensare ai Black Dice, quelli da Broken Ear Record in poi. Nulla da dire, anzi…

Cellule D’Intervention Metamkine

In appendice c’è il Collettivo Metamkine, una realtà con una lunga storia alle spalle, che purtroppo non conosco bene. Registro il fatto che anche loro hanno un approccio analogico alla parte visiva, dato che utilizzano spesso in modo improprio specchi deformanti e proiettori usurati (questi veterani della sperimentazione desiderano essere collocati nella tradizione del cosiddetto “cinema espanso”), il che è un punto segnato soprattutto da Hybrida, che ha saputo trovare dei comuni denominatori estetici alla serata, pur offrendo tre set diversissimi tra loro. Oltretutto per due gruppi su 3 il video è parte essenziale quanto l’audio, forse solo gli Emptyset non rientrano in quest’equazione.
La Cellule d’Intervention Metamkine si distingue per una più chiara componente performativa e interdisciplinare, dato ad esempio che uno di loro gira in mezzo al pubblico armato di torce elettriche e altri aggeggi, improvvisando i suoi gesti anche sulla base delle reazioni della gente. Dal punto di vista strettamente sonoro, il set al quale assisto è molto atmosferico, notturno e rarefatto, non di semplice fruizione come ovvio quando si tratta di elettroacustica, mentre dal punto di vista delle immagini mi sembra di essere più di fronte a una videoarte di sicuro effetto lisergico che a “expanded cinema”.

Alla fine, nonostante l’impedimento iniziale, tutti contenti. Se ci fosse una serata così al mese, avrebbero il mio abbonamento.