EDITH FROST, The Space
Non mi importa quanto tempo sia passato, del resto siamo solo una briciola nell’universo. Già, perché è lampante come il canto e la tastiera cristallina della texana Edith Frost siano rivolti a lei e al cosmo intero. Nonostante questo, il messaggio arriva forte e chiaro anche qui, considerando come Edith non apprezzi particolarmente gli arzigogoli: un paio di linee vocali, accompagnamento, qualche ricordo di indie rock e una splendida mezza età come molte ne ho sentite in questi tempi, una alla Mary Timony che su questi ritmi spesso ci ha giocato. Ma l’ossatura di In Space è molto più lineare e minimale: sono per lo più brani che si potrebbero definire spirituals per quanto sono accorati e toccanti, basta ascoltare “A Drag”, che credo abbia capacità curative. In Space è giocato su slanci esterni ed abbracci circoscritti, due poli fra i quali Edith e la sua musica si muovono con ferma onestà e senza il minimo dubbio. Lei se la gioca anche da crooner in “Back Again”, brano che sembra uscito dai più sensuali anni ’70, tra una chitarra assassina e le tastiere che coprono di miele ogni sospiro mentre nega ogni possibile ritorno sentimentale con una classe da brividi. Nella title-track, invece, sembra che stia realmente partendo per lo spazio, all’imbrunire, ascendendo elegantemente circondata da un cono di energia. Questo disco sembra un lungometraggio dei ’60 con pochi fondi per gli effetti speciali e una protagonista che mozza il fiato, riuscendo a disegnare con il suo folk un vero e proprio rituale di contatto fatto solo di luce e di magia. Poi c’è tempo per un brano quasi r’n’r nell’anima, una “Little Sign” che emancipa i fianchi e ha anche una chiusura quasi blues, tutta una bava di tastiera, ormai costante flusso comunicativo di una Edith che canta per strapparci le lacrime. Abbiamo folk rock come avrebbe potuto pensarlo Lou Reed (“The Bastards”) e brani in totale assenza di gravità come una “Bloom”, che sembra prendere slancio da ogni nota. “I Still Love You” è frase da rimandare alla mittente, ringraziandola per quest’album inaspettato e bellissimo, tanto che potremmo tenerlo stretto per due decenni ancora…