DUEL, Witchbanger

La band di Austin (Texas) schiera in formazione due ex Scorpion Child e si dedica completamente al cosiddetto proto-metal settantiano, dal suono alle grafiche, facendo ruggire gli otto anthem di Witchbanger con grinta irresistibile e spedendo l’ascoltatore in un universo parallelo dove le tecniche di registrazione sono rimaste ferme a quel glorioso decennio.

Tutto è eseguito con una tale convinzione e padronanza che il trucco riesce e non si fa fatica ad accettare le regole imposte dai Duel, una vera e propria squadra d’assalto che spinge senza remore sull’acceleratore per rovesciare sui malcapitati una valanga di riff rocciosi venati di blues e di rock’n’roll, senza abbandonare mai la voglia di picchiare duro anche quando le atmosfere si rarefanno e sembra di avvertire l’odore dell’erba che brucia nell’aria. C’è una pulsione psichedelica che si tramuta in cavalcate a briglia sciolta lungo Witchbanger, ma non si perde mai il bandolo della matassa all’interno di un album giocato sull’equilibrio tra potenza e melodia, cori che si imprimono sulla mente (“Astro Gipsy”) e persino qualche venatura southern, perché ciò che resta che alla fine della corsa è la sensazione di un lavoro personale e compatto, fatto per essere ascoltato tutto d’un fiato e privo di un punto debole, a meno che non lo sia completa fedeltà ad un’epoca distante e irripetibile di cui i Duel si fanno paladini strenui e devoti fedeli, impermeabili a qualsiasi tentazione modernista o deviazione lungo la strada. Come già detto, non siamo dalle parti di qualche pallida copia di mestiere opera di onesti artigiani, ma di un vero e  proprio atto di amore, quasi un amplesso selvaggio consumato nel backstage di qualche concerto. Il che, come sapete bene, è proprio ciò che cerchiamo in un album come questo. Ora, li aspettiamo alla prova del fatidico terzo disco.