Double|Mirrors #1 – Faith Coloccia|Sera Timms

Per il primo capitolo di “Double|Mirrors” ho organizzato una chiacchierata tra Faith Coloccia (Mamiffer, Everlovely Lightningheart, Sige Records) e Sera Timms (Ides Of Gemini, Black Mare, Black Math Horseman). Si parla di magia simpatetica, organi a canne, tarocchi, divinità, archetipi, Randal Dunn, Aaron Turner, sorellanza, macchine meteorologiche, I Ching, canyon, Vashon Island, fagioli dall’occhio, Circle, solstizi, Finlandia, Death Valley.

Negli ultimi anni intorno a Faith Coloccia è nato un piccolo culto, grazie a Mamiffer (progetto a cui prende parte anche il marito Aaron Turner) e grazie alla sua attività di fotografa e artista visuale, soprattutto per il catalogo di Sige Records, label che manda avanti sempre con Aaron. Sera Timms è sulla scena da diversi anni con progetti a cavallo tra metal e new wave (Black Math Horseman, Ides Of Gemini e il più recente Black Mare) e l’attività di videomaker (ha lavorato tra gli altri con Isis e RM74). Cresciute entrambe a Los Angeles, rappresentano il lato femminile e spirituale di un movimento troppo ramificato per essere definito tale, che però ha contribuito a nutrire quella contaminazione tra metal, shoegaze, musica da camera e new wave che caratterizza parte del flusso sonoro della West Coast degli ultimi anni.

L’ultima volta che si sono incontrate è stato in occasione di un day-off degli Ides Of Gemini dalle parti di Seattle. Faith e Aaron hanno ospitato Sera e J, questo è quanto è emerso da una conversazione notturna mentre fuori le ultime macchie di neve del Nord Ovest si stavano sciogliendo.

Mamiffer (foto di Meg Webster)

Ciao Faith, ciao Sera, iniziamo dal primo stadio dello specchio, come vi siete incontrate? Fingete che io non esista per un po’, per aiutarvi mi nasconderò dietro allo specchio.

Sera Timms: Ok! Credo che la prima volta sia stato tramite Aaron, quando siete venuti a un concerto dei Black Math Horseman al Safari Sam’s. Non ti avevo mai incontrata, ma sapevo chi eri, perché ero una fan degli Everlovely Lightningheart. Era il terzo concerto dei Black Math Horseman e io ero ancora nervosa e insicura sul palco, in più la mia pedaliera (compreso l’effetto per la voce) non funzionava. Ero una fan della tua musica (e di quella di Aaron) e sapere che voi due eravate tra il pubblico ha reso il concerto molto faticoso…

Faith Coloccia: Me ne ricordo a malapena! Ero nervosa anch’io, con Aaron eravamo più o meno al quarto appuntamento e conoscevo solo un paio di persone lì. Il tuo concerto è passato in secondo piano a causa della mia ansia e del sudore, così non ricordo che i tuoi pedali non funzionavano! Quando ti ho conosciuta, ho pensato che fossi impressionante e bellissima, oltre che una persona gentile e credo che quello sia stato l’inizio di una sorta di “sorellanza” tra noi. La nostra amicizia ha preso forma scrivendoci via mail dei nostri sogni. E sicuramente si è rafforzata nel tour europeo Mamiffer/Black Math Horseman. Ricordo che abbiamo dormito in un enorme letto sudicio insieme (tu e J ed io e Aaron) in Germania e gli altri membri delle nostre band sono rimasti chiusi fuori alle 3 di notte e a un certo punto hanno sfondato la porta!

Sera: Sono d’accordo sul fatto che le prime impressioni che abbiamo avuto l’una dell’altra abbiano inaugurato l’inizio di una “sorellanza”. All’epoca non avevo alcuna “sorella” nel mondo della musica, solo molti fratelli. Abbiamo parlato di questa storia della sorellanza e di quanto sia importante supportarsi l’una con l’altra e collaborare insieme, piuttosto che essere competitive. È stato un onore cantare nel tuo ultimo disco e penso che ciò abbia rafforzato la nostra amicizia, insieme allo scambiarci opinioni su sogni, divinazioni e tante tazze di caffé. E sì, dividere quel grosso letto sporco è stato un autentico test per un’amicizia nascente (ride, ndr).

Faith: Per me “nutrire” la sorellanza è una pratica essenziale, come anche lavorare con altre donne e cercare di cambiare la concezione errata che le vede spesso competitive e gerarchiche sia nella musica sia nell’arte in generale. Spero che riusciremo a coinvolgere le nostre amiche e a creare un nostro mondo, e la natura sembra essenziale in questo processo. Credo che noi ci siamo attratte e guidate l’una con l’altra come amiche tramite il nostro amore per la natura e il nostro averla incorporata nella musica e nell’arte.
Ho un ricordo di quel tour in cui tu e J vi siete alzati presto per andare a fare un’escursione in una foresta tedesca, e ciò mi ha resa felice. Lì tra l’altro ho scoperto che voi amate i gatti e io amo i gatti!

Black Mare (foto di Adam Murray)

A proposito della natura, com’é nato questo legame simbiotico e che rapporto ha con la vostra spiritualità?

Faith: Un seme importante è stato piantato durante la mia infanzia e ha a che fare con l’essere cresciuta nel deserto, dove pioveva un intero mese all’anno. Aspettavo la pioggia, volevo vedere le cose crescere. Ero un’acuta osservatrice dell’ambiente che mi circondava e interagivo con esso, pensando di poter parlare alle piante e intuendo come poter lavorare con i fenomeni naturali. Desideravo così tanto la pioggia che decisi di costruire delle “macchine meteorologiche” (erano i miei primi, rudimentali, esperimenti di magia simpatetica). Costruivo bastoncini con le foglie, li tenevo uniti con fili d’erba e fiori e segnavo ciò che accadeva alle diverse parti della “pianta” (“questa foglia anticipa l’arrivo della pioggia”, “questa l’arrivo dell’estate”… Le “macchine” funzionavano sempre. In terza elementare raccontai questa storia a una mia compagna di classe e lei non mi credette. Mi sfidò a far scendere giù la pioggia nel bel mezzo dell’estate. Durante la notte costruii la mia macchina simpatetica e il giorno dopo ci fu la pioggia!
Ho continuato a collaborare e a vivere a contatto con la natura per tutta la mia vita: mi ispira molto, suggerendomi dove vivere, dove andare in tour e quando registrare. Ho iniziato a interessarmi al culto della Divinità, a scavare nella Terra, all’interno di memorie collettive ereditate e stili di vita neolitici. Questi interessi hanno prodotto un evento naturale di proporzioni enormi che ha avuto luogo nel mio corpo, e da quel momento sono diventata una sorta di vettore di vita e di morte. Questo evento ha cambiato totalmente la mia vita, come anche la mia arte e la mia musica, trasformando il mio “modus operandi”, che ora è sicuramente più consapevole.

Sera: Entrambe viviamo in grandi città o vicine ad esse, ma in paesaggi isolati nella natura. Per me la natura è voce e guida.
Sicuramente il mio rapporto con la natura è legato a un momento particolare in cui mi sono sentita in simbiosi con la musica e il deserto. Di solito non ne parlo con gli altri, perché la nostra comunità musicale tende ad essere piuttosto “giudicante” riguardo alla musica pop. Avevo appena scoperto The Joshua Tree e rimasi colpita in particolare da “I Still Haven’t Found What I’m Looking For”, oltre che dall’immagine del deserto sulla copertina . A quel tempo la interpretavo come “Dio è impossibile da trovare nonostante ci si sforzi”, perché è così che mi sentivo. In chiesa guardavo la gente cantare gli inni sacri e non dava affatto l’impressione di stare interagendo con Dio. Poco tempo dopo mia madre sposò un uomo che amava il deserto e così abbiamo iniziato a organizzare dei viaggi nella Death Valley una o due volte l’anno, io mi portavo dietro quel disco come colonna sonora e viaggiavamo all’infinito attraverso canyon, valli gigantesche, saline, città fantasma. Con quel disco in cuffia il deserto prendeva le sembianze di una terra sacra. A posteriori credo che quella sensazione provenga dall’enorme estensione dei paesaggi desertici (che comunicano un senso di grandezza), dal vento che inizia a parlarti, dai fini fiori del deserto che ci mostrano la nostra vulnerabilità, dalle pietre che ci ricordano la nostra integrità. In quel momento l’Io si fonde con il luogo e il luogo si fonde con l’Io ed è lì che si trova la divinità.

Anch’io sono cresciuta in una foresta e nella mia musica cerco sempre di sentirmi come se in quel momento fossi lì, immersa nella sua grandezza scultorea che è fatta di ombre, luci sporadiche, pericoli e del tesoro nascosto e sconosciuto della natura. Sono cresciuta in una piccola area rurale piena di hippy, mistici e campagnoli e quindi in passato ho cercato di resistere a tutto ciò che poteva somigliarle, come i tarocchi, l’astrologia e il culto della divinità. Ero abbastanza determinata a costruire il mio mondo attraverso l’intelletto e una dura ma necessaria esperienza sul campo. È interessante che ci si senta consapevoli del proprio potere di creazione e distruzione quando si edificano inconsapevolmente delle realtà all’interno del proprio corpo. Io ho scoperto il mio quando cercavo di fare musica e di suonare col mio gruppo guidata dalla ragione e dall’ego e ho visto tutta la magnifica creatività della band (Black Math Horseman) sgretolarsi. Ma come te, se guardo indietro ai testi delle mie canzoni, tutto era già scritto, inclusa la distruzione. Da lì in poi ho iniziato a scrivere i miei testi con più cautela!

La musica è la nostra “macchina meteorologica”.

Skogtatt, illustrazioni di Faith Coloccia

Enharmonic Intervals, illustrazioni di Faith Coloccia

Faith: Sì, infatti anch’io sento di aver imparato a stare attenta alle parole, al potere che hanno. “Scrivendo te stesso nel mondo” è una frase vera. Riesco a controllare questo potere molto più coscientemente ora.

Anche pronunciare parole ad alta voce come fossero dichiarazioni è un gesto potente, che mi ha aiutata a sentirmi molto più sicura come cantante, un qualcosa che ero riluttante a diventare. Mi sono accorta che riuscendo a controllare il potere delle parole ed esercitandomi a declamare la mia verità sono riuscita ad affrontare la paura del palcoscenico. Ciò mi ha aiutata a capire che non sono in un ambiente estraneo, ma in uno spazio che è giustamente mio e in uno spazio comune dove posso portare amore ed energie positive. La mia voce interiore mi ha aiutato molto e quest’anno è stato importante per imparare a fidarmi di lei, non ad ascoltarla solo qualche volta, ma sempre, ossia a “vivere” la mia voce interiore. Io e te ne abbiamo parlato molte volte, quasi ogni volta che siamo andate a fare una passeggiata e abbiamo letto una le carte all’altra. Sembra un tema ricorrente: come bilanciare la propria voce interiore con le richieste dell’ambiente musicale e le condizioni sociali e culturali in cui viviamo, e come cambiare queste caratteristiche sociali al meglio e far luce sulle azioni positive della vita e sulla comunità.

A proposito dei tarocchi, com’è nato questo scambio di “letture”?

Faith: Qualche volta è molto difficile “leggere” le proprie carte riguardo situazioni che possiamo interpretare erroneamente, proprio per la nostra estrema vicinanza ad esse. Per me è stato davvero utile avere Sera come guida, perché ha un diverso punto di vista sulle carte e la divinazione. Probabilmente potremmo passare ore a farci le carte. Ascoltare la sua voce interiore e la spiritualità che emerge dalle sue letture mi aiuta a sentirmi forte.

Sera: A dire il vero tu mi hai riportata più indietro nel tempo di quanto abbiano fatto i molti libri sull’antica cultura matriarcale/divina, che mi hai fatto leggere… Tu mi hai guidata più a fondo nell’utero di quella storia antica e nascosta che ispira molto del mio lavoro creativo anche oggi.

BLACK MARE, Field Of The Host Lp, inserti fotografici di Sera Timms

Sera, in un’intervista hai definito Black Mare “lo spirito viaggiatore che fluttua nell’oscurità”. Tornando al culto delle divinità femminili, quali sono gli archetipi o le divinità a cui vi siete sentite più vicine nel corso degli anni? Quali hanno accompagnato il vostro percorso creativo?

Sera: Diversi archetipi hanno ispirato e definito la mia musica negli anni: figure storiche, leggendarie e mitologiche. Più tardi le dee hanno un po’ eclissato gli dei e molti dei nuovi testi degli Ides Of Gemini sembrano scritti dal punto di vista di dee sottomarine e lunari: la Luna, Tanit, Ecate, Kali, Diana/Artemide… sono tutte nel nuovo disco che uscirà quest’anno.

Freyja e Cibele hanno invece giocato un ruolo importante in Field Of The Host di Black Mare. Freyja era la regina delle Valchirie e incarnava la Vergine Amabile e la Distruttrice allo stesso tempo. Molte dee sono state incasellate nell’ideale della madre/moglie oppure in quello della feroce Gorgone o Distruttrice. Freyja ha conservato entrambe le qualità e credo che rappresenti un valido archetipo dell’autentica femminilità divina. Cibele è una dea selvaggia e potente, che incarna diversi rituali bacchici dai quali sono attratta. Mi piace ricondurre le tradizioni cristiane alla loro radice pagana e ho scoperto che molto probabilmente il rito simbolico di mangiare il corpo e bere il sangue di Cristo è un’altra versione del sacrificio del bue sacro Api a Cibele, in sacra comunione con la dea.

Sera Timms

Faith: Sì, ci sono molti archetipi ai quali mi sono sentita vicina o che mi hanno ispirata negli anni. Ai tempi degli Everlovely Lightningheart ho sentito i primi richiami di un’energia – appunto – archetipica, divina. Fino a quel momento avevo sempre avuto una visione patriarcale e il mio “animus” era quello della “figlia del padre”. In quel periodo ho iniziato una sorta di discesa dentro me stessa e una sorta di distruzione del Sé (proprio come aveva fatto la dea sumera Inanna, che all’epoca non conoscevo ancora). Mentre “distruggevo” me stessa, io e Chris (l’altra metà degli Everlovely Lightningheart) abbiamo abbracciato il caos e la disgregazione come elementi creativi e il dis-ordine è diventato una guida. Eravamo ispirati da e diretti verso la sperimentazione, la scienza, la fisica quantistica, i questionari sistemici, la gravità, l’estensione delle possibilità. Facevamo esperimenti sulle idee della mente, sulle memorie ereditate, sul tempo futuro, passato e non lineare. Queste idee mi hanno poi portata a lavorare da sola, mi hanno avvicinata al femminismo e alla coscienza ginocentrica attraverso l’archetipo del lupo, elementi del folklore e varie teorie femministe.

Con Mamiffer, poi, ho iniziato a vagare esitante tra la mitologia, il femminismo e la psicologia, a esplorare cosa significava essere una donna nella cultura americana, con un corpo plasmato da imposizioni di gender. In quel periodo iniziava anche la mia relazione con Aaron e sentivo come se non avessi abitato il mio corpo a lungo, quindi provavo ad ascoltare i messaggi che mi inviava. Ho iniziato a percepirmi ancorata a terra, anziché focalizzata sulla mia mente, posta al di sopra il corpo: ero smembrata e spezzata. Alla fine sono riuscita a trovare un compromesso tra la terra e il cielo mediante l’archetipo del matrimonio (e del ricordo). A volte il matrimonio può illuminare gli aspetti più oscuri e nascosti di una persona, e questo è un gran dono.

Successivamente sono arrivata alla madre oscura, agli occhi della morte, alla morte come divinità nelle sue forme di Mara, Mare e all’archetipo della Discesa (Mare Decendrii e Inanna), l’oceano scuro dei sogni. Sono poi passata attraverso quelli dell’esorcismo e del sacrificio, della divinità dormiente dell’inverno, della megera e della vecchia strega. Colei che dà la vita e che “brandisce” la morte. Ho iniziato a usare gli archetipi degli occhi degli avi, i ricordi provenienti dalle linee di sangue, gli schemi ereditati e a cambiare e distruggere quegli stessi schemi.

Quando io e Aaron ci siamo trasferiti sull’isola di Vashon e abbiamo cominciato a coltivare il nostro cibo, ho guardato agli archetipi del solstizio e alle dee della vegetazione come guida e ispirazione. Agli archetipi del germogliare e del dare frutto. E al più grande, quello della Terra Fertile, e a come questa si relaziona al territorio e al mio corpo. Credo che il culmine del mio viaggio attraverso queste idee trascendentali sia stato vedere la mia faccia riflessa negli occhi di una donna di pietra sepolta nella terra così che la vita potesse crescere.

Nel presente mi sto concentrando sulla resurrezione, l’ascesa e su quegli aspetti della Dea che danno vita e guarigione, come anche sulle reminiscenze della Dea nella Vergine Maria e sulle idee degli angeli. Sto portando alla luce le cose con gli occhi della vita e creando nuovi sistemi basati sull’abbondanza e la scelta. Gli archetipi della mandibola, del canto e dell’orazione, della comunicazione e del superare gli ostacoli, della trasmigrazione e della palingenesi sono importanti per me.

Nel nuovo disco di Mamiffer celebro la divinità che si cela nella ripetizione, con le mani giunte, in preghiera, attenta (che sia essa rappresentata su un tessuto, in una canzone, nel ritmo naturale o nel respiro). Mi riferisco a quell’archetipo che il suo suono, l’immagine o la vibrazione possono evocare in chi vi interagisce. Al di là dei confini culturali e di epoche diverse, questa risorsa sconosciuta/non riconosciuta della Dea si nasconde nell’inconscio collettivo e io sto cercando di capire come risvegliarla.

Faith Coloccia, foto di Aaron Turner

Sera, Black Mare è nato come una performance durante il solstizio d’inverno insieme alla tua amica Maja D’Aoust e si è poi trasformato in un vero e proprio progetto, cosa lo ha caratterizzato fin dall’inizio?

Sera: Come avrai già letto, Maja mi ha “ribattezzata” Black Mare leggendo l’I-Ching e perché di solito comunico tramite un’energia nera, sotterranea, mentre lei lo fa attraverso un’energia bianca e celestiale. Più tardi ho scoperto che la Dea Madre Demetra viene impersonata anche come una dea dalla testa di cavallo e a volte come un cavallo nero. Il pezzo che ho scritto per quel rito (“Blind One”) era però cantato dal punto di vista di un’altra dea della fertilità, Freyja. Per gran parte della mia vita ho imparato ad essere un po’ riservata e fredda, specialmente nell’espressione creativa, ma con Black Mare sento di poter esplorare emozionalmente il lato materno della femminilità.

Sera, quali differenze riscontri tra gli Ides Of Gemini e Black Mare?

Sera: I pezzi degli Ides Of Gemini di solito nascono da diversi layer di chitarra provvisoriamente arrangiati da J e da un titolo. Noi ci mettiamo all’opera su questo materiale, quindi è un progetto collaborativo. Il mio approccio è deciso e diretto ad ottenere i risultati che ci siamo prefissi. Alle volte posso scavare più a fondo nei concetti, nella ricerca storica e mitologica, e spesso ne parlo con Kelly e J, ma sicuramente quando scrivo dei testi filtrati dalla mia esperienza il tutto è più personale.

Con Black Mare, invece, parto sempre da una serie di note improvvisate e mi comporto come una tessitrice, filando un po’ alla volta, e i pezzi veri e propri appaiono solo quando inizio a registrarli. Aggiungendo successivamente il basso e la batteria, la tela si copre d’oro e argento e diventa una maschera simbolica che indosso per rappresentare delle parti nascoste di me o di qualche fantasma rimasto intrappolato nelle trame del tessuto.

Suonare con gli Ides Of Gemini è come costruire una casa su solide fondamenta, la ricompensa viene dalla creatività disciplinata e dal lavoro di squadra. Black Mare è invece una viaggiatrice solitaria, che troverà la sua casa in una delle correnti vorticose che scorrono in lei.

Sera Timms

Faith, nel 2013 è uscito “Music For Paschen Organ“, collaborazione tra Mamiffer e Circle, so che per registrarlo tu e Aaron siete andati fino a Pori (Finalndia). Che ricordi hai di quel periodo? Cosa si prova a suonare un Paschen Organ nella Cattedrale di Pori?

Faith: Il Paschen Organ mi intimidiva. Abbiamo avuto tre quarti della giornata per provarlo e registrare nella cattedrale. Il tipo che lo suonava ci ha fatto un tutorial veloce in finlandese. Ero interessata al modo in cui l’organo era stato costruito e a come interagiva con l’architettura, così ho iniziato a sperimentare un po’ con i suoni e a provare tutte quelle cose che di solito sono ritenute sbagliate. Giocavo con la curva del pitch, lo riportavo in chiave abbandonando lentamente le leve dell’organo, spingevo l’aria all’interno delle pipe molto lentamente (puoi sentirle respirare) o intensamente, così da creare una distorsione del suono. Mika Rätto era invece interessato alle qualità ritmiche dell’organo ed è stato impagabile. L’enorme riverbero della cattedrale è stato certamente d’ispirazione.

Registrare in Finlandia è meraviglioso, in particolare con Antii Uusimäki, che è davvero in gamba, professionale e tranquillo. Poi è divertente e i Circle hanno un ottimo rapporto con lui. Con loro ci capiamo bene perché abbiamo un’attitudine comune, inoltre nel tempo siamo diventati buoni amici. La prima volta che abbiamo registrato insieme è stato alla fine di un lungo tour europeo, ci hanno ospitati in una piccola baita fuori Pori ed è stato davvero rilassante. Mi identifico molto con il loro modo di scrivere e pensare l’arte e la musica e con il loro stile di vita. Sono davvero delle anime “connesse”.

E ciò si riflette nelle tracce del disco, che se da una parte si intrecciano perfettamente ai paesaggi finlandesi, dall’altra rivendicano un approccio iconoclasta e “partecipativo”. Hai un aneddoto in particolare sulla vostra collaborazione?

Faith: Nel periodo che siamo stati con loro abbiamo cucinato dei piatti americani usando ingredienti finlandesi. Loro adorano i sapori del cibo che cuciniamo (tipo salse su puré di patate, fagioli dall’occhio e verdure a foglia, che per loro sono un’autentica novità). Io ho anche scambiato delle ricette con Anne, la moglie di Jussi. Inoltre sanno davvero come rilassarsi: dopo ogni registrazione andavano in sauna e così anche noi. Vorrei che fosse pratica comune anche negli Stati Uniti. Abbiamo in programma di ospitarli qui da noi per circa un mese, ma non sappiamo cosa faranno senza sauna…

Faith Coloccia (in Finlandia, foto di Aaron Turner)

Faith, tu usi una notazione personale e memorizzi la musica attraverso le immagini. Ascoltando Mare Decendrii ci si lascia trasportare dalle grandi curve che disegna la composizione, come se lo scenario cambiasse più volte all’interno di ogni rappresentazione, ma in modo fluido, nonostante la varietà dei materiali. Com’è stato registrarlo a Seattle con Randall Dunn?

Faith: Con Mare Decendrii ho iniziato a lavorare con Randall Dunn e Mell Dettmer, era una nuova esperienza per me, una sfida fatta di lughe giornate in studio. Le parti di piano erano già state scritte e arrangiate prima ma quasi tutto il resto è stato scritto lì. Randall e Mell hanno lavorato sulle mie descrizioni non propriamente tecniche e il ruolo di Eyvind Kang in questo senso è stato indispensabile. Lui conosce la musica molto bene, ma sa comunicare anche a un livello più astratto ed emozionale, riuscendo a interpretare le mie partiture visive. Gli sono davvero grata per il lavoro svolto, ma anche come amica. Ho imparato moltissimo sulla composizione da lui e Jessica Kenney.

Lavorare con Randall ha avuto molto a che fare con la fiducia, l’intuizione, il compromesso e con l’imparare l’uno i meccanismi dell’altra. A volte tutto ciò può assumere tinte drammatiche, essere stancante e stressante, ma alla fine anche gratificante. Ho imparato davvero molto da lui, ha un gran talento.

So che entrambe siete da poco tornate in studio per registrare il nuovo album dei Mamiffer e il secondo full-length degli Ides Of Gemini. Com’è andata?

Faith: Con il disco nuovo al momento stiamo lavorando un po’ diversamente. Le parti di piano le abbiamo finite prima di entrare in studio, come anche la maggior parte del resto, incluse linee melodiche e testi. Ho lavorato ancora con Eyvind Kang.

Registrare questo disco è stata un’esperienza decisamente diversa da quella di Mare Decendrii, specialmente riguardo alla struttura dei pezzi, alla familiarità con i mezzi e al punto in cui sono nella mia vita. Le partiture visive sono più brevi, condensate e basate su dei pattern (come ricamare o filare), lontane dalle enormi superfici di Mare Decendrii. Il nuovo disco è fatto di piccole unità autonome il cui intento è evocare archetipi/sentimenti basati sulla ripetizione. Il piano è la solida architettura su cui le voci possono muoversi: la mia è molto presente e questo è il lavoro più prossimo al cantautorato che abbia mai scritto. Dal mio punto di vista è quindi il mio album più sperimentale, un’enorme sfida. Ad ogni modo per qualcuno il disco suonerà più convenzionale. Al momento lo stiamo ri-mixando, pensavamo di aver finito a gennaio e lo stavamo per mandare al mastering, ma poi ci siamo accorti che dovevamo rilavorarci su. In questi giorni stiamo tessendo insieme gli elementi dello “spirito” e del “battito cardiaco”, presenze di cui il mix aveva bisogno.

Sera: Abbiamo finito di registrare venerdì scorso in studio con Chris Rakestraw, che aveva lavorato anche al primo disco degli Ides Of Gemini. Come al solito le registrazioni sono una sorta di breve maratona contro il tempo per riuscire a finire tutto entro pochi giorni, ma siamo davvero soddisfatti del risultato e del modo in cui la band si sta evolvendo. Il disco è molto diverso da Constantinople, ma non posso dire di più, tranne che la versione in vinile uscirà sulla Sige di Faith e Aaron.

Sera, tu vivi a Los Angeles ma le tue foto e i video sono di solito immersi nella natura. Come riesci a bilanciare le tue esigenze creative con i ritmi e gli ambienti della città?

Sera: Di solito mi alzo la mattina e vado in bicicletta, scatto qualche fotografia o pratico yoga. Più tardi lavoro a dei video, grafiche varie o foto. Verso sera esco per fare le prove o scrivere nuovi pezzi, tre sere a settimana leggo le carte come lavoro part-time.

Sera Timms

Faith, tu e Aaron vivete sull’Isola di Vashon, nel Pacific Northwest, in un’atmosfera intima e immersi nella natura. So che collezioni oggetti antichi e materiali presi dal paesaggio circostante e li usi nei tuoi dipinti, nelle tue composizioni e nelle tue fotografie. Come si sta evolvendo nel tempo il tuo rapporto con l’ambiente? C’é un posto dell’isola che preferisci o dove vorresti andare?

Faith: Noi viviamo in un’area protetta e in mezzo c’è un sentiero escursionistico. Qualche volta esco dal sentiero per esplorare. Mi piacerebbe andare vicino a un ruscello che si trova dietro casa, accanto a un enorme burrone. Uno dei miei posti preferiti dell’isola è una foresta di arbusti vicino al bosco di Dockton.

Ho iniziato a lavorare con i materiali del mio ambiente quando ero piccola. Ciò che mi trovavo intorno lo usavo per fare artwork o semplici esperimenti: corteccia d’albero come fosse tintura e vernice, attiravo fuori dal deserto i granelli di sabbia con un magnete… Poi ho iniziato a fotografare il deserto, che era tutto il paesaggio in cui vivevo. Durante il college e con gli Everlovely Lightningheart sono tornata a casa dai miei e ho ricominciato a lavorare con i materiali, iniziando a includere quelli sintetici, delle città e di alcune comunità d’arte (come le ceneri del fuoco di Oakeater a Chicago, i semi della California o la sporcizia dai seminterrati di Los Angeles). Io e Chris (Everlovely Lightningheart) usavamo cose che la gente considera inutili e le valorizzavamo attraverso l’arte e la performance. Le mettevamo anche in dei contenitori e facevamo degli esperimenti in questo modo.

Quando mi sono spostata nel Nord Est Pacifico, ho trovato dei paesaggi che avevo atteso a lungo e quest’infatuazione si riflette nelle mie foto. C’era un’enorme quantità di informazioni visive su foreste, acqua e modelli di crescita. Ho iniziato a usare i materiali di quell’ambiente applicando le stesse pratiche sintetiche e artistiche che avevo imparato al college e negli Everlovely Lightningheart.

Al momento sono ancora in un buon rapporto con l’ambiente naturale e ho lavorato con Daniel Menche con materiali ordinari (come fili di garza essiccati che ho messo da parte in cinque anni), anche lui è interessato a questo tipo di “ricerca”.

Faith Coloccia (Vashon Island, foto di Aaron Turner)

Faith Coloccia, Avast Sudios (Seattle)