DOOM, Bri

Brian "Bri Doom" Talbot, foto di Jana Chržová

I Doom hanno alle spalle una carriera ormai trentennale, seppur interrotta da un paio di brevi iati. Trent’anni di hardcore/punk in cui non hanno mai perso un’oncia di furia musicale, impeto politico e coerenza diy. È per questo che, negli anni, la mole di persone che li ama è cresciuta in maniera esponenziale e trasversale. No, non ci stiamo riferendo alla giacca di pelle di Lady Gaga col logo dei Doom nel video di “Telephone”, ma, tanto per fare un esempio, ad Away dei Voivod. Ecco cosa ci ha raccontato Bri, chitarrista e fondatore dei Doom (grazie a Jana Chržová per la foto di mr. Talbot).

I Doom sono considerati una delle band più influenti dell’intera scena hardcore punk, è un ruolo in cui ti riconosci o la ritieni piuttosto un’attribuzione non cercata?

Brian “Bri Doom” Talbot: È, in realtà, una cosa inaspettata, non ho mai pensato a niente di simile quando abbiamo iniziato, ma è probabilmente legata al fatto che siamo in giro a far questo da moltissimo tempo. È sicuramente dovuto anche al fatto di esserci trovati al posto giusto nel momento giusto, nei primi giorni del crust, nella scena che girava attorno al Mermaid e grazie anche al sostegno di John Peel.

Quali sono i ricordi più importanti che hai dei vostri primi tempi come band, cosa ti ricordi di quel periodo e delle band del giro hardcore/crust?

Il Mermaid Pub era un posto fantastico e aveva una scena incredibile. Molte band favolose ci suonavano, compresi i Napalm Death, e c’erano i primi esperimenti stench-core. Davvero tempi memorabili.

I Sore Throat (una delle tue band degli anni Ottanta, che includeva anche Richard Walker dei Solstice e dei Pagan Altar) furono coinvolti in una polemica accesa con la scena hardcore del tempo, ti va di raccontarci qualcosa?

I Sore Throat erano una band messa su per passare il tempo. Sebbene non ci prendessimo troppo sul serio, avevamo delle idee piuttosto precise su come la scena si stesse evolvendo. Rich amava confrontarsi con l’argomento attraverso i suoi testi e con il suo sense of humor che puntava a fare incazzare. Alcuni si sentirono offesi e credo questa fosse proprio la sua intenzione iniziale. C’era una parte della scena che era più interessata ai soldi che a ciò che premeva noi.

Se ti fermi a guardare a quei tempi e li confronti con la situazione attuale, credi che lo spirito originale sia ancora presente o qualcosa è andato perduto nei decenni? Quali tra le giovani band consideri in grado di raccogliere la vostra eredità e di seguire i vostri passi?

Durante gli anni Novanta credevo davvero che molti di quegli ideali originali fossero andati perduti, invece negli ultimi quindici anni è cresciuta una giovane generazione che sembra aver raccolto gli ideali politici con maggiore entusiasmo persino rispetto agli anni Ottanta e la cosa mi entusiasma.

Cosa mi dici della vostra storia più recente, cioè da quando avete ricominciato a suonare insieme? Credi che i vostri obbiettivi/priorità siano in qualche modo cambiati? Quali sono i piani per il futuro?

Non molto, credo ancora negli stessi principi di quando ero più giovane, ma ora dovendo lavorare e pagare i conti è tutto più complicato di allora, quindi è più difficile essere collegato con alcuni aspetti del mio pensiero politico. Sotto certi punti di vista le mie idee sono ancora più estreme, visto che il mondo sembra essere peggiorato in molte aree.
Per quanto riguarda i progetti futuri ho molte idee su ciò che vorrei esplorare musicalmente e dal punto di vista visivo, ma – mi ripeto – con il lavoro ho meno tempo per dedicarmi a questo rispetto a quanto vorrei.
Come Doom abbiamo in progetto un nuovo split con gli Electro Zombies (Cile) e poi, possibilmente, un nuovo album nel 2017. Abbiamo anche iniziato a fare piani per un breve tour giapponese il prossimo anno.

I Doom sono sempre stati una band dal marcato taglio politico e focalizzata sulla situazione mondiale, per questo mi piacerebbe sapere la tua visione sulla tragedia dei rifugiati che sta colpendo l’Europa e in particolar modo l’Italia in questo periodo.

La situazione tragica di chi cerca di sfuggire la guerra e il fascismo religioso in Siria (Daesh) è non solo triste ma deprimente. Queste persone dovrebbero essere aiutate e assistite quanto più possibile dall’Europa e dal mondo occidentale perché è l’unica risposta possibile. I media occidentali (qui nel Regno Unito ma anche nel resto d’Europa e negli USA) hanno agito in maniera disgustosa, mi riferisco al modo in cui hanno rappresentato queste famiglie disperate. Noi abbiamo tenuto alcuni concerti benefit e organizzato raccolte durante gli altri show per aiutare e dare una mano a chi lavora nei campi di Calais e altrove.
Credo inoltre che dovremmo sostenere i combattenti curdi che rappresentano l’unico faro di speranza, e sono determinati a costruire una società democratica basata su principi libertari socialisti e anarchici. Credo che il loro esempio sia molto importante al momento e che siano in una posizione privilegiata nel combattere in modo attivo la piaga del fascismo islamico portata avanti dal Daesh.

Tu hai vissuto l’epoca della Thatcher, pensi che qualcosa sia realmente cambiato nel Regno Unito dopo quella stagione? Cosa pensa l’opinione pubblica inglese di questo personaggio, ora che è scomparso?

Credo che – a parte il punk – siano stati gli scioperi dei minatori negli anni Ottanta ad avermi politicizzato. La foto sulla copertina di Police Bastard è stata scattata durante la battaglia di Orgreave (scontro tra polizia e manifestanti nel giugno dell’84), che è stata la mia prima esperienza di come lo Stato possa usare la violenza per reprimere i lavoratori organizzati.
Le cose sono cambiate per un po’, ma ora le idee e gli obbiettivi della Thatcher sono tornati con tanto di steroidi per opprimerci con l’attuale governo a guida Tory. Proveranno sempre a praticare la guerra di classe, a demolire il sistema sanitario pubblico, a privatizzare ogni cosa e a trarre profitto per loro stessi, per i loro amici nell’elite e nelle multinazionali. Nel frattempo diminuiscono i diritti dei lavoratori e tentano di smantellare i sindacati. Questo succede ancora oggi e non sembra voler cambiare.

Sarebbe interessante avere la tua opinione su un personaggio come Boris Johnson (fortunatamente “ex” sindaco di Londra), soprattutto alla luce dei tentativo di guadagnare consensi basandosi sulle differenze culturali e religiose.

È il vecchio trucco del “divide et impera” e non c’è nulla di meglio che utilizzarlo in tempi di recessione (scusa, di austerità, Class Warfare).
Boris Johnson è una merda, si è presentato come un buffone inoffensivo e così ha guadagnato il consenso delle persone grazie a questa immagine. Credo in realtà sia molto scaltro e, quindi, pericoloso.
Sono perplesso circa la sua campagna per la Brexit, ma dimostra come lui sappia mentire e utilizzare le forme più basse di razzismo e xenofobia per dividere le persone. Non so se fosse davvero convinto che la maggior parte della popolazione ci sarebbe cascata, ma è successo. Credo lo abbia fatto solo per la sua carriera e per il suo personale tornaconto politico. Fottuta feccia.

DOOM

Più in generale, quale è la tua posizione sulla religione e i suoi legami con le istituzioni politiche? Credi che il nuovo papa stia davvero tentando di cambiare la situazione o è solo una mossa promozionale?

Affanculo il papa e la religione, odio tutte le religioni organizzate. Ho sempre odiato il loro mistificare, mentire, l’instillare paura e la falsa moralità. È solo un mezzo di controllo e dovrebbe essere relegata nel cestino della spazzatura della storia. La religione dovrebbe essere tenuta separata da ogni questione politica. È ora di abolire le religioni e il perpetuarsi delle bugie e delle false speranze. Ha sempre rallentato l’avanzamento dell’umanità lungo i secoli.
No Gods No Masters.

Avete anche deciso di aprire una vostra etichetta per pubblicare la vostra musica (Black Cloud): un passo significativo, ti va di presentarla ai nostri lettori?

Sì, abbiamo sempre voluto produrci i nostri dischi e farlo in modo realmente diy. Siamo stati imbrogliati e raggirati su questo punto in passato da ogni etichetta, per cui volevamo avere il controllo totale su ciò che avremmo fatto in futuro. È molto dura e siamo fortunati a poterlo fare, anche perché le persone conoscono la band e quindi è più semplice. È stata anche la prima volta che ci siamo potuti finanziare da soli. Ora possediamo tutti i nostri dischi e non possono cadere nelle grinfie di gente interessata solo ai soldi, oltre ad avere controllo complete sulla nostra immagine.
L’unica cosa che resta ancora difficile è poter far circolare le nostre uscite nelle altre parti del mondo, ma chiediamo ad amici e label diy di aiutarci quando possibile.

Credi che questo tipo di approccio possa andar bene per ogni artista/band anche senza il vostro seguito di ascoltatori? Siamo davvero pronti a cambiare il modo di realizzare e diffondere la musica oggi?

Come hai detto, è molto dura e siamo fortunati ad avere la nostra “fan-base” dopo tutti questi anni.

Sei coinvolto anche nelle attività del club 1in12, ritengo che lo si possa considerare come un altro aspetto del tuo voler essere parte attiva del tutto e non relegate ad un solo ruolo. Quindi, mi piacerebbe sapere se, da un punto di vista personale, credi ancora che la musica possa avere un impatto sulla società e sul modo di gestirla.

Sì, lo credo. La cosa più gratificante dei Doom è il ricevere da ogni parte del mondo lettere di persone che abbiamo ispirato a formare una band, dando loro la forza e l’unità per gridare contro ciò che affligge in modo negativo le loro vite. Questo è il bello del punk per me, il protestare contro ciò che c’è di sbagliato nel mondo e che questo, poi, porti ad azioni politiche e filosofie come il “no gods no masters” o “liberty equality & solidarity”. Il 1in12 non è perfetto, anzi è ben distante dall’esserlo, ma è il simbolo di come si possa fare. Molti dicevano non sarebbe durato, ma va avanti dall’Ottantuno, il che è fantastico.

Parlando di uno dei tuoi molti progetti, prima della sua morte David Bowie ha realizzato un album chiamato “Blackstar” con una canzone intitolata “Lazarus”. C’è anche un video per “Lazarus” che ricorda quello di “I Bleed Black”. Hai perso un fan illustre quest’anno?

No, credo proprio di no (ride, ndr).

Rimanendo sui Lazarus Blackstar, avete realizzato uno split con i Black Shape Of Nexus per la label Alerta Antifascista nel 2014, come siete entrati in contatto? Continuerete a collaborare con la label? È un po’ che non ci sono aggiornamenti sulla vostra pagina, c’è qualche novità in pentola?

Lazarus Backstar è al momento in pausa. Non so se avrò ancora tempo di portare avanti il progetto e anche gli altri sono molto impegnati con le loro band e progetti. Lo split con i Black Shape Of Nexus su Alerta Antifascista è stato una cosa isolata, ma di sicuro un grande onore allo stesso tempo.

Siamo a conoscenza dei tragici eventi che vi hanno coinvolto in Cile e di ciò che ha significato per i Doom, sappiamo anche che siete stati bersaglio di critiche nonostante gli sforzi fatti nello specifico e l’impegno profuso negli anni. Ci piacerebbe offrirvi l’opportunità di rispondere anche a beneficio dei vostri fan italiani.

Ciò che è capitato in Cile ha rappresentato una vera tragedia, un’esperienza terribile che davvero non vorrei mai più affrontare in vita mia. Dalla morte di queste povere persone, alle menzogne e agli attacchi disgustosi di cui siamo stati oggetto da parte di chi ci voleva in ogni modo colpevoli. Abbiamo cercato di raggiungere le famiglie delle vittime e di offrire almeno il nostro aiuto economico attraverso il pagamento di conti di ospedale, spese per i funerali e quant’altro. Ma ovviamente questo non è abbastanza. Spero che qualcosa di positivo possa uscire da questa situazione, anche se onestamente non saprei proprio cosa.