DOCTOR CYCLOPS, Francesco Filippini

Per l’ennesima volta tocco un tasto dolente: band con tutti i numeri a posto costrette purtroppo ad annaspare nel marasma della nostra società contemporanea, fatta di tatuaggi, magliette giuste e tanta ipocrisia. Il Dottor Ciclope calca ormai da oltre dieci anni palchi europei e nazionali, sforna musica di elevata caratura, ma alla fine sembra non raccogliere quanto meriterebbe, il che mi lascia con l’amaro in bocca. Forse persone come me capiscono poco della vita e ancor meno di musica, o forse come dichiarato da Francesco nell’intervista io esisto solo nel sogno del Dottor Ciclope… così come chi si soffermerà a leggere queste righe.

Parlaci di come è nata l’idea di formare la band e in particolar modo perché vi siete indirizzati verso un suono anni Settanta, fra heavy, psichedelia e sfumature progressive?

Francesco Filippini (basso): L’idea di iniziare a suonare assieme a Christian è nata una sera di ormai oltre dieci anni fa in una pseudo-discoteca estiva sulle colline dell’alta Valle Staffora, a Pavia. Lui aveva del materiale pronto e aveva avuto modo di ascoltare cose scritte da me. Mentre in quel momento non si faceva musica né se ne parlava, Christian mi ha detto che avremmo dovuto combinare qualcosa insieme, perché secondo lui ne valeva la pena. E così è stato. Come il ricordo di quelle pseudo-discoteche è tramontato, così i nostri inizi, che andavano da melodie alla Beatles a quelle stile Screaming Trees, da canzoni delle 6:00 P.M. a brani cantati in italiano, sono tanto lontani da non essere neanche mai entrati nel repertorio del Dr. Ciclope. Eppure lì è nato tutto.

Poi, mi verrebbe da dire, a poco a poco si è fatto avanti un processo che ha portato quella nostra sorta di cantautorato a intorbidirsi con un qualcosa che non è più solo mentale, ma anche fisico. Il suono dei Settanta ne è la massima espressione e lì siamo andati a finire. Quel suono è “attacco” sotto ogni punto di vista. Giusto per intenderci, da bassista vi invito ad ascoltare cos’è che accade nel bel mezzo della canzone “Suicide” dei Dust. Nessun distorsore all’ultima moda potrà eguagliare quel suono, nessuna teoria potrà spiegarti ciò che sta avvenendo in quel momento. Ecco perché abbiamo rivolto l’attenzione a quel genere, a quei gruppi.

Chi ha proposto il nome Doctor Cyclops e come e nata l’idea?

Stavamo parlando al telefono io e Christian e Cyclops ci piaceva, sia perché è una figura mitologica, sia perché suona bene. Poi io stavo per laurearmi all’epoca, per cui per scherzo è uscito fuori che i ciclopi sarebbero stati “dottori”. Tutto qui, del film di fantascienza abbiamo saputo dopo controllando internet.

Ci puoi descrivere il metodo compositivo? E che importanza date ai testi? Che cosa volete comunicare?

Siamo sempre stati abbastanza cervellotici nella composizione dei pezzi. Pezzi volutamente privi di ritornelli, ambienti che si aprivano su tutt’altre stanze o stanze che potevano richiamarsi da lontano o addirittura perdersi. Bene che sia stato così. Sulla soglia di Local Dogs si è fatta sempre più forte l’idea di valorizzare prima di tutto la visione d’insieme. Prima c’era un processo ad aggiungere, ora a togliere.

Le liriche sono fondamentali e spiace che quasi mai nessuno si prenda la briga di leggerle. Pure tra gli intervistatori/recensori troppo spesso non vengono neanche prese in considerazione. È un vero peccato perché i testi rappresentano spaccati di vita, reali o immaginifici che siano. Da sempre una delle lezioni cardine della musica è quella del riconoscersi, creare quel forte senso di fratellanza tra gli individui, sempre più soffocati dal superfluo.

Ti ricordi in che momento hai deciso di scrivere musica tua?

Un po’ sbagliando, da quando ho preso la chitarra in mano. Dico sbagliando perché ho suonato molto poco sui dischi dei gruppi che mi piacevano. Per lo più li ascoltavo, ma poi quando era ora di mettersi sullo strumento cercavo di tirar fuori qualcosa che fosse mio. Sono stato graziato perché ho ascoltato davvero molta musica fin da quando ero ragazzino, ma concordo sul fatto che non ci sia lezione migliore che imparare a suonare sui propri dischi preferiti.

Questa è una mia classica domanda: cosa ne pensi della scena underground Italiana? E secondo te quali sono le differenze con paesi come Regno Unito o Germania?

Esiste e c’è anche gente che si dà da fare per tenerla in piedi e non farla estinguere del tutto. Eppure fuori da certe occasioni o da certi eventi creati ad hoc mi pare proprio che la situazione in cui si trovano a vivere le band sia chiaramente questa:  “… ognuno per sé e Dio contro tutti!”. Fuori d’Italia sono diverse le nazioni che hanno sete di conoscenza e si rivolgono alle arti per appagare questa loro sete. Noi italiani siamo preoccupati a tenerci in piedi culturalmente retrocessi.

Dunque, nel 2010 vi siete autoprodotti l’ep omonimo, due anni dopo avete realizzato il full-length Borgofondo per una label tedesca. Il vostro lavoro successivo, Oscuropasso (2014), pur sempre molto ispirato, risulta meno ruvido anche se mantiene comunque le coordinate heavy rock di stampo settantiano. Cosa è cambiato sia a livello compositivo, sia di sound dall’esordio fino a Oscuropasso?

Direi che a livello compositivo abbiamo esasperato la libertà espressiva maltrattando la forma canzone a nostro piacimento. In questo senso il percorso che va da “Night Flyer” a “Rotten Trolls” è esemplificativo. Con l’ultimo lavoro siamo diventati più concisi e diretti. A livello sonoro i primi due album non sono troppo diversi, Local Dogs è invece una produzione molto più genuina e con suoni più grezzi ma onesti.

Da dove nascono i titoli dei vostri dischi?

Borgofondo e Oscuropasso sono nomi inventati da noi e ispirati dai luoghi della nostra infanzia nell’alto Appennino Pavese. Local Dogs siamo noi, “Cani del posto” nel nostro posto… ancora una volta, il bosco o il sottobosco.

Il 31 marzo 2017 è uscito appunto Local Dogs per la romana Heavy Psych Sounds. Anche in questo album è presente un ospite illustre, ma procediamo con ordine: già con il penultimo lavoro avete avuto il modo di collaborare in una canzone con Alia O’Brien dei Blood Ceremony. In quest’ultimo avete addirittura due canzoni con Bill Steer (Carcass, Firebird)… come sono nate queste collaborazioni?

Secondo la “Teoria del coma ciclopico” nessuno di noi tre (Christian, Alessandro, Francesco) è convinto appieno di quello che è accaduto. I casi vengono ridotti a due: o i tre hanno venduto, senza accorgersene, l’anima al demonio in cambio di favori, oppure sono tutti e tre caduti in un profondo coma.

Dato questo secondo presupposto: non hanno mai suonato di supporto ai Firebird di Bill Steer il 5 maggio 2009, così come non sono mai stati invitati da suddetto gruppo al Roadburn Festival 2010 in qualità di «Pat Garret plus one». Il 13 aprile 2011 non hanno mai raggiunto Parigi e il Glazart per aprire il concerto ai Blood Ceremony, così come non li hanno mai più incrociati al Bloom di Mezzago il 9 maggio 2014…  Borgopasso e Cani Del Posto non esistono. Più probabilmente i tre stanno cavalcando uno stesso sogno a dir poco incredibile in un letto d’ospedale e tutto quello che li circonda, così come alcuni di quelli che incontrano più di sovente (compreso te, mio caro Alberto), sono solo una proiezione di tale sogno! Alessandro, Francesco e Christian neppure si conoscono. Fine della teoria.

P.S.: Se la teoria dovesse risultare erronea, si torna al primo presupposto.

Scherzi a parte, questo “coma ciclopico” non è altro che una divertente storiella nata in furgone durante non so più quale tour per dare spiegazione all’eccezionalità di alcuni eventi. Teoria a parte, da sempre siamo fan dei Firebird e dei Blood Ceremony. Fortunatamente si è presentata l’occasione e si sono creati i presupposti per suonarci assieme, di conoscere da vicino i musicisti e le persone dietro ai musicisti. Prima Alia, poi Bill, ma anche James Atkinson, è stata una grande soddisfazione avere avuto il loro contributo. Che dire di Bill Steer, se non che è il migliore, da sempre il gusto che mette in quello che fa è fuori da ogni dire umano. Tanto enormi musicisti quanto persone splendide.

Il nuovo lavoro Local Dogs si compone di dieci canzoni di ampio respiro, nonostante la direzione passata venga mantenuta, e non dimentichiamo una ricercata cupezza. A forgiare l’ispirazione è un caleidoscopio di suoni che vanno dai Black Sabbath agli Iron Maiden. Mi spieghi l’evoluzione che vi ha portato a scriverle?

Come ti dicevo prima, è stata frutto di un’esigenza. L’esigenza di avere canzoni più dirette e più compatte possibili, evitando di scadere nel banale. Penso che tanto la luce, più manifesta che non nel passato, quanto le ombre siano in questo disco quasi sempre giocate sul filo della penombra, proprio a partire da “Lonely Devil” in avanti.

In quante copie Local Dogs è stato realizzato e in che formati? Dove ci si può rivolgere per acquistarlo?

Ai nostri concerti, online in diversi webstore, presto anche su Bandcamp. È importante ricordare che chi vuole supportare direttamente la band deve comprare ai concerti o scegliere ilBandcamp della band stessa. Oppure chiedere direttamente a noi con un messaggio su Facebook oppure scrivendo a oneyedagency@gmail.com

Cosa avete in cantiere ora, tour, festival…

Abbiamo un tour le prime due settimane di maggio, interesserà Svizzera e Inghilterra. Poi a luglio suoneremo in  due festival, uno in Austria e uno in Germania, e se dovesse andare in porto Davide Straccione ci farà scendere a Pescara per un ulteriore festival questo agosto. Poi vedremo, puntiamo a un nuovo tour in autunno.

I vostri contatti sui social e web.

facebook.com/doctorcyclopsdoctorcyclops.bandcamp.com.
In particolare vi ricordiamo l’importanza di acquistare sul Bandcamp della band in caso voleste supportarci direttamente. Potete seguire questo link oppure cercarci dal motore di ricerca di Bandcamp, ma ricordate di accedere alla pagina Doctor Cyclops, sotto la denominazione “Artista”. I soldi pagati per i brani o gli album digitali acquistati da lì vanno direttamente a noi e rappresentano l’unica forma di finanziamento diretto!

www.doctorcyclops.com

Sentiti libero di aggiungere qualcosa se vuoi.

Grazie Alberto, persone come te fanno bene a questo ambiente!