DNMF (DEAD NEANDERTHALS & MACHINEFABRIEK)

DNMF

Se qualcuno mi chiedesse che hanno in comune, oltre ad essere entrambi olandesi, i portabandiera dell’heavy jazz Dead Neanderthals e Rutger Zuydervelt (Machinefabriek), fautore di ricami elettronici/elettroacustici sui generis e di recente sentito anche nell’exploit compositivo Stay Tuned, io direi: poco o nulla. Siccome però non si finisce mai di “improvvisare” (e “improvvisarsi”), ecco che a nome DNMF (sigla abbastanza intuitiva) si è tentato l’avvicinamento tra un imaginary soundscape “piatto” e il più roboante approccio sax/batteria dei due jazzisti primitivi. Senza dubbio proprio questi ultimi sono dovuti scendere maggiormente a patti (di non belligeranza), salvo qualche concessione. Occorre tempo, infatti, prima che “qualcosa” si accenda in “The Thing On The Doorstep”, anche se nel mentre, tra il sax – o forse è un synth – “tenue” di Otto Kokke (strano usare quest’aggettivo con uno come lui) e il sottofondo drone di Zuydervelt ci sono dei giochi di mimetizzazione capaci di tenerti quanto basta sul dormiveglia fino al momento del decollo per oltreversi lovecraftiani. Quello che si intravedeva in lontananza sembra adesso apparire per quello che è, e la visione non è confortante. I miti di Cthulhu vogliono che Azathoth sieda al centro dell’universo, inebriato da fanfare disturbate di pifferi, ma altro che pifferi in “The Colour Out Of Space”… quando finalmente arrivano le impennate distorte di un Otto finalmente riconoscibile, impallidisce nella bara pure il buon Howard, il tutto mentre la locomotiva Rene Aquarius (batteria) va sparata per orbite Borbetomagus.

Finalmente una nuova chiave di lettura dell’immaginario fanta-horror cosmico “primo” che non scade nel solito polpettone dark ambient. “Space is the place” rivisto e scorretto.

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