DESCENDENTS, 9th & Walnut

Raccontare chi siano i Descendents a quei pochi che non ne hanno mai sentito parlare sarebbe impresa improba. Basti sapere che si sono formati nel 1978 a Manhattan Beach (California) per volontà di tre amici – il chitarrista Frank Navetta, il bassista Tony Lombardo e il batterista Bill Stevenson – che hanno pubblicato il primo album Milo Goes To College nel 1982 dopo l’ingresso del cantante Milo Auckerman, e che da lì è iniziata un’interminabile serie di cambi di line up, periodi di pausa e ritorni in scena.

Lo stesso membro fondatore Frank Navetta è uscito dalla band nel 1983 per dedicarsi in modo esclusivo alla pesca, dopo essersi trasferito in Oregon, salvo poi ritornare a collaborare con il gruppo nel 1996 per il disco Everything Sucks, a fianco del suo sostituto Stephen Egerton.

Questo dettaglio è quanto mai importante visto che ad inizi Duemila Navetta si è nuovamente riavvicinato alla band e in particolare a Bill Stevenson e Tony Lombardo, con i quali ha registrato alcuni brani appartenenti al primo periodo pre-Auckerman, compresi i pezzi “Ride The Wild” e “It’s A Hectic World”, apparsi sul singolo di debutto dei Descendents.

Fast Forward e arriviamo ad oggi: Navetta è purtroppo scomparso nel 2008 e Milo decide di aggiungere la sua voce ai brani registrati nel 2002. Nasce così 9th & Walnut, nome preso dalla sala prove di Long Beach dove la band ha mosso i primi passi. Un disco nient’affatto nuovo, quindi, piuttosto un tributo al chitarrista scomparso e un modo per ritornare su quei primi anni di vita della formazione e metterli alla prova con la voce storica nonché da sempre immagine (anche in forma di cartoon) dei Descendents.

Storia intricata, insomma, che vede la formazione originaria alla prova con vecchie composizioni in un processo, cronologicamente, diviso in due fasi. In sintesi l’album colpisce il bersaglio e ci mette poco a lasciarsi apprezzare anche se la scrittura è leggermente diversa da quella dei brani più famosi. Non si tratta di chissà quale stile inaspettato, semplicemente c’è un retrogusto surf e un mood a cavallo tra power-pop e garage (in fondo la band era nata con un occhio rivolto ai Buzzcocks). Per il resto non si faticano a distinguere i Descendents degli esordi e il loro piglio irresistibile e trascinante, le cose funzionano e ci si ritrova a cantare pezzi tanto semplici da mandare a memoria quanto da amare.

Si avverte a tratti una contiguità (che non stupisce) con i primi Bad Religion e in generale la melodia, come era facile aspettarsi, regna sovrana all’interno di canzoni brevi e intense. C’è inoltre un gusto marcatamente retrò e una buona dose di nostalgia, visto anche che tutto oggi suona come un ultimo omaggio a Navetta e alla sua chitarra. Ciò che convince è che 9th & Walnut suona sincero e appassionato, non lascia con l’amaro in bocca e funziona. Non è il nuovo disco dei Descendents, perlomeno non lo è in senso canonico, e non rappresenta ciò che la band è nel 2021, ma noi lo accogliamo senza problemi come una delle poche buone notizie in un anno nefasto. Bentornati.

Tracklist

01. Sailor’s Choice
02. Crepe Suzette
03. You Make Me Sick
04. Lullaby
05. Nightage
06. Baby Doncha Know
07. Tired Of Being Tired
08. I’m Shaky
09. Grudge
10. Mohicans
11. Like The Way I Know
12. It s A Hectic World
13. To Remember
14. Yore Disgusting
15. It’s My Hair
16. I Need Some
17. Ride The Wild
18. Glad All Over