THE DECEMBERISTS, What A Terrible World, What A Beautiful World

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Con The King Is Dead i Decemberists non hanno sfondato, ma nelle classifiche che “contano” ci sono entrati e la risposta – anche ai drammi personali vissuti nel mentre – è un disco che prosegue il discorso intrapreso dopo la sbornia concettuale del duo The Crane Wife/The Hazards Of Love. Tutto è sicuramente servito per raggiungere l’equilibrio tra composizione e arrangiamenti, evidente da “The Singer Adresses His Audience” a “A Beginning Song”. Basta qualche ascolto per reperire in ogni anfratto stille della fresca musicalità di Picaresque come di Her Majesty e per assaporare la classicità, del tutto personale, di chi ha compreso appieno il proprio talento e lo sa esplorare per bene. Che mondo meraviglioso se anche Colin si permette di scrivere testi in prima persona (non che non si sia esposto in passato, ma ora è palese) e  se dimostra quanto abbia compreso che strafare o farsi ingoiare da un’idea – per quanto buona – non è cosa buona e giusta. Che mondo terribile se ancora non riusciamo a comprendere come stare meglio quando qualcuno ci offre “la cura” e la rifiutiamo per eccesso di ego. Ecco, l’egocentrismo è qualcosa che non ha nulla a che fare con questo lavoro, al contrario di maestria e di capacità di scrivere “belle canzoni” tout court, talento, quest’ultimo, che negli anni Zero si è rarefatto più che mai: Colin continua per la sua strada, barbone e occhialoni d’ordinanza compresi.

And oh my god,
What a world you have made here
What a terrible world, what a beautiful world
What a world you have made here