DEARTH, To Crown All Befoulment

Si è parlato molto di come la quarantena abbia influito positivamente sull’ambiente, limitando le attività umane e offrendo così un’inattesa tregua alla natura sempre più martoriata. L’urgenza del ritorno alla “normalità” ha però già messo in ombra i buoni propositi maturati negli ultimi mesi circa la necessità di nuovi modelli di sviluppo e stili di vita più sostenibili, restituendoci ad un percorso che rischia di condurci ai futuri post-apocalisse ecologica ben descritti dai californiani Dearth nel loro primo lp, To Crown All Befoulment.

La band nasce a Oakland (i cui grigi sobborghi non ispirano certo fiducia nell’avvenire) e ha forgiato un death metal opprimente e ferale, fortemente contaminato da black metal e influenzato da gruppi come Ulcerate, Gorguts e Deathspell Omega. Malgrado i richiami a formazioni note per la complessità delle composizioni, il loro lavoro risulta molto diretto, nonché un’ottima sintesi tra i canoni della vecchia scuola ed elementi più moderni e sperimentali.

Non andrà tutto bene: è questo il messaggio contenuto nel disco, i cui temi conduttori sono l’inquinamento e le catastrofi provocate dall’incuria umana. Non ci troviamo però di fronte ad una critica di stampo ecologista in stile Gojira, quanto ad una nichilistica e disincantata rappresentazione delle conseguenze nefaste dell’Antropocene, destinate in un futuro ormai prossimo a tormentare la specie umana come demoni in un girone infernale.

La sensazione di essere senza via di scampo emerge dal drumming selvaggio e dai riff dissonanti che si snodano lungo i trentatré minuti di musica, durante i quali i Dearth danno sfogo a tutto il loro arsenale di brutalità death-metal. Per quanto le destrutturazioni tipiche degli Ulcerate siano contenute in favore di composizioni più lineari, la band si mostra abile nello spiazzare l’ascoltatore con improvvisi cambi di dinamica, rallentando la corsa forsennata quel tanto che basta per permetterci di cogliere scorci di paesaggi devastati e malsani, operazione condotta alla perfezione in “The Reverence Of Swine” e “Death Sown In Polluted Soil”.

L’esordio dei Dearth colpisce per freschezza e maturità, andando ad arricchire la truppa di nuovi alfieri del death metal venuti alla ribalta negli ultimi anni (Ulthar, Blood Incantation, Tomb Mold e Chthe’ilist, tanto per citarne alcuni), testimonianza della vitalità di un genere che ha ancora molto da offrire. Auguriamoci di poter presto apprezzare una seconda prova di questi ragazzi di Oakland, prima che le loro profezie si realizzino e la Terra si trasformi in una tomba di liquami radioattivi.