Deafbrick: free speech for the drums

DeafBrick - foto di Felipe Pagani
DeafBrick – foto di Felipe Pagani

I Deafbrick nascono dall’incontro tra due nomi che hanno saputo conquistarsi l’interesse degli ascoltatori più attenti e curiosi, ovverosia i Deafkids, composti da Marcelo dos Santos (basso), Mariano de Melo (batteria) e Douglas Leal (chitarra), e i Petbrick, progetto che vede all’opera Iggor Cavalera – ovviamente alla batteria – insieme al manipolatore sonoro Wayne Adams, che si occupa della parte elettronica nel senso più ampio del termine. Dopo il live che ha visto i cinque musicisti interagire sul palco del Roadburn (ce ne avevamo già parlato un anno fa i Deafkids) è nata l’idea di incontrarsi per lasciare una traccia duratura dell’esperienza comune e delle sue potenzialità. Dai tre giorni chiusi in studio è nato un lavoro di cui vi parliamo in modo esaustivo in sede di recensione, quella che segue è invece la loro versione dei fatti, un vero manuale d’uso per comprendere ogni singola sfaccettatura di questa interessante collaborazione.

Un anno fa ho avuto occasione di intervistare i Deafkids e si è parlato dell’esperienza al Roadburn e dei remix apparsi su Permanent Dystopia. Sembra proprio che tutto questo abbia innescato qualcosa di duraturo, tanto da portare oggi a un disco che vi vede impegnati insieme. Cosa è successo e come sono nati i Deafbrick?

Marcelo: Da quando abbiamo cominciato a provare per il concerto al Roadburn, abbiamo sperimentato una forte connessione tra le due band. I Deafkids hanno avuto l’opportunità di suonare ancora in Europa quell’anno, per cui abbiamo pensato di approfittarne per registrare un disco e portare avanti quella follia sonora.

Mariano: Dopo quel concerto abbiamo capito l’enorme potenziale che avremmo avuto a disposizione qualora avessimo composto insieme un album con brani originali. Si trattava solo di incastrare gli impegni e creare l’opportunità perché ciò accadesse. Abbiamo subito percepito che esisteva una sovrapposizione, non solo nel suono ma nel modo di avvicinarsi alla sperimentazione e ad altri aspetti simili. Questo è il risultato, un disco quasi interamente scritto e registrato in due giorni e mezzo.

Avete passato tre giorni insieme a condividere idee in studio. Quale credete sia la cosa insieme più importante che ciascuna delle parti ha imparato dall’altra?

Iggor: Secondo me, la risposta corretta è: “dai spazio e rispetta gli altri musicisti che stanno collaborando con te e cose magiche ne scaturiranno”.

Mariano: Oltre a ciò, il fatto che l’avere simili talenti riuniti insieme ci permetteva di completare la visione di ciascuno in modi differenti, così, oltre ad avere due batteristi si poteva trovare posto anche per una drum machine e, anche con un basso e chitarra, c’era sufficiente spazio per viaggiare con i synth. Fare un passo indietro su un fronte permette di avanzare su un altro. Questo grazie all’utilizzo di tutto ciò che avevamo a disposizione: le percussioni che senti su “Sweat-Drenched Wreck” le ho realizzate io con un rullante percosso a mani nude. Allo stesso modo, per “O Antropoceno” io e Iggor abbiamo suonato con le mani una batteria normale. Un simile approccio ha portato molto in termini di qualità e ci ha permesso di creare molto con poco.

Avete improvvisato o vi siete confrontati prima sul modo migliore per amalgamare i differenti approcci nella costruzione dei brani dei Deafbrick?

Wayne: È stato abbastanza fluido, io mi sono presentato con un paio di idee come punto di partenza e abbiamo cominciato da lì, quindi direi da un riff elettronico su cui ho voluto che Mariano aggiungesse una batteria vera, poi c’era un riff di chitarra su cui ho aggiunto dell’elettronica, così… per provare a mischiare i due approcci differenti. Qualcuno ha portato lo spunto per un pezzo che gli piaceva e ha chiesto “perché non proviamo qualcosa del genere?” Quindi nulla è stato troppo complicato, tutto è semplicemente accaduto.

Uno dei pezzi di intitola “O Antropoceno”. Come mai? In Italia questa parola viene usata sempre più di frequente, perché si discute molto sull’impatto dell’uomo sul pianeta e sull’ecologia.

Douglas: Quel titolo mi è venuto in mente perché credo si adatti bene al tipo di scenario che il brano dipinge. Mi sembra che stiamo già sperimentando le conseguenze dell’impatto che il genere umano ha innescato con il “progresso” sul clima della Terra e sul suo ecosistema e come tutto questo tenda ad accelerare sempre più. Prima o poi potremmo trovarci ad affrontare uno scenario anche peggiore di ogni film distopico, come purtroppo già accade in molti luoghi incluso il Brasile, per questo credo che dobbiamo prepararci ad un grosso passo, perché dobbiamo agire globalmente. È interessante leggere ciò che hai scritto sull’Italia, perché sfortunatamente visto da qui sembra una cosa distante dalla realtà. Nelle foreste e nei campi di questo Paese esiste una costante guerra sanguinaria e la politica anti-ambientalista di Bolsonaro si è palesata come un piano di distruzione. Muovendosi in avanti con misure contro l’ambiente senza alcun dialogo con la società, queste politiche nocive generano danni incalcolabili alla popolazione, alle foreste, all’economia e al clima globale, oltre a sfociare in un continuo aggravamento della deforestazione dell’Amazzonia, come di altri biomi brasiliani, della violenza e delle minacce alle popolazioni indigene e così via… Questi bastardi malvagi vanno fermati immediatamente.

Benché appaia libera da uno specifico stile o forma, ho trovato che la vostra musica dimostri un forte legame con il crust e l’hardcore, non solo per la scelta di rendere omaggio ad un brano dei Discharge. Vi va di raccontarci che tipo di impatto ha avuto la scena hardcore punk sulla vostra vita e sulla vostra musica?  

Iggor: L’hardcore punk contiene un’energia cruda davvero speciale. Ascolto questa musica sin dalla fine degli anni Settanta e ancora riesce a parlare alla mia anima.

Mariano: Il mix di ritmo e durezza inventata dai Discharge con il D-beat è una delle mie fonti di ispirazione principali sin dal primo giorno. Credo che la nostra collaborazione meritasse di essere esplorata anche dal punto di vista di questo tipo di convergenza.

È impossibile non citare il sample “Even Metallica did a better job”. Come è nata l’idea di contattare i Discharge?  

Iggor: Sono un amico stretto di Bones e JJ dei Discharge, quindi ho chiesto loro di farlo come scherzo, la realtà è che apprezzano molto la nostra versione del pezzo.

Douglas: Devo dire che mai nella nostra vita avremmo immaginato di avere i membri dei Discharge come ospiti in un nostro disco (ride, ndr). Per cui è stato davvero eccitante, grazie Iggor per questo!

I Deafkids si concentrano molto su ritmo e percussioni, in particolare cercano di costruire un ponte tra passato e futuro degli stili e delle tecniche. Che tipo di risultato si è raggiunto con l’aggiunta di un batterista rinomato come Iggor Cavalera?

Wayne: Non sono sicuro, non penso che qualcuno di noi si sia unito al team Deafkids o Petbrick, la leggo piuttosto come una collaborazione circolare, qualcosa di nuovo formato dalle nostre personalità individuali passate e presenti. Per quanto riguarda Iggor, credo che tutti noi siamo stati influenzati dal suo contributo alla musica lungo gli ultimi trent’anni, ma so anche che il motivo per cui amiamo così tanto i Deafkids è che portano qualcosa di nuovo sul tavolo e lo fanno in un modo che sia io che Iggor troviamo affascinante, quindi anche noi siamo influenzati da loro. Perciò, la cosa funziona in entrambe le direzioni, mi piace vederla come una enorme palla che rotola giù per la collina e noi dentro che rimbalziamo in ogni direzione.

Mariano: Se le percussioni e il ritmo sono cose che vengono migliorate dalla sovrapposizione di strati, è meraviglioso crearli con Iggor e con le conoscenze di Wayne nel creare loop di batteria originali. Questo ci ha permesso di rafforzare la batteria (come nell’ultimo pezzo) o aggiungere percussioni alla batteria o, addirittura, delle “synthcussions” come nella metà/finale di “Sweat-Drenched Wreck”, con un suono che sembra un glitch ritmico ma che in realtà è ottenuto live. La scelta di lavorare sui layer si è rafforzata via via e ci apre sempre maggiori prospettive quando ci immergiamo ciascuno nelle idee degli altri.

In alcuni momenti, le parte elettroniche creano un’atmosfera sci-fi: avete pianificato questo incontro tra passato (tribalismo) e futuro (elettronica) in modo consapevole?

Wayne: Questo è ancora una volta l’effetto “palla che rimbalza giù dalla collina con noi dentro”. Amiamo entrambi questi suoni e sono parte della nostra storia ma anche il nostro futuro o il nostro passato-futuro. Non credo che ci siamo prefissati questo come un risultato voluto, perché non abbiamo avuto abbastanza tempo per fare calcoli, ma al contempo eravamo consapevoli di questa combinazione di suoni e di quali fossero le sue potenzialità.

Che mi dite dell’attuale situazione in Brasile e l’assurdo mix tra politica e pandemia? Visto da un punto di osservazione esterno sembra un momento davvero preoccupante per il vostro Paese.

Mariano: Per quanto possa essere complicato, questo flusso di corruzione che inaridisce tutto, le politiche di estrema destra e il negazionismo sono davvero nocivi per la nostra salute mentale, in un modo che nessuno nel Nord del pianeta ha mai sperimentato (almeno per come la vedo io). Mentre l’OMS dichiara che ieri (il 13 settembre) abbiamo superato i precedenti record di infezioni a livello globale, in Brasile moltissima gente sembra ancora ignorare l’intera questione. Per esemplificare quale sia il livello di “bipensiero” che viviamo ogni giorno qui, stiamo assistendo ad una sconfitta sul tema dell’esenzione fiscale per le chiese, estesa anche ai loro profitti, perché, mentre da una parte il presidente pone il veto su alcune parti della legge (quelle appunto che ampliano la portata delle esenzioni, ndr) e ammette pubblicamente che lo sta facendo solo per prevenire un processo di impeachment, dall’altra dice al congresso di rovesciare il veto stesso. La ragione è che i suoi più grandi alleati sono le chiese neo-pentecostali, responsabili del mantenimento del suo sostegno e della sua narrativa in quanto rappresentano il più grande potere sociale e religioso del paese. Tutto questo in un mix di analfabetismo, fake-news e oscurantismo religioso che rende la situazione davvero malsana per le nostre menti. Anche per colpa di chi nega che tutto ciò stia avvenendo, dobbiamo confrontarci con il fatto che recessione e crisi sono reali. Questo crea ancora più distacco e porta a maggior risentimento, odio e paura, ovvero le armi di chi è attualmente al potere. Su tutto ciò vanno aggiunti gli incendi che stanno infiammando varie foreste (Amazzonia, Pantanal…), mentre il governo ancora una volta nega l’evidenza e appoggia chi afferra questa opportunità per depredare i terreni, anche perché è difficile tener traccia di un così alto numero di incendi.

Iggor, continui a seguire la situazione in Brasile? Cosa credi ti abbia lasciato la cultura di questo paese nella tua arte e nel tuo modo di pensare mentre sei in giro per il mondo?

Iggor: Sono sempre molto connesso con il Brasile, ho mia madre e due figli che vivono ancora lì. Parliamo regolarmente della situazione e mi informo anche delle novità in campo artistico. Ma ho anche delle difficoltà a ritenermi un fiero brasiliano, perché mi considero un cittadino del pianeta.

Credete che questa collaborazione andrà avanti in futuro, in studio o dal vivo? Che piani avete come Deafkids e Petbrick?

Iggor: Non vedo l’ora di lavorare a Deafbrick 2.

Wayne: Portiamolo avanti! Magari ora potremmo fare una cover dei Metallica o magari no, sarebbe una merda.

Douglas: Sì! Speriamo di andare in tour come Deafbrick quanto prima, non vedo l’ora di essere su un palco ancora una volta con queste persone e con il volume al massimo!

Mariano: Segnatemi per questa cosa! Facciamo i Petkids o, forse, sarebbe meglio continuare come Daefbrick (risate, ndr)…

Marcelo: Yeah, la collaborazione continuerà, speriamo di portarla ancora in giro dal vivo quanto prima.