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D.IN.GE.CC.O, Bacanadera e Bacanadera Butterfly

Già da qualche anno le strade della contaminazione etnica sono tra le più trafficate nel panorama della musica elettronica made in Italy. Forse in nessun’altra nazione dell’Occidente è accaduto con altrettanta evidenza e prepotenza: artisti quali Populous, Clap! Clap! o Khalab non hanno bisogno di presentazioni, sono spesso sul cartellone dei grandi festival internazionali e hanno quasi più seguito all’estero che qua in Italia, ma anche outsider meno noti, come Montoya o Cemento Atlantico, hanno dimostrato di avere idee a volontà e l’abilità, il talento di metterle in pratica.

S’inserisce ora in questa già ricca corrente sonica anche Gianluca D’Ingecco, attivo in campo discografico sin dal 2013, ma anche video-artista e persino autore di due libri (uno dei quali dedicato alla figura di Franco Battiato). Tra marzo e settembre, infatti, D.In.Ge.Cc.O ha pubblicato due album, che possono anche essere considerati le due parti di un’unica opera, le due facce della stessa medaglia, e che prendono spunto dal tema del viaggio e della scoperta geografica per esplorare, allo stesso tempo, l’inconscio e le sfaccettature dell’io. Il primo, Bacanadera, ha per titolo un neologismo che fonde i termini batucada e baccanale, sottolineando così, sin dal principio, l’attitudine alla contaminazione e l’importanza del ritmo, quanto più originario possibile, tra Africa e Sud America; il secondo, invece, racconta il ritorno verso casa, quando si è inevitabilmente cambiati, come il bruco che è oramai divenuto farfalla.

Sono due dischi insieme simili e differenti, capaci di partire dalla stessa materia per giungere a risultati, almeno in parte, diversi e mantenere comunque una continuità, una coerenza affascinanti. Bacanadera si apre con una “Say Goodbye” che tinge di spezie world il più sofisticato downtempo Nineties, mentre la malinconica d’n’b sfiorata da ricordi d’infanzia e suggestioni latine di “Lounge Kids” introduce la vena più introspettiva del producer. Le stesse suggestioni tornano nella successiva “Cities Of God”, quattro minuti che partono evocando Paolo Conte e poi si trasformano in un vorticoso meltin’ pot futurista.

L’ambientazione e le ritmiche brasileire di “Não Esqueça Sua Bagage” sono invece la scusa per abbandonarsi a una frenesia carnevalesca (che nella successiva “La Primera Vez” si sposta qualche parallelo più a nord e si tinge, contemporaneamente, di sensualità e abbandono).

Chiude questo primo episodio “Caballero Solitario”, crepuscolare omaggio ai Gotan Project, mentre l’elettronica giocosa di “Light From Dreams”, memore più dei mitteleuropei Mouse On Mars, apre il secondo. Anche qui ritorna la figura del caballero, ma indossa le vesti slabbrate e polverose del dub più meditabondo. Bacanadera Butterfly suona dunque più intimista e notturno (non a caso ben due brani portano la mezzanotte già nel titolo), ma non perde la sua inquietudine ritmica, anzi finisce per declinarla con forse più ossessione (“Dark Tribal Carnavau”).

Synth pop dal gusto esotico, dub, sampledelia diffusa e una materialità che rimanda al jazz allargato di Kip Hanrahan sono i tratti caratteristici di questa doppietta di dischi firmati D.In.Ge.Cc.O, suadente colonna sonora di traversate reali e metaforiche.