CRISTIAN NALDI, Rurale

Per il suo secondo lavoro solista, uscito da poco per Boring Machines, Cristian Naldi sceglie di inframezzare composizioni originali con rivisitazioni dei classici. Per quanto riguarda i secondi, il chitarrista già componente di Ronin, Fulkanelli e Mise En Abyme, filtra attraverso un estro e una sensibilità del tutto particolari brani del repertorio di autori colti del Novecento, Henryck Górecki, l’ipertrendy Arvo Pärt (pare che sia da alcuni anni il classico contemporaneo più eseguito al mondo), Gabriel Fauré e Dmitri Shostakovich: le composizioni risultano fortemente travisate dal timbro mutante della chitarra di Naldi, dall’impiego abbondante di distorsioni, dissonanze e scordature in corso d’opera.

Particolarmente toccante è la rilettura del lavoro più conosciuto di Górecki, la sinfonia n. 3, che vede sovrapporre il primo movimento, quello dedicato al lamento della madre di Cristo, con i campioni tratti dal film “Mamma Roma” che Fiè, manipolatore di suoni della Fuzz Orchestra, smonta e rimonta in modo da costruire un parallelo fra le due dolorose narrazioni, sacro e profano legati a doppio filo da un tragico destino. È tanto stridente quanto sfolgorante il contrasto fra la solennità vibrante delle distorsioni e gli scampoli pasoliniani, formidabile la sutura fra i violini di Vivaldi presi dal sonoro del film e le note del compositore polacco.

Gli originali di Naldi sono invece tutti centrati sul tema agreste sviluppato in maniera assolutamente caratteristica: il prologo sa di calura e polvere, di terra e di fatica, con i field recordings di Giovanni Lami (protagonista con Cristian del progetto Mise En Abyme) che si insinuano tra le asprezze della chitarra. “Requiem Rurale”, diviso in due parti, è in realtà opera della Byzantium Experimental Orchestra, ensemble ravennate dalla struttura mutevole che qui vede la presenza, fra gli altri, accanto allo stesso Naldi, di Vincenzo Vasi, Nicola Manzan (Bologna Violenta) e di nuovo Lami. Quello evocato è uno scenario notturno animato da diafane presenze e voci spettrali: sembra essere l’aspetto magico della vita nei campi quello qui posto in risalto da Naldi, un mondo permeato da magia e paure ancestrali, narrato attraverso una performance corale in cui la chitarra sembra uscire allo scoperto solo nei minuti finali.