Contropotere: dalle nebbie del tempo senza indietreggiare

La narrazione della scena hardcore punk (non solo) italiana non può prescindere dalla storia dei singoli protagonisti e delle peculiarità che contraddistinguevano ciascuno dei nomi coinvolti nel quadro d’insieme, questo perché una delle caratteristiche di ciò che siamo soliti far rientrare sotto il cappello del termine “hardcore” è proprio l’aver lasciato piena libertà espressiva a chi vi si avvicinava e ne abbracciava gli ideali. Oltretutto, specialmente nel nostro Paese, è stata spesso una storia fatta di realtà nate e cresciute in luoghi distanti dai punti nevralgici di interscambio e confronto con ciò che accadeva all’estero, fattore che in un periodo lontano dall’avvento di internet rendeva il tutto ancor più libero di seguire una propria personalità al di fuori di cliché e stereotipi di genere. A volte capitava che fosse una storia riportata da chi aveva viaggiato e si era confrontato con esperienze differenti per riportare a casa le proprie impressioni e il proprio modo di interpretarle, così da finire per mischiarne gli ingredienti con quelli autoctoni e con il particolare clima socio/politico della penisola. Proprio da un rientro dall’estero inizia la nostra chiacchierata con i Contropotere, oggetto della recente uscita multimediale È Arrivato Ah Pook, One Night One Shot, realizzata da ASH ProduKtionen ed Heresia Records grazie a un’idea del video designer Gabriele Marchina (gabrielemarchina.com). La scintilla è stata un live della band, che ha deciso di riunirsi sul palco per una singola serata svoltasi a Treviso nel 2017: chiamato a riprendere l’occasione e saputo che i Contropotere avevano intenzione di ristampare È Arrivato Ah Pook, uscito originariamente nel 1986, Marchina ha pensato che una semplice riproposizione delle tracce in formato audio avrebbe fatto perdere un po’ della magia che caratterizzava sin dagli albori la “Tribù”. Da questa intuizione è nato il box che contiene l’album, il live e una serie di sei video affidati ad altrettanti registi, video-maker e illustratori. A ciò va aggiunto un booklet con testimonianze e informazioni a completamento di quanto già espresso da video e musica, per rendere quanto più esaustivo e ricco questo omaggio a un disco che prende ispirazione da Blake e Burroughs per dar vita ad un concept sulla visione di una società libera che trascende la politica, le ideologie, la lotta per il potere. Per rendere giustizia a qualcosa di così complesso, ho pensato di farmi aiutare dai suoi protagonisti, cui va il mio enorme grazie per essersi prestati senza lesinare energie e tempo per offrire un racconto quanto più completo e appassionato di ciò che i Contropotere hanno saputo rappresentare nella loro vita e nella storia della scena hardcore italiana.

Per contatti:

facebook.com/Contropotere-HC-86-Box-Remaster-Video-Album e facebook.com/Marchina.Video.Designer

Ciao, prima di tutto grazie mille per aver accettato di partecipare a questa chiacchierata. Comincerei con il raccontare (o ri-raccontare) ai nostri lettori la storia dei Contropotere e soprattutto come è nata una delle realtà più particolari della scena hc italiana anni Ottanta. Ricordate come vi siete incontrati e come è scattata la scintilla?

Billy (chitarra): Bostik e Lucia tornavano da Berlino come “Elettrocrazia”, fermandosi nel centro sociale di Rovigo, dove li incontrai. Da poco si erano sciolti i Link Lärm, band hc padovana di cui facevano parte Andrea (Ash) e Alli, con i quali avevo collaborato nell’ultimo anno. Parlando con Bostik e Lucia si instaurò una sorta di alchimia. Vennero a casa mia, nella Riviera del Brenta, e contattai Andrea (Ash) e Alli. In breve tempo, rovistando nella mia discreta biblioteca e con mirate prove musicali, nacque il primo demo-tape e la prima uscita live al forte Prenestino, Roma.

Alli (batteria): Stavo nei Link Lärm con Andrea Ash, che ne era uno dei fondatori. Da un po’ di tempo suonavamo anche con Billy. Bostik e Lucia, invece, suonavano già insieme a Napoli come Elettrocrazia, erano stati chiamati a fare una performance in una fabbrica occupata a Berlino che festeggiava l’occupazione e poi si erano fermati lì per anni. A fine 1985 erano tornati in Italia stimolati dall’esperienza avuta e con il desiderio di formare un gruppo, una Tribù con cui realizzare e condividere avventure comuni di autogestione e creatività, fermandosi in Veneto. Non ne conosco il motivo. Ma questo, per chi non crede nel caso, ha poca importanza. Una notte incontrarono Billy in un centro sociale di Rovigo, che ce li presentò, e dopo qualche giorno stavamo suonando insieme nella sala prove di casa mia. Alcuni brani avevano già una prima forma nata a Berlino mentre altri nacquero e furono sviluppati con la partecipazione di tutti. Andrea Ash passò dalla chitarra – lo strumento che suonava nei Link Lärm – al basso. Registrammo dopo poche prove su bobinone e in presa diretta la demotape È Arrivato Ah Pook in uno studio di registrazione di Mira in provincia di Venezia, uno studio in cui ci trovavamo a nostro agio e dove avevamo già registrato io e Andrea come Link Lärm alcuni brani (che sarebbero finiti su di una compilation dal nome “Sutura Eterna”) e dove saremmo poi tornati come Contropotere con la formazione del Novanta per registrare alcuni brani dell’lp “Il Seme Della Devianza”, mentre altri brani li registrammo all’Alaska studio di Londra. Lo studio di Mira era vicino a casa di Billy dove facevamo base, a parte la base mobile, il furgone/camper nero di Bostik. Casa di Billy aveva una fornita libreria, molto interessante, e fu d’aiuto per creare il concept. La Demo, inserita anche nella punkzine “Urban”, girò molto e in fretta ed ebbe una buonissima risposta, anche all’estero, arrivando anche nella scena americana. Come dicevi tu, dopo la scintilla scoccata per un incontro magico, cominciammo a suonare per l’Italia. I concerti in Europa, invece, arrivarono dal 1990 in poi con un’altra formazione e un tour in America saltò per poco.

Una delle caratteristiche dei Contropotere è il loro essere stati composti da musicisti provenienti sia da Napoli che dal Veneto e di aver cambiato più volte formazione, tanto da darmi (non solo per questo) l’impressione che si trattasse quasi più di un collettivo che di una semplice band. Mi sbaglio? Come la avete vissuta voi dall’interno?

Billy: Finché non ho avuto problemi che esulavano dai progetti comuni, con Bostik e Lucia ho condiviso la mia abitazione. Il passaggio successivo, visto l’avvicendarsi di altri musicisti e non solo, mi è parso come un tentativo in parte riuscito di superare il fallimento delle “comuni” degli anni Sessanta e Settanta. Il vissuto musicale è la logica sommatoria degli stimoli avuti nel corso degli anni. Dal rock’n’roll al jazz alla classica, non scartando musiche ascoltate, e parzialmente filtrate, in giro per il mondo, Africa e Asia comprese.

Alli: Questa è una bella domanda per poter rispondere anche alla precedente riguardo la storia dei Contropotere dall’85 al ‘95 e la risposta non potrà essere breve (risata, ndr). L’esperienza Contropotere si è sviluppata nel tempo in diversi modi ed è stata legata a momenti specifici, sia come contesto storico sia come percezione della realtà soggettiva. A questa intervista, per varie motivazioni, prendiamo parte solo io e Billy con un contributo dell’amico video maker Gabriele Marki, che ci ha sostenuti molto in questa nuova avventura, oltre ad essere lui ad aver lanciato l’idea di aggiungere i video all’interno del Box che stiamo distribuendo, prodotto da Andrea Ash. È giusto specificare che le risposte non possono che essere personali e vale per tutte quelle che si potrebbero dare riguardo i Contropotere, a meno che non si tratti di cronologia degli eventi e anche lì dipende dalla memoria della singola persona, e comunque, se ci fossimo tutti, ne sarebbe uscito un libro, non un’intervista (risata, ndr). Personalmente tengo molto alla verità e alla coerenza con alcuni principi che considero importanti e quindi anche a raccontare la storia nel rispetto di tutti i membri storici, senza manipolazioni. Altrimenti che Contropotere saremmo? Contropotere per noi significava “contro ogni forma di potere imposto”. Non un altro potere da imporre a qualcuno (risata, ndr). Insieme a Lucia e Bostik ho attraversato l’avventura dall’inizio alla fine, quindi mi fa piacere parlare. Al di là delle definizioni, che possono dire tutto e niente ed essere limitate e interpretate in modi diversi, i Contropotere sono stati principalmente un’esperienza umana e musicale attraverso trasformazioni e sperimentazioni. Per questo più che una band musicale si potrebbe definirla una Tribù, primo perché per diverso tempo così ci eravamo considerati e, poi, per quello che rappresenta. La prima formazione dell’86 aveva delle dinamiche interne differenti da come si sarebbero sviluppate poi e, come le altre, era un mix di più esperienze. Differenti età, quindi differenti percorsi e provenienza “culturale”. Io ero arrivato in Veneto da Milano e appena potevo tornavo al Virus di Correggio, dove suonai anche a capodanno ‘82 con la mia prima band veneta che si chiamava Scarica. Si capisce che amavamo i Discharge (risata, ndr)? Al Virus prendevo materiale musicale e fanzine che distribuivo in Veneto. Ricordo come fosse ora quando presi dalle mani di Giammario delle copie del primo ep dei Wretched In Nome Del Loro Potere Tutto È Stato Fatto. La formazione Contropotere cambiò nel 1988 quando Bostik propose una base comune a Napoli e l’unico della prima incarnazione a seguire Bostik e Lucia a Napoli fui io. Da lì in poi diventammo una Tribù, composta via via da nuovi incontri, nuovi amori, con relazioni molto movimentate. Condividevamo molto, sia come rapporti, sia come vita in comune nella base che era stata realizzata grazie alle possibilità di Bostik. In quegli anni questa era la magia. L’entrata dei nuovi “elementi”, con la loro storia, essenza e personalità, ogni volta modificava le dinamiche interne, il suono e la musica. Nel 1988 entrò nel gruppo Cesare al basso, che Bostik e Lucia avevano conosciuto a Berlino negli anni trascorsi lì e lui portò un’anima più sperimentale che coinvolse tutti e da cui nacque l’album Nessuna Speranza Nessuna Paura, con Ciro di Napoli alla chitarra, che lasciò però il gruppo subito dopo. L’lp fu registrato a Bologna con l’Attack Punk Records di Helena Velena e con Gaetano Pellino come Sound Engineer e creativo. In quel periodo vivevamo a Bologna nella realtà dell’occupazione dell’Isola nel Cantiere. Andrea Ash della prima formazione ‘86 ci aveva consegnato in eredità un brano (che aveva creato alla chitarra prima di lasciarci) su cui avevamo scritto un testo importante e che avrebbe dato anche il titolo a quell’album. Nel ‘90 anche Cesare per qualche anno ci lasciò per seguire un altro gruppo in cui suonava e dopo essere diventato padre con la nascita della sua prima figlia, la mia prima nipote. Stavo dimenticando una cosa importante. Mio padre, anche lui artista e batterista, ha partecipato a tutt’e due i nostri lp e nell’ultimo ep, supportandoci, sviluppando e suonando con me le parti percussive, fotografando e filmando (ha girato molti video dei nostri concerti soprattutto in Germania, venendo con noi in Tour con il suo camper che era anche una base comoda e tranquilla per il bambino Jahila). Ancora oggi mi stupisce, ma comprendo anche perché tengo molto a questa avventura e al suo ricordo. Non è solo la mia storia ma anche della mia famiglia e di quelli che amo. Sorella e padre e anche fidanzata con bambino coinvolti nelle avventure della tribù. Più di così. Lo comprendo ora ricordando. E spero lo comprenda anche qualcun altro (risata, ndr). L’entrata del nuovo chitarrista Andrea D e di Valeria al basso, al tempo appunto la mia compagna, tutt’e due di Napoli, trasformò ancora una volta i rapporti interni e la musica del gruppo, e generò Il Seme Della Devianza del 1990, realizzato con l’etichetta tedesca Skuld Releases. Cesare lasciò per il nuovo lp una sua idea, un brano di 20 minuti, “Urragan” (che si trova in quell’album) e su cui sperimentammo per più di un anno, con lui e senza di lui: il pezzo su disco è suonato senza il suo basso e anche senza il basso di Valeria, come anche “La Chiave Del Tempo”. Registrammo questi due brani a Londra dopo che Valeria era rientrata in Italia con il figlio perché avevamo grossi problemi economici e di sopravvivenza. Avevamo la base in uno Squat con le sbarre alle finestre a Kingston. Poi, sempre con la stessa formazione nel ’92, registrammo in uno studio di Napoli l’ep Solo Selvaggi, sempre con l’etichetta tedesca. I brani dell’ep erano nati di getto, più semplici rispetto a quelli degli altri due lp. La trasformazione nel tempo era su più piani. Da quello dei rapporti e dello sviluppo degli stessi, come spiegavo prima, a quello delle idee, a quello della tecnologia che stava cambiando. Bostik, oltre alla tastiera distorta degli inizi, aggiunse strumentazione e lavorò su nuovi suoni e campionamenti che trasformarono l’esecuzione e il sound della band nei Live, che divennero anche una performance che si sviluppava durante il concerto con l’aggiunta di attori e la costruzione di una scenografia con tubi Innocenti. Difficile da descrivere ora, ma sarà sicuramente rimasto impresso nella memoria di chi ha potuto vederla. La performance si chiamava U.S.P., cioè Uniformità Sociale Precostituita. La Tribù era cresciuta nel tempo. Si era unita Lavinia come performer e corista. Si era unito anche Riccardo che divenne il nostro tecnico del suono e anche loro vivevano alla base. C’era anche una sperimentazione multimediale con la creazione di video, arte a cui Bostik era interessato. E anche questi si aggiunsero ai live e da questo nacquero anche produzioni video, cortometraggi e documentari. Alla base avevamo oltre alla sala prove anche una serigrafia dove si creavano le nostre magliette che erano importanti, nei tour, come supporto economico. Le evoluzioni personali di ognuno di noi con il tempo portavano a strade e consapevolezze diverse. Andrea D, l’ultimo chitarrista della Tribù, durante un lungo tour in Germania conobbe Anja di Brema che entrò a far parte della tribù come performer e come autista del camion/camper che lei e Andrea D avevano preso per trasportare la tribù ormai numerosa e tutto il materiale per la performance U.S.P., a cui ho accennato prima, in cui utilizzavamo anche una ruota gigante, chiamata “della tortura”, alla quale “il clonato”, che fuggiva dalla struttura in cui era stato rinchiuso, veniva legato e fatto girare dagli “agenti della matrix” prima di essere liberato. Andrea D andò a vivere per un periodo con lei a Brema e nel ‘93 portò alla “Stella”, la base napoletana, molte idee create da lui al computer. Questo portò un’ulteriore trasformazione radicale del concetto di musica, attraverso l’uso delle macchine, l’elettronica e l’idea del Cyborg. Per capirsi, è stato definito “tecno core tribale”, lontano dall’hardcore sangue e sudore dell’inizio. Cercammo di unire le diverse anime, tra cui quella sperimentale e “mistico sonora” su cui lavoravamo da qualche tempo io e Cesare, che nel frattempo si era riunito alla tribù, e provavamo in un casolare sperduto senza acqua e corrente elettrica sugli appennini toscani, con un generatore di corrente. Brano rappresentativo di questa linea è “Oltresuoni”, l’ultima traccia del cd Cyborg 100% del ‘94. In altri brani lavorammo per unire la nuova linea elettronica (che potrebbe essere rappresentata dal brano “Bollettino n 22” di quel cd) con quella acustica sonora. Di questo mix tra le due linee può essere rappresentativo “Tempesta Magnetica”. Tutti i brani si trovano ora comunque facilmente in rete. Un mix di pezzi molto diversi tra loro dove per la prima volta ciascuno di noi era autore di uno dei testi. In questa nuova situazione creammo e registrammo nella sala prove della Stella, nella base napoletana, il cd autoprodotto sopracitato dal titolo Cyborg 100%, trasformando il nome del gruppo da Contropotere a CP/01. Si erano sviluppate strade musicali e di vita differenti, trasformazioni che ognuno aveva sviluppato collaborando all’interno di cerchi che si erano venuti a creare. L’obbiettivo comune si era perso. Non si era perso però il desiderio di realizzare “tutto ciò che l’ossessione della realtà ha dichiarato assurdo”, come dicevamo in un testo, ciò in cui credevamo, ognuno a suo modo, ciascuno secondo la propria visione e consapevolezza. Il cd Cyborg 100% era frutto di una nuova sperimentazione ancora da sviluppare e decisamente in anticipo sui tempi: essendo totalmente autoprodotto, girò poco e alcuni “fan” e amici non apprezzarono la trasformazione. Tutti questi fattori amplificarono le difficoltà a continuare insieme. Lasciammo la casa/laboratorio/sala prove in comune. Ognuno prese la sua strada. Ci fu un breve periodo in cui Bostik, Lucia e Andrea D, tutti e tre napoletani, portarono avanti alcuni brani di quel nuovo stile “teckno core tribale” nato con Cyborg 100%, con batteria elettronica e campionatori. Ma anche loro dopo poco lasciarono il progetto, andando ognuno per la propria strada. Ci furono collaborazioni nel tempo tra alcuni di noi. Io e Bostik collaborammo alle musiche di un progetto creato da Joe Rush, uno dei fondatori della Mutoid Waste Company, con il nuovo gruppo Mutek, realizzando nel tempo spettacoli in giro per l’Italia fino a crearne uno dal nome “Total Reality” (se ne parla nel libro “Mutate or Die” edito da Agenzia X, dove Rote Zora ha raccolto i racconti della storia dei Mutoid). Ci fu un tentativo di reunion dell’ultima formazione dei Contropotere nel 2009 fallito per varie problematiche organizzative, ma che ricollegò me, Cesare e Andrea D e, dato che ci eravamo ritrovati diverse volte a provare i brani per la reunion, mettemmo in piedi un nuovo progetto che si fondava su un ritrovato feeling musicale e di amicizia. Nel 2007 avevamo perso in una disgrazia il bambino Jahila che ormai aveva 19 anni e che avevamo visto crescere all’interno della tribù, e questo ci segnò molto… La Tribù si era disgregata. Suonai la batteria in qualche progetto di Andrea Ash di Padova. Nel 2013 Bostik, Lucia e suo figlio, Lavinia e alcuni amici, tutti di Napoli, fecero un concerto come Contropotere. Nel 2016 sempre a Napoli ci furono le “Tre giornate del Tienament”, un festival con convegni, concerti, mostre, performance. In quell’occasione Bostik presentò il suo libro “L’edificio Occupato”, dove raccontava in forma romanzata la storia del periodo dell’occupazione di Tienament, lo spazio liberato a Napoli e da cui si è sviluppato poi un documentario uscito nel 2020 e realizzato da Bostik con Alessandro Abate. Suonarono durante quella tre giorni come Contropotere i membri napoletani, supportati anche da Valeria che ormai vive in Spagna e da alcuni amici napoletani. La formazione storica, però, dal ‘95 non è più riuscita a ricomporsi unita e quindi a fare un concerto all’altezza dei tempi d’oro, malgrado alcuni ex membri siano ancora musicisti. Purtroppo non si è riformata unita neppure al richiamo per un concerto a trent’anni dall’uscita di È Arrivato Ah Pook nel 2017 a Treviso, anche per questioni logistiche.

Nel panorama della scena hardcore punk italiana vi ho sempre percepiti come in fondo quelli più legati alla scena anarcho-punk inglese, vuoi per i testi che per l’approccio. Quali erano in realtà le vostre radici e che tipo di rapporto avevate con le altre realtà italiane del tempo?

Billy: Per ciò che riguarda l’anarco-punk inglese, penso fossimo altra cosa da band come Crass o Poison Girl, se parliamo di costruzione musicale. Anche i testi, pur condividendo temi di fondo come la critica feroce al Potere, erano concepiti in modo diverso. Con altre band italiane non si è sempre cercata e a volte avuta collaborazione.

Alli: Eravamo certamente interessati e influenzati dalla scena inglese, sia come comunicazione che musicalmente. Oltre che dai Sex Pistols come “sveglia” iniziale, eravamo poi stati certamente colpiti e influenzati dalla scena dei Crass e dai Discharge. Queste due band e molte altre avevano influenzato la scena italiana a cui facevamo riferimento. Credo che le radici iniziali, legate a ciò che abbiamo fatto quando siamo partiti e poi sviluppato, fossero più o meno queste per tutti. L’antimilitarismo, il vegetarianismo, la vita comunitaria e la ricerca di un giusto equilibrio di rispetto tra uomo e donna (quest’ultimo tema era importantissimo anche nei Contropotere, dato che eravamo praticamente composti a metà da donne e metà da uomini…). E comunque, come dicevo, è sempre d’obbligo il “più o meno”. Le mie radici sono altrove (risata, ndr) ma parlando di quelle riguardanti la scena punx, furono il Virus e i Wretched e questi furono a loro volta influenzati da Crass e Discharge, quindi tutto torna (risata, ndr). Musicalmente come ascolti passavamo dai Dead Kennedys agli Slayer. Personalmente portarono nuova ispirazione i Bad Brains, sia come sound, sia come musicisti che come “Positive Mental Attitude”. Più avanti ci aprimmo anche ad altri mondi e modi di sentire e interpretare la realtà con Swans o Einstürzende Neubaten. Quindi è limitativa l’associazione con la scena anarcopunk inglese. Un insieme di mondi diversi tra loro si incrociavano. Cercavamo soprattutto sperimentazioni personali, sia musicali che umane. Andando avanti cercavamo quindi di farci influenzare il meno possibile con l’idea di creare cose nuove. Avevamo età diverse tra noi, anche più di dieci anni di differenza, quindi percorsi molto diversi e quindi è difficile poter parlare per tutti. Venivamo da percorsi e realtà molto diverse tra loro. Personalmente per me è stato molto formativo vivere la scena punx italiana degli anni ‘80 di Milano e Bologna, così potente e spontanea. La realtà delle fanzine, dei concerti con i primi gruppi italiani hc e non, pazzeschi. Wretched, Indigesti, Negazione (ma la lista sarebbe lunghissima), i punti di ritrovo per divertirsi o per manifestare dissenso al sistema. Girando poi a suonare si aprirono contatti con le realtà occupate, nuovi spazi liberati che nascevano e dove ci fermavamo a convivere. Fino ad aprire il primo spazio occupato apolitico a Napoli. Il TienAment di cui raccontavo prima, occupato nel 1989 e sgomberato nel 1996.

Una delle caratteristiche principali della scena hc italiana è sempre stata una sua maggiore vicinanza con temi sociali e politici, vuoi per il legame con le realtà occupate che per l’impegno attivo su certe problematiche. Vi consideravate una band politica e, se sì, che peso ha avuto nel connotare la vostra musica e la vostra espressività?

Alli: Dipende dal significato che si dà al termine. Ci definivamo Apolitici. Quindi, c’è da aggiungere altro (risata, ndr)? La politica vera è fatta di scelte quotidiane, di rapporti umani corretti, empatici e onesti. Non siamo mai stati un “partito” ideologico comune, per intenderci. Ognuno aveva idee e consapevolezze diverse dietro alla condivisione di simboli comuni. E si può notare molto di più ora, a distanza di tempo e in questo strano momento storico che stiamo vivendo, dove è diventato difficile capirsi anche tra amici e dove l’abito non fa più il monaco (risata, ndr). Vedevamo lontano e percepivamo i rischi di una società senza consapevolezza, senza coscienza. Della omologazione imposta. Viviamo un conflitto dovuto anche alla superficialità, a definizioni imposte e alla manipolazione dei media controllati da pochi. L’esigenza comunicativa e il contesto hanno avuto molto peso sulla musica. La “politica” del “do it yourself” metteva in assoluto secondo piano la cura del suono e dell’esecuzione, soprattutto all’inizio. Le idee portate da ognuno erano molto diverse tra loro, soprattutto dalla seconda formazione in poi e quindi messe insieme hanno fatto nascere brani e visioni sulla realtà che si allontanavano dal genere da cui eravamo partiti, verso sperimentazioni nuove.

Billy: Politica è la capacità di operare delle scelte in maniera autonoma. Non so se questo valesse per i Pooh o i Cugini Di Campagna. Noi, pur con caratteristiche di base diverse, siamo confluiti in un comune sentire che si concretizzava in testi, musica e vita, assieme, a partire dalle proprie esperienze personali. Personalmente, mi sono scontrato molte volte, anche fisicamente, con chi esercita potere, in tutte le sue forme. Ho fatto l’operaio in fabbriche di morte come la Montedison di Marghera, ho visto lo strapotere annichilente dei principi sauditi e la fame dei miei compagni di lavoro in Costa d’Avorio e in Angola. Da adolescente ho praticato arti marziali e ho sviluppato a partire dal Bushido, un progetto di vita che individua nella lotta e non nel potere, l’obiettivo individuale, sociale e politico. La radicalità consiste nel non fermarsi mai su dati acquisiti, su alcuna vittoria o sconfitta, per rimettere sempre in gioco il divenire. La capacità di generare, da una parte, valori provvisori che permettono di analizzare i rapporti di forza (“un’estetica fluttuante” con più di mezzo secolo di ritardo sulla fisica di Einstein), dall’altra modi operativi che permettano di mettere in moto questi rapporti di forza (strategie e tecniche). Uno di questi modi era anche la musica e più in generale la diffusione culturale.

È Arrivato Ah Pook, uscito nel 1986 come cassetta autoprodotta, sottolinea anche un’altra vostra peculiarità, ovvero il vostro amore per la letteratura, tanto da chiamare in causa in modo diretto sia Blake che Burroughs, vi va di parlarci del concept e del messaggio che lo rende ancora così attuale?

Alli: In sintesi credo che il concept sia attuale perché racconta simbolicamente proprio la realtà di oggi, nella quale certi poteri si sono manifestati di più. Unisce una ricerca introspettiva con la denuncia ad un potere secolare che tramite il condizionamento crea un sistema di schiavitù e ignoranza. Come abbiamo più volte espresso, il tutto si riduce in due termini: conoscenza e ignoranza. Il concept svela in modo simbolico una realtà nascosta dietro a una falsa normalità. È un tema tanto importante e attuale che è interessante possa essere approfondito. I miti portano in essere le cose e descrivono i nostri comportamenti e le nostre possibilità.

Billy: Abbiamo fatto incontrare Blake con Burroughs, ma potrebbero essere stati anche Camus e Artaud, piuttosto che Boris Vian e Allan Poe o Edoardo Sanguineti e il mio amico Aldo Vianello, poeta. La letteratura è un ottimo cibo per il cervello e nuoce gravemente all’indifferenza. Blake e Burroughs, seppure lontani tra loro nel tempo, ci hanno affascinato con la potenza della loro scrittura e le loro tematiche “profetiche” che quotidianamente vediamo realizzarsi. L’esercizio del Potere, che pianifica anche l’agonia della comunicazione a profitto dell’informazione. La dualità bene-male come equilibrismo tra conoscenza e ignoranza con la variante del cretinismo. Il Potere che vive della nostra impotenza a vivere (Urizen-Blake). La Ribellione alla rete universale di informazioni che annulla la distanza tra le cose aumentando la distanza tra le persone (Burroughs coi ragazzi selvaggi). Un futuro dove le persone circoleranno di meno e di più le informazioni, relegando in casa le persone trasformate in recettori audiovisivi, per diventare merce antropomorfa. Se guardate seriamente fuori, vi ricorda qualcosa?

Come è nata l’idea di riportare tutto questo in vita per una sera? Chi ha aderito al progetto e soprattutto che effetto vi ha fatto ritrovarvi insieme a suonare quei brani trenta anni dopo la loro realizzazione? La serata è stata immortalata da Gabriele Marchina che in seguito ha avuto l’idea di affiancare alla ristampa di È Arrivato Ah Pook le riprese da lui realizzate quella sera e, cosa inusuale, dei video che prendessero la forma di una vera e propria opera multimediale incentrata sui singoli brani. Come vi siete incontrati e cosa vi ha spinto ad aderire ad un progetto così ambizioso e fuori dall’usuale?

Marky (Gabriele Marchina, visual designer): Ho incrociato la musica dei Contropotere tantissimi anni fa, e facendo una fanzine nel corso degli anni è venuto naturale chiedere loro la disponibilità per un’intervista che ho scritto a quattro mani con Piero dell’AZ Distro di Pavia. Nel mentre, frequentando una ragazza di Milano, mi son trovato spesso in quelle zone e ho avuto modo di passare alcune giornate con Alli, che viveva in città. Sapendo che per lavoro mi occupavo di video, mi ha parlato della volontà di fare riprese live del concerto che si sarebbe tenuto nel 2017. Così siamo stati rapiti da quella serata indimenticabile in cui gran parte del punk italiano è confluito a Treviso. I Contropotere hanno quindi pensato poi di fare un piccolo box con la ristampa di È Arrivato Ah Pook e il live, ma vedendo le riprese realizzate mi è parsa subito una prospettiva limitante, che poco si addiceva al percorso esistenziale di una band come questa. Le immagini come sola documentazione dovevano emanciparsi dalla loro natura ed evolversi in qualcosa d’altro. Seguendo questo filo logico, ho immaginato un contenitore multimediale di visioni contemporanee atte a descrivere tanto musicalmente i Contropotere quanto “immaginificamente” le visioni di Burroughs e Blake.

Billy: Andrea, Alli, Lucia e Billy si sono sentiti circa una proposta fattaci dai ragazzi di Treviso Punx, per un concerto. Abbiamo deciso di suonare È Arrivato Ah Pook, proprio perché fatto con la prima formazione di Contropotere. Bostik invece non se l’è sentita. Abbiamo integrato comunque l’organico con Luca, Alessia e Lavinia. Tre prove e vai! Sensazioni da iper-ossigenazione cerebrale incontrare e suonare ancora con i compagni di 30 anni fa brani di 30 anni fa ma a parere nostro ancora belli freschi e urticanti. Bello! Alli aveva conosciuto Gabriele Marchina, che ha proposto ciò che poi ha realizzato assieme a Tuby Manuele di Siro per le riprese. È una persona coraggiosa e intelligente. Un montaggio eccezionale per un ottimo prodotto, anche con la scelta degli autori delle clip, che hanno agito in modo assolutamente autonomo realizzando emozioni. Del gruppo originario non avevamo nulla di audiovisivo, e una sola foto. Abbiamo considerato che il tutto non poteva rimanere nelle nostre abitazioni ad imperituro ricordo, per i nostri nipoti. Era diventata una cosa da condividere con tutti quelli che lo desideravano, una cosa bella e fuori da cose tipo marketing o schemi. Proprio come noi.

Alli: Quando arrivò la proposta di suonare al Festival a Treviso l’idea iniziale era quella di proporre uno spettacolo con tutte le formazioni Contropotere con i brani più rappresentativi di ogni una e fu proposto con largo anticipo e con grande positività per permettere a tutti di esserci, contattando tutti gli ex membri storici, ma alla fine è riuscita a ricomporsi solo la prima formazione lombardo/veneta del 1985, anche per semplicità logistica, con Lucia ma purtroppo senza BK, che da tempo non suona più la tastiera e che è quindi stato sostituito per l’occasione da Luca alla chitarra, un amico di Andrea Ash. Le prove per rimettere in piedi il live sono nate prima a distanza. Io ho registrato la batteria cantandomi i brani da solo a memoria. L’ho inviata ad Andrea Ash che ha aggiunto il basso e l’abbiamo inviata agli altri per cominciare ad allenarsi da casa (risata, ndr). Poi ci siamo trovati due volte io Andrea Ash e Billy nella sala prove di un amico comune e credo una volta tutti insieme a casa di Andrea Ash per una prova comune. Un emozione incredibile già solo quelle prove, poi il concerto con tutto quel calore umano e ritrovando vecchi amici che non incontravo da decenni, concerto da cui poi è nato il progetto e la realizzazione del box “È Arrivato Ah Pook Remaster & Video Album” da un’idea coraggiosa dell’amico Gabriele Marchina, che avevo coinvolto all’inizio solo per aiutarci a riprendere, come ricordo, il concerto. Avevo coinvolto personalmente anche Alessia, cantante dei Vivere Merda per supportare Lucia alla voce. Ed eccoci qui (risata, ndr).

La cosa che mi ha colpito è che i singoli video non sono dei semplici clip musicali ma prendono spunto dalle tracce per creare cortometraggi con una propria personalità ben definita, anche grazie alle varie forme espressive/approcci utilizzati. Come avete scelto i singoli autori e che tipo di indicazioni avete dato loro?

Alli: A questo può rispondere meglio Marki, ma la cosa interessante è che non è stata data agli artisti nessun tipo di indicazione. Naturalmente consapevoli che ci sono più piani di lettura individuali che si potrebbero approfondire.

Marky: Le personalità coinvolte sono, chi più chi meno, tutte frequentatrici degli ambiti Underground Italiani. L’idea era quella di creare un video-album, in cui ognuno fosse libero di interpretare in maniera assolutamente personale e libera da imposizioni le emozioni scaturite dalla musica e dai testi. Una volta definite un minimo le linee guida, ogni videomaker (o collettivo video) ha scelto le modalità più attinenti alla sua estetica e quello che hai tra le mani ne è il risultato. Sono felice di constatare, a freddo, quanto le varie personalità abbiano determinato linee estetiche tanto diverse l’una dalle altre, in perfetta continuità con la natura collettiva dell’opera. L’unico rammarico a riguardo è non essere riuscito a inserire una videoinstallazione in cui le immagini del live erano presentate in forma astratta, esprimendo l’emancipazione visuale dal semplice anfratto “documentario” verso qualcosa di più trascendente ed interessante, in linea con il messaggio Contropotere della necessità di trasformazione e rifiuto del potere imposto (inteso come qualsiasi forma di “fissità esistenziale”).

Sorprende anche vedere come una scena nata al fuori dei canali ufficiali e realmente alternativa abbia saputo imprimersi nella mente di chi ha incrociato la sua strada tanto da essere ancora oggetto di libri, ristampe e spesso ancora citata come influenza anche al di fuori del giro musicale. Quali secondo voi i motivi per cui l’hc italiano ha lasciato un segno così forte nell’immaginario collettivo?

Alli: Tutti gli slanci, visioni e stili di vita dei giovani delle nuove generazioni hanno segnato in qualche modo la storia e percorsi di vita. Anche questa l’ha fatto, malgrado, come dicevi, sia nata e vissuta fuori dai canali ufficiali. Dipende poi da chi e cosa viene raccontato. Sono stati scritti anche libri interessanti da chi l’ha vissuta dall’interno e ce ne sono diversi. Uno recentissimo che segnalo ai lettori è “Dalla Parte del Torto”, scritto dal grande Domenico Petrosino, in arte Dome la Muerte, che suonò con diversi gruppi attraversando diverse scene (ad esempio, coi mitici CCM – Cheetah Crome Motherfuckers). Una scena molto variegata e “multiforme”. È stata un’esperienza unica e irripetibile, di una genuinità disarmante, che poi ognuno, come succede sempre, ha vissuto a suo modo. Una scena che nel suo insieme ha visto lontano, ha messo in guardia su pericoli che ora sono concreti. Parte di un immaginario e di uno spirito che si trasforma ma non muore mai. Quello di un mondo giusto, equanime, senza poteri e ignoranza imposti. Poi sono memorabili molte cose legate all’età in cui le abbiamo vissute. Un periodo storico irripetibile dato che tutto si trasforma e il contesto di oggi è molto diverso da allora, per questo diventa storia che comunque rivive attraverso il racconto e nuove esperienze.

Billy: L’hc è senza edulcoranti, tinte pastello, discorsi e musiche che suonano e parlano per ore senza dire nulla. È diretto. È il nocciolo duro e crudo dell’essenzialità, della sostanza. Per questo ha inciso nel mondo musicale e culturale in genere, una travatura polmonare, un trapano sul nervo. L’hc italiano ha avuto a che fare con un grosso fermento giovanile che trovava base in una rete diffusa di centri sociali, più o meno occupati, che aprivano spazi di libertà anche per proporre la musica di band che altrimenti non avrebbero avuto la possibilità di esprimersi. Nonostante Craxi & Friends.

E nelle vostre vite cosa ha lasciato non solo in campo musicale ma anche per ciò che riguarda l’approccio quotidiano? Credete sia stata una parte fondamentale della vostra formazione e del vostro percorso?

Alli: Musicalmente molto, viste tutte le sperimentazioni fatte, anche se spiace non aver potuto crescere e vivere – come molti altri gruppi sono riusciti a fare – rimanendo produttivi e uniti fino ad oggi e raccogliendo con il tempo i frutti. Quindi in un certo senso la fine del progetto mai più rinato ha creato difficoltà a doversi re-inventare dopo molti anni lontano da casa. Un’esperienza umana intensa con i suoi drammi, gioie e delusioni non può non lasciare segni e insegnamenti. Esperienze e sperimentazioni straordinarie, anche nel senso di non ordinarie. Esperienze che hanno aiutato a comprendere che certi ideali vanno approfonditi e realizzati in sé stessi altrimenti sono solo altro fumo ideologico senza concretezza. Ha insegnato l’importanza di avere cura dei rapporti per non riprodurre, nel quotidiano e nelle relazioni, le stesse dinamiche negative di potere cercando sempre il nemico al di fuori ma riproducendo gli stessi schemi, dinamiche e conflitti. Il potere imposto sugli altri invece che sviluppato in sé stessi per il bene di tutti, per esempio. I progetti comuni si trovano a dover approfondire queste dinamiche, altrimenti malgrado tutte le buone idee e intenzioni, si rischia di riprodurle in automatico creando sofferenza, fallimenti e disillusioni. Le teorie non messe in pratica nella vita ci rendono vittime. Ora è più chiaro che il sistema che ritenevamo negativo non era la stessa cosa per tutti. Il sistema non è solo una struttura esterna. È anche una struttura mentale di condizionamenti. Questo ha insegnato. L’importanza della concretezza nel realizzare la propria consapevolezza e coscienza, ciò che l’omologazione non contempla.

Billy: Non posso fare altro tipo di musica, se non quella che cerchi di andare dritta al cervello e ti faccia tremare le viscere col suono. Nel quotidiano, fin da piccolo, sempre al limite. Ergo: hc è gioia e dinamite, sono arrivato a una età da anziano così, e vi assicuro che sono pure più radicalizzato di 40 anni fa (risata, ndr).

Siete rimasti legati all’hardcore o in generale al campo musicale o avete seguito altri percorsi? Cosa fanno oggi i singoli membri dei Contropotere se posso chiederlo?

Alli: Hard Core Hard Core sei stato il primo amore! (risata, ndr). Che altro aggiungere? Vivi veloce e muori giovane era il motto. Correre come via d’uscita dal sentirsi disadattati. Chi è sopravvissuto credo che oggi si goda anche il paesaggio contemplando una realtà di sfumature che spesso sfuggivano allo sguardo e che contiene anche un sacco di meraviglie e desiderio di approfondire ed oggi è divenuto chiaro che era normale sentirsi disadattati in una società malata. Dipende poi da che significato diamo alle esperienze e al passato. A volte le tragedie e i grossi problemi di salute possono portarti violentemente verso una maggiore profondità di vedute sulla vita. Anche la musica si trasforma e il concetto di trasformazione era la parola chiave di quell’avventura ed ha tutt’ora importanza perché riguarda la realtà. Per il potere che ognuno di noi ha in quanto potenzialità di trasformazione dicevamo in “Nessuna Speranza Nessuna Paura”. Tutto si trasforma continuamente e dipende dalle nostre trasformazioni interne poter vedere nuove cose. Uscire dagli schemi precostituiti e dalle abitudini e credenze. Ed è certo che volenti o nolenti ci trasformeremo tutti prima o poi (risata, ndr). Rimanere attaccati al passato o all’esigenza di dimostrarsi coerenti con l’immagine che gli altri hanno di noi è qualcosa che paralizza la nostra evoluzione personale. Non si rinnega il vissuto ma non ha senso attaccarsi al passato. Non c’è nulla da dover dimostrare. Condividere è approfondimento e continua a essere una cosa bella e arricchente. Cosa fanno oggi i singoli membri dei Contropotere? Non so se riusciremo a rispondere esaustivamente a questa domanda, visto che molti non partecipano all’intervista. Qualche leggero accenno si può fare. La musica continua ad essere importantissima nella mia vita e continuo a suonare e comporre. Ho fatto diverse esperienze anche in altri generi musicali e ho suonato più di dieci anni come batterista e “cantante” per lavoro. Già ai tempi di Contropotere mi interessavo allo studio e osservazione della realtà dal punto di vista “olistico”, alla ricerca interiore. Ho due figli a cui mi dedico molto e unendo tutto ciò che ho compreso e imparato mi dedico anche all’insegnamento di batteria e percussioni ad allievi bambini/ragazzi con un approccio didattico basato sul suonare insieme trasmettendo passione e con un rapporto alla pari. Credo sia qualcosa di stimolante e che dia buoni frutti. Un mondo che non si occupa dei bambini, e in generale dei più deboli, è un mondo malato. Andrea Ash continua a suonare e produrre musica, nelle pause di lavoro, ed è anche lui padre e anche nonno. Lucia vive a Napoli con suo figlio che crea e canta rap/trap e hanno quindi in casa uno studio di registrazione. Ha combattuto in prima persona contro la violenza sulle donne e continua a farlo, dato che ritiene ci sia ancora molto da fare. Gestisce dei miniappartamenti. Scrive ancora testi, disegna e so che sta studiando il tedesco. Ha lavorato sporadicamente come aiuto scenografa per film d’autore. Anche Bostik è padre e ha un Bar per artisti con atelier a Procida e da molti anni ormai fa live set techno industrial. Con Cesare e Andrea D, quando possibile, continuo a suonare e abbiamo creato tanta nuova musica negli anni, ma, come abbiamo sempre fatto, amiamo sperimentare e quindi arriviamo sempre ad un punto di reset e ripartiamo sempre da zero accumulando materiale registrato che ascoltiamo da soli o con pochi amici. Per ora (risata, ndr). Cesare vive e lavora da qualche anno in un azienda/comune di prodotti biologici. Andrea D da molti anni non vive più a Napoli ma si è trasferito a Milano ed è un esperto di computer e fa recensioni sulle novità in commercio, anche lui padre e nonno. Lavinia vive ancora a Napoli ed è una “vagabonda del Dharma”, come si definisce lei, oltre a studiare la chitarra attendendo che riaprano i Teatri, luoghi legati al suo lavoro. Riccardo a Napoli credo che lavori sempre nella musica anche come fonico/sound engineer ed è diventato anche lui papà. Ciro, che perdemmo in quel di Bologna, vive ora a Los Angeles ed è anche lui papà. Valeria vive alle Canarie in una grotta sul mare dove nuota e pesca, suona il violino in un gruppo punk, con tocco folk, di tutte donne. Oltre a essere sempre stata una brava chitarrista classica, suona anche il Sitar che ha studiato in India.

Billy: Ascolto Rachmaninov, John Zorn, Nina Simone, Bela Bartok, le variazioni Goldberg, System Of A Down, Maria Callas, Napalm Death, John Coltrane e Bessie Smith, ma suono ancora solo hc con il “Cane Nero”. Non abbaiare, mordi!

Grazie mille per questa chiacchierata, vi lascio liberi di concludere come preferite e di lasciarci i contatti per ordinare il box È Arrivato Ah Pook…

“Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato”, diceva Orwell. Una frase che contiene molte verità nascoste.

Chi crede nella libertà, nella giustizia e nell’equanimità deve partire necessariamente dal trasformare sé stesso per non riprodurre nel proprio piccolo, con chi ama e con chi condivide rapporti e progetti, le stesse dinamiche che riconosce sbagliate. Altrimenti è solo un gioco di potere e ruoli che non porterà mai a realizzare qualcosa di veramente diverso. Tutti sbagliamo e possiamo sbagliare. L’importante è curare i rapporti umani ed essere inclusivi. Altrimenti, creando frammentazioni e dividendo tutto in parti, si alimenterà solo il conflitto, fuori e dentro di noi, e rimarrà tutto su un piano ideologico che non trasformerà nulla realmente, alimentando invece i poteri che ne approfittano. Trasformando la lettura del passato, dandole nuovi significati, è possibile trasformare il futuro. Ma è nel presente l’unico potere di trasformazione. “Gli atti sono il nostro simbolo. Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà d’un solo momento: il momento in cui l’uomo sa per sempre chi è” (J.L.Borges).

Grazie per le belle domande.

Per richiedere il Box remaster + video album + Live del concerto di Treviso 2017 potete scrivere alla mail contropoterehc86@mail.com